'Ndrangheta nel Reggino, arrestati 5 presunti affiliati alle cosche Condello e Rugolino

I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno dando esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal gip del Tribunale reggino, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 5 persone, ritenute responsabili di associazione mafiosa.

Il provvedimento costituisce l’esito di un approfondimento investigativo condotto dai militari del Nucleo investigativo di Reggio Calabria che, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale dntimafia reggina, ha consentito di individuare, allo stato degli atti e fatti salvi i successivi sviluppi processuali, gli indagati quali appartenenti alle cosche cittadine “Condello” e “Rugolino” oltre che della locale di Oppido Mamertina.

 

'Ndrangheta a Soriano, sciolto il Consiglio comunale

Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, in considerazione dei pressanti condizionamenti della criminalità organizzata, che compromettono il buon andamento e l'imparzialità dell'attività comunale, a norma dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, ha deliberato lo scioglimento del Consiglio comunale di Soriano (Vv) e l'affidamento per un periodo di 18 mesi,  della gestione del Comune a una commissione straordinaria. 

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Operazione "Jonica" contro la 'ndrangheta: 10 misure cautelari, sequestrati beni per 2 milioni di euro

Questa mattina, i finanzieri del Gruppo di Crotone hanno eseguito nella frazione San Leonardo di Cutro (Kr), a Petilia Policastro (Kr) e Botricello (Cz), un provvedimento restrittivo di natura personale emesso dal gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Procura distrettuale, con il quale sono state disposte misure cautelari personali nei confronti di 10 persone accusate a vario titolo dei reati di estorsione, usura, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori, aggravati dalle modalità mafiose.

Una delle misure cautelari in carcere, emessa - nell'ambito dell'operazione denominata "Jonica" - a carico di uno degli indagati per usura ed estorsione, è stata eseguita dai carabinieri della Compagnia di Sellia Marina (Cz), cui una delle presente vittime si è rivolta per denunciare fatti ritenuti delittuosi.

Contestualmente al provvedimento cautelare personale, è stata data esecuzione al decreto di sequestro - emesso dalla Dda - finalizzato alla confisca “per sproporzione” dei seguenti beni: 4 ditte individuali con sede in provincia di Crotone (operanti, rispettivamente, nel settore della vendita del caffè, della vendita dei prodotti agroalimentari, dell’edilizia e della distribuzione alimentare) ed i relativi compendi aziendali; 19 conti correnti bancari; 1 terreno, 5 appartamenti e 6 automobili.

Il valore dei beni oggetto della misura è stato stimato in circa 2 milioni di euro.

 

'Ndrangheta: catturato Fernando Spagnolo, era latitante dal 2019

Nella giornata di ieri, a Casali del Manco (Cs), i carabinieri hanno messo fine alla latitanza di Fernando Spagnolo, di 67 anni.

L'uomo si era reso irreperibile nel giugno del 2019, quando la Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria aveva emesso un ordine di carcerazione per l’omicidio di Marcello Geracitano, avvenuto nel gennaio 2005 a Stilo (Rc).

Spagnolo,che per il reato commesso dovrà scontare l’ergastolo, era destinatario anche di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere di tipo mafioso, in quanto gravemente indiziato di essere vertice e promotore della locale di ‘ndrangheta attiva nel territorio di Stilo.

Il provvedimento, emesso dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Dda, l’8 marzo scorso aveva portato all’arresto di 9 persone nell’ambito dell’operazione  “Doppio sgarro”, condotta dai carabinieri della Compagnia di Roccella Jonica.

Il latitante è stato localizzato mentre era intento a preparare il pranzo, in un casolare di campagna dotato di sistemi di videosorveglianza e allarme,

All’arrivo dei militari, Spagnolo ha cercato rifugio sul tetto dell’abitazione, riconducibile a una donna cosentina di 46 anni, sorpresa in sua compagnia e perciò denunciata in stato di libertà per procurata inosservanza di pena.

Alla cattura hanno partecipato i militari dell’aliquota di Primo intervento di Reggio Calabria e lo Squadrone Cacciatori di Vibo Valentia.

Nel casolare sono state sequestrate diverse armi da fuoco. L’arrestato è stato associato alla casa circondariale di Cosenza.

 

Beni del valore di oltre 11 milioni di euro sequestrati a imprenditore

I finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, con il coordinamento della locale Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito un provvedimento emesso dal Tribunale reggino, con il quale è stato disposto il sequestro di beni per un valore complessivo stimato in oltre 11 milioni di euro, a carico di un imprenditore gioiese, operante nel settore della raccolta e gestione di rifiuti speciali e metallici.

La misura è stata emessa in seguito al coinvolgimento del destinatario nelle operazioni “Mala pigna” e “Rinascita scott”.

