Centro accoglienza migranti gestito in maniera sospetta, sindaco indagato insieme ad altre 5 persone
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I carabinieri della Compagnia di Taurianova (Rc) hanno notificato l’avviso di conclusione di indagini preliminari emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi, nei confronti di 6 persone, tra le quali il sindaco di Varapodio, un incaricato di pubblico servizio gestore di una società cooperativa, due titolari di altrettante imprese d'abbigliamento e due funzionari della Prefettura di Reggio Calabria, variamente indagati per i reati di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale (unico reato contestato ai funzionari della Prefettura), abuso d’ufficio, frode nelle pubbliche forniture, corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio (tutti reati contestati al sindaco, anche in concorso con altri), truffa ai danni dello Stato e peculato.
Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di ripetute condotte illecite in relazione alla gestione di un centro di accoglienza per cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, realizzato a Varapodio presso l’ex agriturismo “Villa Cristina” e attivo dal settembre 2016 all’aprile 2018, a seguito di una convenzione stipulata tra il Comune di Varapodio e la Prefettura di Reggio Calabria.
Il provvedimento è stato emesso all’esito di un'attività investigativa, supportata anche da monitoraggio tecnico, convenzionalmente denominata “Cara Accoglienza”, condotta dai carabinieri della Compagnia di Taurianova, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi, e avviata nel 2017 poco dopo l’apertura della struttura.
L’attività ha consentito di documentare una presunta gestione personale e discrezionale del centro di accoglienza, caratterizzata da poca trasparenza e correttezza, soprattutto in riferimento all’affidamento di servizi e forniture alle imprese, ma anche in relazione all’assunzione dei singoli collaboratori che si occupavano della complessiva gestione dei migranti.
Particolarmente "grave e allarmante" quanto contestato al sindaco di Varapodio, quale responsabile-referente nei confronti della Prefettura di Reggio Calabria per la “Convenzione per la gestione dei servizi di accoglienza in favore di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale”.
Il pubblico amministratore infatti, non solo è accusato di aver stipulato convenzioni mediante affidamenti diretti con imprese da lui scelte, senza avere la preventiva autorizzazione dal consiglio comunale, il tutto in contrasto a quanto previsto dalla normativa in vigore, e comunque in violazione del Codice degli appalti e della stessa Convenzione con la Prefettura (che prevedeva che la scelta degli operatori economici per l’esecuzione del servizio dovevano essere adottata con bandi di gara e procedure di evidenza pubblica) ma, per quanto fino ad ora appurato, tale scelta sarebbe stata compiuta senza l’astensione in presenza di un interesse proprio.
Il primo cittadino, infatti, avrebbe affidato le convenzioni di beni e servizi a soggetti privati con cui si sarebbe trovato in conflitto di interesse, in quanto, per alcuni di essi, avrebbe svolto il ruolo di consulente fiscale o intermediario-commercialista.
In tale contesto, il sindaco è accusato anche di falso ideologico, in quanto avrebbe sottoscritto autodichiarazioni con le quali avrebbe attestato falsamente di non trovarsi in alcuna situazione di conflitto di interesse, tra cui anche legami professionali e/o di amicizia e frequentazione, con i titolari delle imprese affidatarie.
Inoltre, con il legale rappresentante della società cooperativa sociale “Itaca”, che si occupava dell'accoglienza e assistenza ai cittadini stranieri, sarebbe stato legato da consolidati rapporti di collaborazione, amicizia e cointeresse. E proprio in concorso con il gestore della cooperativa, il sindaco dovrà rispondere dei reati di corruzione aggravata per atti contrari ai propri doveri d’ufficio.
Secondo gli inquirenti infatti, in cambio dell’affidamento della convezione, il primo cittadino avrebbe fatto assumere dalla cooperativa, con contratti di prestazione di lavoro occasionale, persone a lui legate da rapporti di collaborazione, anche politica e/o di amicizia.
Tra queste, viene contestata l’assunzione di due consiglieri di maggioranza e della moglie di uno dei due, tutti peraltro privi di specifica competenza in relazione ai compiti affidatigli, che avrebbero ricevuto un contribuito mensile, anticipato dalla cooperativa e poi rimborsato dal Comune.
Più "complessa e grave" la vicenda documentata per uno dei consiglieri di maggioranza assunti dalla cooperativa, per il quale il legale rappresentate dovrà rispondere anche del reato di peculato, in quanto per evitare che il consigliere rompesse i rapporti politici con il primo cittadino, il gestore della società avrebbe distratto parte dei corrispettivi versati dal Comune di Varapodio per pagare un aumento di 200 euro al mese, rispetto a quanto stabilito dal contratto di collaborazione.
Per gli investigatori, ancora più gravi sarebbero le truffe perpetrate ai danni del Comune dalla stessa cooperativa, la quale, mediante artifizi e raggiri, “sovrafatturava” sistematicamente le spese per il pagamento dei collaboratori, in misura nettamente superiore a quelle effettivamente elargita agli stessi, "causando, per solo tale fatto, dal settembre 2016 al marzo 2018, un ingiusto profitto di circa 20.000 euro, con pari danno all’Ente Pubblico".
L’anomala gestione del centro di accoglienza da parte del sindaco emegerebbe anche nei rapporti con due imprese locali, concessionarie del servizio di fornitura di abbagliamento classico, sportivo ed intimo, nonché scarpe e attrezzatura sportiva per i migranti. Il sindaco, in qualità di responsabile del Settore amministrativo, avrebbe stabilito gli importi da liquidare con i titolari delle imprese, accordandosi anche prima che avessero effettivamente fatturato il corrispettivo. Un accordo "fraudolento, già di per sé illecito, che consentiva inoltre un pagamento maggiorato della merce fornita rispetto a quanto precedentemente stabilito, secondo le specifiche indicazioni dello stesso sindaco, il tutto in danno del Comune".
Inoltre, per gli investigatori, una parte della merce sarebbe stata "destinata a persone e scopi estranei al contratto, ed in particolare vestiti e scarpe destinati al figlio del primo cittadino, invece che ai migranti".
Nella vicenda sono rimasti coinvolti anche due funzionari della Prefettura di Reggio Calabria, accusati di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, in quanto, "nel corso di un controllo ispettivo al centro di accoglienza finalizzato proprio alla verifica del regolare funzionamento e del corretto impiego dei fondi stanziati dalla Prefettura, avrebbero redatto un verbale falso, nel quale avrebbero omesso di indicare le irregolarità emerse in ordine alla regolarizzazione delle cuoche e alla forniture di alimenti, nonché la mancata manifestazione di interesse per altre cooperativa da parte del Comune, oltre la “Itaca”, direttamente scelta quale unica affidataria".
Il centro di accoglienza di Varapodio, che nel corso del tempo ha ospitato diverse decine di immigrati di varia nazionalità è stato chiuso nell’aprile 2018, con il termine della convenzione tra il Comune e la Prefettura di Reggio Calabria.
Secondo quanto fino ad ora ricostruito dai carabinieri della Compagnia di Taurianova e dalla Procura di Palmi, la struttura ha rappresentato un vero e proprio centro di illecito guadagno e di cointeressi, per il consolidamento dei rapporti personali e professionali dei gestori, in particolare del sindaco, e per il rafforzamento della sua influenza politica nel territorio, il tutto con grave danno ai principi del buon andamento, imparzialità, legalità e trasparenza della pubblica amministrazione.
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