'Ndrangheta, restituiti i beni confiscati a Giovanni Luca Nirta
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La Corte d’assise d’Appello di Reggio Calabria ha emesso un importantissimo provvedimento di revisione in tema di confisca definitiva di un patrimonio immobiliare.
La vicenda si riferisce al noto “processo Fehida”, scaturito, secondo le risultanze giudiziarie, a seguito della faida di San Luca scoppiata tra le famiglie dei Pelle-Vottari da un lato e dei Nirta-Strangio dall’altra ed infuocatasi dopo l’omicidio della povera Maria Strangio - moglie di Giovanni Luca Nirta, ritenuto all’apice del sodalizio di riferimento - commesso proprio il giorno di Natale del 2006. Il ferragosto successivo (2007) si registrò il culmine di quella faida con la famigerata strage di Duisburg - in cui trovarono la morte sei giovani sanluchesi - che poi portò alla fine dello stesso mese di agosto all’arresto da parte della Squadra Mobile reggina di 43 persone. Secondo gli inquirenti, la morte di Maria Strangio fu un tremendo sbaglio commesso nella concitazione del momento, atteso che il reale obiettivo del commando armato era in realtà il marito della vittima, Giovanni Luca Nirta.
Nei vari gradi di giudizio Giovanni Luca Nirta subì la confisca dei beni, compreso anche l’appartamento in cui egli abitava con la povera Maria Strangio che veniva poi affidato, all’esito del processo, all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, la quale a sua volta emanava, nell’ottobre del 2019, apposita ordinanza di sgombero degli occupanti al fine di prendere pieno possesso dell’immobile.
Nell’interesse di Giovanni Luca Nirta, pertanto, nonché dei terzi interessati, ossia la suocera Giuseppa Mammoliti ed i nipoti Antonella Nirta e Francesco Scipione, l’avvocato Cosimo Albanese proponeva tempestivamente un apposito procedimento di “revisione” della sentenza penale suddetta nel tentativo di scalfire quell’oramai intangibile giudicato penale con cui l’autorità giudiziaria aveva persino disposto l’acquisizione in proprietà da parte dello Stato della loro casa.
Un accurato e meticoloso lavoro di studio dell’intera vicenda processuale riguardante Giovanni Luca Nirta, con la messa in campo anche di una mirata consulenza tecnica di parte, ha consentito, dunque, di condurre per oltre un anno un delicato procedimento presso la Corte d’assise d’ appello di Reggio Calabria, culminato pochi giorni or sono con il deposito del provvedimento con il quale è stata revisionata in senso favorevole all’imputato la sentenza oramai definitiva posta a suo carico, con cui, oltre alla condanna a 14 anni di reclusione, gli era stata comminata anche la confisca degli immobili che sono stati pertanto dissequestrati e restituiti agli aventi diritto.