Il dibattito è stato ampio e continuerà ancora. Alcuni dati, però, sono già emersi e bisogna prenderne atto. Occorre ammetterlo, capirlo e andare avanti sui cammini che sono realmente percorribili, rinviando al futuro i progetti più ambiziosi. Innanzitutto, gli “steccati” che sembrano ostacolare la Fusione fra i Comuni di Serra San Bruno, Spadola, Brognaturo, Simbario e Mongiana non sono di carattere politico in senso stretto, sono di carattere culturale. Anzi, sono un fatto di mentalità. La classe dirigente che governa questi centri non è pronta a costituire un unico Comune: forse si ha timore di perdere spazi di manovra o forse si ha paura che le popolazioni non gradiscano un piano che è comunque allo stato embrionale. Eppure sarebbe semplice superare questa perplessità; basterebbe approfondire pubblicamente la questione, informare le imprese, i lavoratori e le loro famiglie, chiedere a quei cittadini che spesso dimostrano una maturità superiore rispetto a chi li guida. Nessun “dietro le quinte”, tutto con la massima trasparenza. Soprattutto si deve guardare oltre, comprendendo che nella società moderna non si può rimanere attaccati a vecchie idee e non si può essere “concorrenziali” cristallizzandosi in ambiti che – pur con altre problematiche e in un contesto diverso - in una metropoli corrispondono ad un singolo condominio. L’idea di Bruno Rosi di convocare i sindaci non è da gettare alle ortiche, piuttosto serve a rompere il ghiaccio e ad avviare un confronto ravvicinato. Probabilmente sarà utile a chiarire anche vecchie incomprensioni e ad aprire un vero dialogo istituzionale di cui, francamente, si fa fatica a trovare le tracce negli ultimi anni. E questo è stato uno sbaglio dei vertici politici ed amministrativi delle Serre. I capi degli esecutivi devono ora mettere da parte le contorte strategie solitamente presenti nel comprensorio montano e trovare punti condivisi. L’Unione può essere una soluzione, si può partire dall’organizzazione dei servizi e verificare sul campo i primi benefici.