C’è una voce autorevole che si leva per suggerire un cammino ambizioso, per invitare la classe dirigente a guardare al futuro, per spiegare tecnicamente che esiste un’opportunità che non va sprecata. È quella del presidente dell’Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) Calabria e sindaco di Petronà Vincenzo Mazzei che ritiene essenziale una mentalità lungimirante per garantire migliori condizioni di vita alle generazioni del domani. “Comunemente – afferma - si pensa che l’eccesso di frammentazione sia un problema dei piccoli Comuni, dei cosiddetti Comuni ‘polvere’, che non raggiungono la dimensione sufficiente per lo sfruttamento delle economie di scala e di scopo, scontando dunque un peso eccessivo dei costi fissi di funzionamento sui loro bilanci. Sicuramente ciò rappresenta una parte importante del problema – aggiunge - ma non l’unica sua manifestazione”. Nello specifico, “nel caso dei Comuni di piccola taglia demografica i costi derivano sicuramente da un deficit di dimensione che impedisce la minimizzazione dei costi di funzionamento (costi espliciti), ma indebolisce anche la capacità di rispondere al fabbisogno di famiglie e imprese data la povertà di risorse finanziarie e competenze professionali disponibili (costi impliciti)”. Ad avviso di Mazzei, dunque, “il principale problema dei piccoli Comuni è dato dal fatto che impongono costi di gestione elevati a fronte di ambiti di decisione politica estremamente ristretti e di una possibilità di risposta al fabbisogno molto bassa; di fatto gli amministratori dei piccoli Comuni sono semplici gestori del poco esistente, mentre gli operatori comunali sono dipendenti ‘tuttofare’ a bassa specializzazione. Non di rado, pertanto, gli Enti sono costretti a cercare all’esterno le competenze di cui hanno bisogno per la gestione delle funzioni di cui sono titolari, imponendo alla collettività un ulteriore aggravio di costi”. È una descrizione lucida quella del presidente dell’Uncem Calabria che sostiene la sua tesi con cognizione di causa e che precisa che “le difficoltà gestionali degli Enti sottodimensionati sono ben note a studiosi, legislatori e amministratori, tanto è vero che nel corso del tempo sono stati adottati numerosi strumenti correttivi per avvicinare la dimensione degli ambiti produttivi a quella minima efficiente: basti pensare alla creazione di società ad hoc per la gestione dei servizi a rilevanza industriale in cui sono necessari grandi investimenti infrastrutturali, alla crescente separazione tra responsabilità di gestione e di produzione con l’affidamento esterno di quest’ultima, come pure alla promozione di varie forme di cooperazione interistituzionale (consorzi, convenzioni, unioni)”. Elementi concreti sono portati a sostegno di un’idea che si fa strada e che mette in luce ciò che è all’origine dei disagi attuali. Ed è partendo dalla “numerosità dei correttivi adottati” che Mazzei arriva ad una riflessione: “un aspetto meno noto della frammentazione istituzionale è che essa impone costi rilevanti anche alle aree urbane, tipicamente territori molto popolosi, ma funzionalmente integrati, in cui i confini amministrativi vanno a ‘tagliare’ realtà economiche e sociali unitarie. In questo caso non esiste un problema di mancato sfruttamento di economie di scala e di scopo, quanto piuttosto problemi di inutile duplicazione della spesa per il funzionamento degli apparati politici e burocratici (costi espliciti), di mancata corrispondenza tra finanziatori ed utilizzatori dei servizi e dunque di esternalità che creano un problema di equità nella distribuzione di costi e benefici, come pure nell’accesso ai servizi (costi espliciti), ma soprattutto un problema di mancato salto di scala delle funzioni svolte (costi impliciti). Quest’ultimo – puntualizza - è certamente l’aspetto più deleterio da considerare, perché implica una rinuncia a livelli più elevati di sviluppo socio-economico, per il semplice motivo che la somma di più Comuni non fa una città con lo stesso numero di abitanti in termini di investimenti in infrastrutture di comunicazione e trasporto, dotazione di servizi a contenuto scientifico e culturale, visibilità sul piano nazionale e internazionale. In questo caso, la frammentazione istituzionale non impedisce lo sfruttamento delle economie di scala per i servizi tradizionali, ma tiene artificialmente basso il numero dei cittadini e degli operatori economici serviti, impedendo di fatto l’attivazione dei servizi più innovativi, a più elevata specializzazione o che richiedono grossi investimenti infrastrutturali, imponendo agli utenti, da un lato, inutili costi di duplicazione degli stessi servizi di base e, dall’altro, il costo della mancata innovazione”. Conseguente è la deduzione secondo cui “il difetto maggiore dell’assenza di un governo unitario consiste in questo caso nella rinuncia a sviluppare i servizi tipici delle grandi aree urbane, con tutte le conseguenze negative che ciò comporta sullo sviluppo economico dei sistemi regionali e nazionali di appartenenza e sul posizionamento nella competizione nazionale e internazionale”. Mazzei chiarisce quindi che le criticità sono diverse nelle due fattispecie e specifica che “nel caso dei piccoli Comuni si ha un problema di sottodimensionamento assoluto e di diseconomie di scala, in quello dei Comuni di medie dimensioni un problema di sottodimensionamento relativo, di equità e di scelte strategiche. Se i Comuni eccessivamente piccoli – completa il discorso Mazzei - uniscono elevati costi fissi a bassa offerta di servizi, povertà delle risorse umane e delle competenze e scarso potere decisionale degli amministratori locali, determinando una perdita di benessere per la popolazione insediata ben visibile e dunque misurabile, la frammentazione istituzionale delle grandi aree urbane rischia di produrre danni più rilevanti per la competitività dell’intero sistema economico calabrese e per la sua capacità di rinnovarsi nel tempo”. Rilevato che “non c’è più tempo da perdere”, il presidente dell’Uncem Calabria asserisce che “occorre un immediato confronto fra la Regione e le rappresentanze del mondo delle Autonomie locali, per la definizione di un percorso condiviso, che incentivi la Fusione dei Comuni e la nascita di Unioni. Tutto ciò – conclude - non per mortificare nessuno, ma semplicemente per adeguare il nostro sistema di governo locale, alle nuove sfide che ci attendono”.