In relazione alle risultanze delle due operazioni, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha avviato un’indagine, condotta dal Gruppo investigazione criminalità organizzata delle fiamme gialle, al fine di effettuare verifiche di carattere economico-patrimoniale a carico dell’imprenditore.

Nel corso delle attività – focalizzate sulla ricostruzione delle acquisizioni patrimoniali dirette o indirette, effettuate tra il 1997 e il 2009 – gli investigatori hanno riscontrato una presunta  sproporzione rispetto alla capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi.

Alla luce di tali risultanze, il Tribunale di Reggio Calabria, ha disposto il sequestro dell’intero patrimonio riconducibile all’imprenditore e al suo nucleo familiare, costituito da due società operanti nel settore della lavorazione di materiale ferroso, una ditta individuale operante nel settore della raccolta e del trasporto di rifiuti speciali, tre fabbricati, fondi obbligazionari, rapporti bancari e finanziari e relative disponibilità, per un valore complessivo stimato in oltre 11 milioni di euro.

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Operazione “Defender”: favorirono la latitanza di Giuseppe Pelle, 8 arresti

E’ scattata all’alba di oggi l’operazione denominata “Defender”, durante la quale la Squadra mobile di Reggio Calabria, con il coordinamento della locale Direzione distrettuale antimafia, ha tratto in arresto otto persone in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale reggino. Agli indagati vengono contestati, allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, i reati di procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale, aggravati dalla circostanza mafiosa ed in particolare di aver favorito e coperto la latitanza del 62enne Giuseppe Pelle, alias “Gambazza”, di San Luca (Rc), catturato il 6 aprile 2018 a Condofuri dagli investigatori della Squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo della polizia di Stato.

Le persone tratte in arresto sono: la moglie di Pelle, Marianna Barbaro, 55 anni, di Platì; i figli Antonio (35), Francesco (31) ed Elisa (35); il genero, Giuseppe Barbaro (36) e il nipote Antonio Pelle (36). Misura cautelare anche per Giuseppe Morabito (61) di Condofuri e Girolamo Romeo (43), di Melito di Porto Salvo.

Il provvedimento cautelare scaturisce dalle risultanze investigative connesse alla ricerca di Giuseppe Pelle, ritenuto esponente dell’omonima cosca di ‘ndrangheta di San Luca (già capeggiata dal defunto padre Antonio), che nel mese di aprile 2016 si era sottratto all’esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura generale di Reggio Calabria, in virtù del quale doveva scontare una pena residua a oltre due anni di reclusione, per associazione mafiosa (operazione “Reale”). Durante la latitanza Pelle venne raggiunto da un decreto di fermo di indiziato di delitto, poi tramutato in ordinanza di custodia cautelare in carcere, per i reati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, turbata libertà degli incanti ed illecita concorrenza aggravati dal metodo mafioso (operazione “Mandamento Ionico”). In relazione a tali vicende Pelle, è stato condannato, in primo grado, alla pena di 18 anni e 6 mesi di reclusione. Nel medesimo procedimento risulta coinvolto anche il figlio Antonio, anche lui condannato in primo grado a 14 anni e 8 mesi per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Protetto da una rete di fiancheggiatori prevalentemente a carattere familiare, Giuseppe Pelle venne catturato, dopo due anni di latitanza, in un appartamento di contrada Pistaria del comune di Condofuri (Rc).

Operazione antimafia a Stilo, 9 arresti

La scorsa notte i carabinieri del Gruppo di Locri (Rc) hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 9 persone (di cui 7 in carcere e 2 agli arresti domiciliari), indagate a vario titolo per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, produzione, traffico e detenzione illeciti di stupefacenti in concorso.

Il provvedimento è il risultato di un’indagine condotta dai militari della Compagnia di Roccella Jonica, con il coordinamento dalla Dda reggina che, avvalendosi di risultanze investigative inerenti personaggi legati a vario titolo alla criminalità organizzata di Stilo e dei comuni limitrofi, acquisite fin dal 2014, nonché delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia e traendo elementi dalle emergenze probatorie raccolte nell'ambito di separati procedimenti penali diretti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri, aventi ad oggetto alcuni fatti delittuosi che nel passato avevano insanguinato l'area dello Stilaro – tra cui spiccano gli omicidi di Marcello Gerocitano nel 2005 e Giuseppe Gerace nel 20212 – ha consentito di disarticolare l’operatività di un presunto gruppo criminale di tipo mafioso.

