Paesi di Calabria: Mesoraca
- Written by Mimmo Stirparo
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La nostra regione offre una molteplicità di forme di turismo tutto coniugato al culturale: montano, balneare, rurale, naturalistico, termale, religioso, speleolitico ed enogastronomico e le risorse sono davvero tante. Il nostro itinerario vuole percorrere le strade della fede e della religiosità oltre che dell’arte attraverso i santuari francescani che custodiscono da secoli opere di grande interesse storico-artistico ma soprattutto di grande richiamo di fede. Le terre del vecchio Marchesato serbano amorevolmente nel loro grembo tante preziose perle di arte, fede e tradizioni. Con questa nota fermiamo l’attenzione su Mesoraca e il suo Ecce Homo, che assieme al Cristo di Cutro, entrambi dello stesso autore, può e deve essere considerata fiore all’occhiello del territorio crotonese e pertanto meritevole di essere inserita degnamente nella programmazione di turismo religioso. Mesoraca è un centro situato tra i fiumi Reazio e Vergani. La sua fondazione si fa risalire agli Enotri che, dal fiume, la chiamarono Reazio; altri studiosi propendono a far derivare il suo toponimo da Rea, moglie di Saturno e madre di Giove e di questo ancora si ricorda il vicino omonimo monte che sovrasta il santuario francescano. Successivamente, secondo altri storici ancora, prese il nome di Messurga, da “messorius”, mietitore o dall’arcaico “Dio delle messi”, per la fertilità della terra e abbondanza dei prodotti per cui la gente cantava e mieteva. Sulle pendici del citato monte Giove sorge il santuario dell’Ecce Homo. Secondo la tradizione, l’origine del vecchio cenobio, dovuto ai Basiliani, risalirebbe al IV secolo, ceduto nei secoli successivi, per intercessione del Beato Tommaso da Firenze venuto a Mesoraca per diffondere il movimento francescano dell’Osservanza, ai Frati Minori. Questi riadattarono l’antico sito e vi edificarono in un decennio la chiesa e il convento che furono portati a termine nel 1429 quando papa Martino V decretò la donazione e la consacrazione. Il sacro sito di Mesoraca è famoso in tutto il mondo perché, come detto, custodisce ormai da quattro secoli la prodigiosa statua dell’Ecce Homo. Si tratta di una bella, suggestiva e drammatica insieme, scultura in legno a mezza figura come quella pur famosa e assai somigliante di Calvaruso (ME) dello stesso autore. La scultura è collocata in un’artistica cappella barocca edificata nel 1780 con decorazioni di Salvatore Giordano e nel primo decennio del ‘900 i fratelli Ranieri da Soriano Calabro vi aggiunsero decorazioni con smalto e foglietti di oro zecchino. Ai lati della cappella sei pregevoli tele incorniciate a stucco del pittore P. Griffo del 1835. Tra le tante opere custodite nel santuario mesorachese si ricordano: l’artistico chiostro del ‘400, alcune tele del Santanna di Rende del 1756 e del Leto del 1755, il pulpito seicentesco in noce lavorato ad intaglio a cinque pannelli decorati. E dopo la preziosa scultura dell’Ecce Homo, l’opera più importante, custodita nel santuario, è la statua marmorea della Madonna delle Grazie scolpita nel 1504 da Antonello Gagini da Messina, lo stesso che scolpì le Madonne per Nicotera e Bisignano ed una Pietà per Soverato Superiore ed altre opere ancora diffuse in tutta la Calabria. Autore dell’Ecce Homo mesorachese è Fra’ Umile (al secolo Giovanni Francesco) Pintorno nato a Petralia Soprana (PA) tra il 1600 e il 1601 e morto, 9 febbraio 1639, in odore di santità e che lo stesso Ordine dei Frati Minori al quale apparteneva lo annovera tra i Beati. I vari convegni e corsi di studi che si sono tenuti a Bisignano e a Milazzo e soprattutto quello di Mojo Alcantara del 1985 hanno rivalutato e fatto conoscere al grande pubblico di fedeli e cultori d’arte la figura e le opere dello scultore siciliano e grazie anche a Rosolino La Mattina e Felice Dell’Utri che nel 1986 hanno pubblicato un corposo testo illustrato che costituisce un catalogo insostituibile di tutte le opere del Petralese attribuite come autentiche e quelle ancora da essere chiarite. Nella sua breve stagione terrena pare che Fra’ Umile abbia scolpito 33 statue tra Crocifissi ed Ecce Homo, ma in realtà dai recenti studi è emerso che il numero delle opere petralesi potrebbe essere molto più consistente. Le sculture sono sparse in Sicilia (Petralia S., Calvaruso, Chiaramonte Gulfi, Ceramio, Mojo Alcantara, Aidone, Salemi, Collesano, Palermo, Caltanissetta, Enna, Chiusa Sclafani, Mistretta, Milazzo ed altri); un Crocifisso è presente a La Valletta di Malta; in Calabria abbiamo il Crocifisso di Cosenza bombardato durante il conflitto mondiale, l’Ecce Homo di Dipignano e quello di Rose ancora da attribuire definitivamente. E poi sempre in Calabria il Crocifisso di Bisignano (sul retro della croce reca incisa questa scritta:”1637 P.F. Gregorio a Bisin° Custod F.Humilis a Petralia refor. Sculp.”) che assieme a quello di Polla di Salerno (l’unico che reca data - 2 novembre 1636 - e firma dell’autore incisi sui glutei) e quello di Cutro costituiscono il trittico della piena maturità artistica, vista l’assoluta somiglianza fra i tre. La scultura di Mesoraca non è facilmente databile e comunque il biografo P.G. Macaluso, gesuita, la inserisce tra il 1636 e il 1637 assieme a quella di Cutro alla quale è accomunata da diversi particolari. La visita a Mesoraca, sicuramente quella antica, (sul paese, nella sua urbanistica contemporanea, per carità, stendiamo un pietoso velo), seppur tanto appagante, non finisce qui. Non si può lasciare, infatti, questo centro presilano se non prima di essersi fermati davanti ad un altro monumento di notevole interesse storico-artistico. È la chiesa di Santa Maria del Ritiro fondata nel 1767 per volontà di P. Matteo Lamanna che voleva arricchire la terra natia di altre preziosità artistiche e religiose. È un edificio barocco disegnato da Antonio Stoto di Santa Caterina ed edificato con blocchi granitici scolpiti, in loco, da fra’ Filippo di Gioiosa e fra’ Giuseppe di Serra San Bruno. La chiesa è sormontata da una volta a botte e al suo interno sono evidenti gli altari policromi, alcune tele seicentesche e tanti arredi sacri argentei di epoca barocca.