I vicoli di Serra e la festa di San Girolamo
- Written by Bruno Vellone
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Il cielo è uno straccio bagnato di celeste sospeso tra l’acqua benedetta e quella salata quando una fisarmonica stonata prova e riprova il motivo di un Natale ancora lontano. L’odore del carbone e l’aroma dei funghi che giunge dalle viscere dei monti seghettati si abbracciano alle note sgangherate del suo mantice sfilacciato e sono un’inaspettata compagnia per i passi che si muovono alla volta della parte vecchia di Serra, dove – grazie alla Pro-loco - nel rione “San Girolamo”, è tornata una festa dal sapore popolare. I muri sanno di prigione e le case più ricche, un tempo dimore di signorotti locali, sembrano guarnigioni che ancora trasudano il sudore di chi le ha costruite. A fare da contrappunto ad enormi palazzi patrizi con ricchi portali ed e grandi corti di pietra vi sono le case popolane che costeggiano la strada costruita con scheggiato di granito a schiena d’asino e ciottoli di fiumara. E’ forse la parte della cittadina delle Certosa dal passato più vissuto ma anche la maggiormente suggestiva. L’interno delle case è quasi sempre il medesimo. Due stanze al pian terreno, altrettante al piano sopraelevato e il bagno ricavato nel sottoscala sono tutto quello di cui una famiglia del popolo aveva e ha ancora a disposizione nonostante l’avanzo dei decenni e del progresso. Spesso l’interno – non ce ne voglia qualcuno se l’occhio curioso ha sbirciato attraverso i vetri offuscati – è costituito dalle medesime cose che i precedenti proprietari hanno lasciato ai nuovi, quasi a volerci indicare che la miseria, come la castità dei preti, è una condizione che il popolo si tramanda di padre in figlio. Qui il passaggio di un forestiero rappresenta un evento. La processione del Santo è appena partita tra i flauti e i cocci delle pignatte rotte durante i giochi popolari che si sono svolti nel primo pomeriggio. Qualcuno la segue, altri la guardano dai vetri ma tutti osservano quella statua che rappresenta il “dottore della Chiesa” mezzo nudo ma curiosamente ristretto che nell’anacoretismo cercò l’incontro col Signore e che da secoli “guarda” il paese dall’alto della chiesetta che lo sovrasta. Solitudine e penitenza, queste i suoi “attrezzi” per fare palestra nell’attesa dell’incontro con Dio, perché come diceva Jaques Audriad, spesso bisogna scavare fino alle ossa per poter giungere al cuore.