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Tino: “Prima la mia comunità e poi le banche”

CHIARAVALLE CENTRALE – Il principio è elementare. I patti vanno rispettati, ma ci sono delle priorità. La parola data bisogna mantenerla principalmente con quelle famiglie che oggi subiscono gli effetti di una crisi economica e sociale senza precedenti, dopo si pensa agli altri aspetti. Gregorio Tino va avanti con questa convinzione e adotta provvedimenti che rispecchiano questi intendimenti. Alla dichiarazione di dissesto avvenuto negli sgoccioli dell’anno scorso fanno così seguito altre decisioni nette che aprono un dibattito ad ampio raggio. Il consiglio comunale ha approvato una deliberazione recante “Revoca della delegazione di pagamento conferita al tesoriere comunale con delibera di C.C. n. 8/2005 per il pagamento del prestito obbligazionario denominato B.O.C. Comune di Chiaravalle Centrale”. In pratica, per i prossimi 6 mesi non saranno effettuati pagamenti in favore dell’ex Banca Opi (ora Intesa San Paolo), la quale era stata formalmente invitata in precedenza a voler ristrutturare il B.O.C. con un allungamento  della durata dello stesso fino ad un massimo di 30 anni con la contestuale riduzione del tasso d’interesse dal 3,8% al 3,1%. Richiesta rispedita al mittente e che ha costretto l’Ente ad “accantonare la somma di 226.062,62 euro semestralmente” per “un totale annuo che ammonta a 452.354 euro”. Tale situazione ha creato “notevoli disagi non consentendo l’assolvimento dei servizi essenziali” e il Comune ha scelto di “sospendere per un tempo limitato i pagamenti delle rate in scadenza”. In cima ai pensieri del sindaco ci sono infatti “i servizi indispensabili e il pagamento degli stipendi”. Va precisato che devono essere ancora restituiti 4.078.000 euro (il prestito obbligazionario aveva un importo iniziale di 6.229.000 euro che con gli interessi è salito a circa 9.000.000)  e che al debito per l’acquisto dei B.O.C. deve aggiungersi quello derivante dall’assunzione di mutui presso la Cassa Depositi e Prestiti che non è rimodulabile. “Il Comune – spiega il capo dell’esecutivo – ha sempre pagato le rate dei B.O.C. e la Banca non dovrebbe avere interesse a mandare in sofferenza l’Ente. Vogliamo pagare ma con un piano che sia sostenibile. Vi sono stati d’altronde precedenti in altri Comuni. È necessario – conclude – chiedere ed ottenere la rimodulazione del debito”. Prevedibile adesso una contromossa della Banca, ma un segnale chiaro e forte è stato mandato.

Conto alla rovescia per l'eclissi solare

C’è chi l'aspetta con impazienza,  chi cerca di acquistare gli appositi occhiali protettivi e chi teme un possibile blackout sulla rete elettrica. In Calabria non raggiungerà il 98% di copertura come invece avverrà in alcune località dell’Islanda (nelle Isole Far Oer e nelle Isole Svalbard sarà addirittura totale), ma l’eclissi solare prevista per il 20 marzo sarà un evento significativo, senz’altro affascinante. L’oscuramento del sole da parte della luna è sempre stato un fenomeno straordinario, un avvenimento astronomico che desta ansia o interesse. In Italia l’inizio dell’oscuramento si verificherà dopo le 9 con il picco che è previsto intorno alle 10.30. E se molti sperano nell’assenza di nuvole, gli esperti consigliano di evitare di osservare in maniera prolungata lo spettacolo ad occhio nudo. La massima copertura nella nostra Penisola sarà ad Aosta (67,3%), mentre in Calabria le percentuali dovrebbero attestarsi sul 40% (Catanzaro 42,3%).

Giudice di Pace, il Tar respinge l’istanza di sospensiva

SERRA SAN BRUNO - Il Tar del Lazio ha respinto l’istanza di sospensiva presentata nel tentativo di rendere inefficace il provvedimento di chiusura dell’Ufficio del Giudice di Pace. “Non si rinviene – recita l’ordinanza – la gravità e l’irreparabilità dei pregiudizi dedotti dai singoli ricorrenti”. Si attende ora la fissazione dell’udienza per la discussione del merito. Va rammentato che la stessa sezione del Tar aveva in precedenza accolto una medesima istanza, in un ricorso analogo, avanzata per il mantenimento dell’Ufficio del Giudice di Pace di Palestrina, centro della provincia di Roma. Antonio Gambino, in qualità di cittadino-elettore, aveva proposto l’istanza così come altri 15 ricorrenti, i quali sono stati rappresentati e difesi dall’avvocato Marco Lombardi, che 2 mesi prima aveva ottenuto la sospensiva per Palestrina. Il Comune di Serra San Bruno si era costituito come cointeressato. L’istanza, promossa antecedentemente rispetto all’approvazione degli emendamenti al decreto Milleproroghe, mirava a impedire di lasciare i cittadini privi di un essenziale presidio di legalità. Peraltro, ad avviso dei ricorrenti, le disposizioni del Milleproroghe “non consentirebbero la riapertura dell’Ufficio prima di un anno e mezzo (la presentazione della documentazione deve avvenire entro il 31 luglio, successivamente ci devono essere le valutazioni ministeriali e la formazione dei dipendenti comunali)”. Un lasso di tempo ritenuto evidentemente troppo lungo per far dormire sonni tranquilli. Punto focale del ricorso era ed è che “un decreto ha di fatto abrogato una legge”.

Call center, l’agonia finisce martedì

SERRA SAN BRUNO - Pare inesorabilmente segnato il destino dei lavoratori ormai ex Infocontact operanti nella sede di via Catanzaro. C’è infatti una data da cerchiare con la penna rossa sul calendario: è quella di martedì 17 marzo, quando il nuovo (e presumibilmente ultimo) Tavolo al Mise con la Abramo Customer Care dovrebbe dare la risposta definitiva sul futuro degli interessati. Si va verso lo scenario più negativo: le sigle sindacali che hanno già sottoscritto l’accordo con Comdata per il versante rendese sarebbero intenzionate a replicare l’intesa che prevede la chiusura dei centri periferici e la riduzione degli orari di lavoro nelle sedi principali. I margini di riapertura della trattativa in senso diverso sembrano inesistenti. Preso atto di questa situazione, la Cgil avrebbe confermato la sua linea e cioè quella di non siglare alcunché e di proseguire la lotta con tutti gli strumenti leciti. Dunque, spaccatura anche sugli orientamenti sindacali. Il tutto mentre i lavoratori restano basiti, perché il “tutti a casa” è sempre più vicino e perché si sentono sempre più abbandonati da quella politica che altre volte li ha illusi. Lamentano una sorta di isolamento, aspettano senza troppe speranze il materializzarsi di quell’eventualità che temono ma di cui sono mestamente coscienti. È un’attesa snervante, che logora la mente. E che si sta per concludere in modo infausto.

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