Uscito per Rubbettino "Il prepuzio di Cristo" di Tonino Ceravolo, la recensione sul Corriere della Sera
- Written by Bruno Vellone
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Il “santo prepuzio” è solo una delle tante reliquie collegate a Gesù. Mentre le altre sono quasi per la totalità da ricondurre alla Passione di Cristo, il prepuzio ne sta a dimostrare la sua umanizzazione, cioè l’appartenenza del Cristo all’umanità terrena. La circoncisione di Gesù avvenne, secondo quanto riferito dai Vangeli, 8 giorni dopo la sua nascita e per molto tempo la Chiesa ha festeggiato questa ricorrenza (il primo giorno di Gennaio), mentre la Chiesa Ortodossa continua a farlo ancora oggi. Ma il “santo prepuzio” non è una reliquia qualunque, nel corso dei secoli ne sono apparsi diversi esemplari e in diversi parti del mondo, scatenando, non poche volte lotte di irriducibili che cercavano di accaparrarsene il possesso. E’ uscito oggi, per Rubbettino, il volume “Il prepuzio di Cristo. Storia di reliquie nell’Europa cristiana” del noto storico Tonino Ceravolo. «Come c’erano tanti prepuzi – scrive Luigi Accattoli nella recensione sul Corriere della Sera – cosi c’erano in giro per l’Europa tanti sangui di Cristo». Il libro è la storia della ricerca ma anche della scomparsa e ricomparsa delle reliquie ed in particolare del “Santo prepuzio”, con le sue duplicazioni e moltiplicazioni. «Circonciso Gesù – spiega Accattoli - la Vergine Maria custodì con ogni cura il “Santo prepuzio” e non lo sperse neanche durante la fuga in Egitto. Lo donò infine alla Maddalena e possiamo immaginare che ciò sia avvenuto dopo l’Ascensione al cielo, non essendoci più sulla terra altro vestigio della carne di Cristo. Da Maria di Magdala a Carlo Magno abbiamo uno stacco di secoli e non sappiamo dove l’abbia preso l’angelo che lo consegna all’imperatore in Aquisgrana mentre toccherà a Carlo il Calvo portarlo a Roma. Sarà un lanzichenecco tedesco a entrarne in possesso nella magna confusione del Sacco di Roma (1527) e a portarlo a Calcata, che è un borgo a nord della Città Eterna, verso Viterbo. Lì resta fino al 1983 quando viene rubato dalla casa del parroco don Dario Magnoni, come costui denuncia ai carabinieri». Il prepuzio è stato anche oggetto di dissacrazione e di scherno da riformatori e illuministi in quanto esemplare evidente «di una superstizione religiosa risultato inevitabile dell’ignoranza». Il volume ne analizza le vicende che, per forza di cose, devono «coinvolgere l’antropologia e la storia, la teologia e la cristologia».