Il condizionamento mafioso è stato ritenuto particolarmente pregnante da parte del giudice, il quale ha ritenuto le cosche – nella fase dell’esame cautelare – “interessate a garantirsi il controllo del territorio con la solita metodologia delle imposizioni e dei condizionamenti violenti anche all'attività amministrativa pubblica, da tempo ormai si sono rese artefici della condizione di grave depressione che governa quelle aree calabresi, in tutto asservite alla prepotenza mafiosa che impone le proprie regole e opprime la popolazione con la violenza”.    

In particolare, sarebbero stati accertati ruoli e gradi dei relativi appartenenti, per lo più membri di una stessa famiglia, in seno a quella che può essere definita una nuova “locale di ‘ndrangheta”, attiva nel comune di Stilo e confederata alla cosca dei Taverniti di Gerocarne, nel Vibonese, tanto che un affiliato avrebbe ricevuto la “doppia dote” di “sgarrista” da entrambe le locali. Danneggiamenti, estorsioni, e pascoli abusivi sono i reati che avrebbero consentito alla consorteria di esercitare un capillare e opprimente controllo sul territorio di propria “competenza”, ingenerando, grazie anche alla disponibilità di armi, nella popolazione un diffuso timore e senso di omertà.

Tra i vari indagati per associazione di tipo mafioso vi è anche un appartenente alla cosca “Ruga - Gallace - Leuzzi”, storica organizzazione mafiosa presente nell’alto Jonio reggino, basso catanzarese e zone limitrofe, che nel tempo avrebbe messo a disposizione degli associati i propri immobili per lo svolgimento dei riti di affiliazione alla ‘ndrangheta e rivestito, per conto della predetta consorteria criminale, il ruolo di referente territoriale nel comune di Stilo con la dote di “vangelo”. Tale circostanza si sarebbe dimostrata evidente in occasione dei gravi eventi avvenuti a febbraio e a giugno del 2018 nei confronti di rappresentanti del Comune di Stilo, consistenti rispettivamente nel danneggiamento con colpi d’arma da fuoco dell’auto di un consigliere di minoranza e nell’incendio della casa rurale del sindaco, allorquando, proprio in virtù del ruolo ricoperto, l’indagato  sarebbe stato interessato da alcuni soggetti legati alla criminalità organizzata di San Luca al fine di addivenire alla conoscenza degli autori degli episodi anzidetti.

Quanto all’amministrazione del comune di Stilo, sottoposta dal 2018 a Commissione di indagine anche a seguito dei citati episodi delittuosi, nell’ambito dell’attività investigativa sono emersi elementi indiziari circa un abituale e arbitrario esercizio del pascolo abusivo sulla “pineta del Monte Consolino” e su un antico “castello medioevale”, area sottoposta a vincolo paesaggistico e considerata principale attrazione turistica del centro storico di Stilo, da parte dei membri della predetta consorteria mafiosa.

Infine, durante la conduzione dell’inchiesta sono stati raccolti elementi indizianti circa l’esistenza di un’associazione dedita alla detenzione e cessione di  cocaina e marijuana, attiva nei comuni di Placanica, Stignano, Pazzano e Caulonia, nonché la responsabilità, in capo ai relativi organizzatori, della realizzazione, nel luglio 2018, in località Tizzana del comune di Pazzano, di una piantagione composta da 120 arbusti di cannabis indica, sequestrata e distrutta dai Carabinieri.

'Ndrangheta, latitante Vibonese catturato a Roma

Ieri mattina, i finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro, insieme ai poliziotti della Squadra mobile di Vibo Valentia, con il supporto del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata della guardia di finanza e del Servizio centrale operativo della polizia di Stato, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, hanno rintracciato e catturato, a Roma, il latitante Giuseppe Campisi, detto “Pino”, 62 anni, di Vibo Valentia.


L’arrestato, che già aveva scontato una precedente condanna per associazione per delinquere di stampo mafioso, omicidio doloso ed estorsione, il 23 ottobre 2019 si era sottratto all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Catanzaro nell’ambito dell’Operazione “Ossessione”, condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Catanzaro, che aveva consentito di disarticolare un’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, i cui appartenenti operavano anche per agevolare la cosca Mancuso. L’individuazione del latitante, in prossimità della via Tuscolana, è stata possibile grazie alla costante attività di controllo del territorio, svolta con le più moderne tecnologie, unitamente alla rivalutazione dell’ampio patrimonio info-investigativo disponibile sull’imputato e sui suoi familiari. Le indagini hanno consentito di accertare che, durante la latitanza, per evitare di essere riconosciuto, Campisi utilizzava parrucche e documenti di riconoscimento contraffatti (fra cui il green pass).

Il 17 dicembre scorso la sinergia sviluppata dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro e dalla Squadra mobile di Vibo Valentia aveva consentito di arrestare Antonio Campisi, nipote di Giuseppe, destinatario di un fermo di indiziato di delitto per il tentato omicidio di Dominic Signoretta.

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