Greco e Sergio: "Museo Lombroso restituisca resti del brigante Villella"
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“E’ un’operazione culturale e politica ricca di motivazioni. Va trovato, dopo tanti anni di polemiche, un rimedio che salvaguardi le esigenze culturali e quelle umanitarie. Il cranio del brigante calabrese Giuseppe Villella, trattenuto nel museo Cesare Lombroso di Torino, va restituito al suo paese d’origine, Motta Santa Lucia, perché sia finalmente seppellito. La sua esposizione nel Museo è contro ogni norma giuridica, etica, e religiosa. Non a caso, si sono detti contrari ben cinque Vescovi, oltre a quello di Lamezia Cantafora, l’Arcivescovo di Torino Nosiglia, l’Arcivescovo di Catanzaro-Squillace Bertolone, il Vescovo di Trivento (Molise) Scotti ed il Vescovo di Lucera-Troia Cornacchia (Puglia)”. E’ quanto ha sostenuto il capogruppo della Lista “Oliverio Presidente” della Regione Calabria Orlandino Greco, che oggi, a Torino, ha visitato il Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso”, assieme al presidente della prima commissione “Affari istituzionali” Franco Sergio (Regione Calabria) ed al presidente del Comitato “No Lombroso” (che ha sede a Milano) Domenico Iannantuoni. Orlandino Greco, a fine visita, ha sostenuto che “nonostante il Museo contenga centinaia di resti umani di briganti, delinquenti e umanità di vario genere che nel corso della storia è stata classificata come “diversa” (nel 1938 erano oltre duemila) a noi preme sottolineare che la dignità di un popolo va riconosciuta e rispettata”. Franco Sergio non è stato da meno: “E’ davvero assurdo trattenere i resti di Villella, che morì a 69 anni nel carcere di Vigevano e sul cui cranio Lombroso agì all’alba del 4 gennaio 1871 nel suo laboratorio di Pavia con il compasso scorsoio a branche rette per scoperchiarlo e dissezionarlo e in cui asserì di aver rintracciato la famigerata ‘fossetta occipitale mediana’ che avrebbe dovuto dimostrare la teoria del delinquente per nascita (naturalmente meridionale!), cestinata dalla comunità scientifica mondiale. E lo è ancor più dopo la sentenza del 5 ottobre del 2012 emessa dal Tribunale di Lamezia Terme, che, ritenendo fondate le ragioni degli avvocati ingaggiati dal Comitato ‘No Lombroso’, ha ingiunto al Museo ed all’Università di Torino (condannato anche alle spese di trasporto e tumulazione) di restituire il cranio”. La sentenza del tribunale di Lamezia è stata sospesa, su richiesta dell’Università di Torino, dalla Corte d’appello di Catanzaro, che ha fissato la discussione una prima volta il 2 dicembre 2014 e, successivamente, ad aprile 2016: “Ma - ha sottolineato Greco - è la questione culturale e politica che va posta con fermezza, poiché alla base c’è la sopravvivenza di un pregiudizio verso il Mezzogiorno. D’altronde, a chi sostiene che il cranio di Villella è fondamentale per capire le teorie lombrosiane, per cui è nell’interesse della cultura averlo nel Museo, la risposta l’ha data dapprima lo stesso giudice che ha emesso la sentenza di restituzione, quando suggerisce che, al posto del cranio di Villella (e di tutti gli altri), si possono collocare calchi in gesso. Ma la danno anche i responsabili del Museo che riconoscono l’infondatezza delle teorie lombrosiane”. Sia Greco che Sergio si sono detti pronti “ad interessare della questione il Consiglio regionale della Calabria, attraverso una specifica mozione, e quindi procedere, assieme all’azione del Comune di Motta Santa Lucia e del ‘Comitato No Lombroso’, per ottenere giustizia, sia per un pover’uomo calabrese ai cui resti si ha il dovere di dare sepoltura, sia per porre fine ad un Museo che, visti i pregiudizi sostenuti e divulgati dalle teorie del medico veronese non ha le carte in regola per continuare in un’operazione culturale deplorevole”. A sua volta, il presidente Iannantuoni ha sostenuto che: “Va dato atto alla Regione Calabria di una sensibilità particolare su una vicenda che riflette per più senso la discriminazione culturale, politica ed economica, subita dal Mezzogiorno italiano. Ci rendiamo conto che la battaglia non è agevole perché contro abbiamo Istituzioni culturali forti che non allentano la presa, in questo caso il "cranio", neppure di fronte a fatti e contestazioni inequivocabili. Eppure in questa battaglia sono con noi circa 150 comuni italiani, compreso Torino, ed un’infinità di testimonial, cito solo Eugenio Bennato ma accanto a lui ci sono personalità della cultura, della politica, come il neo governatore Michele Emiliano, dello spettacolo. Insomma, ci siamo. Adesso la mozione della Calabria ci aiuterà a chiudere il cerchio”.
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