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Omeca, Greco: "Pronti a fare la nostra parte"

"Vigileremo con grande attenzione sul piano industriale di Hitachi che nei giorni scorsi ha acquisito Ansaldo Breda e parte di Ansaldo Breda Sts da Finmeccanica”. Lo assicura il presidente del Gruppo consiliare “Oliverio Presidente” Orlandino Greco, che aggiunge: “questa cessione non deve in alcun modo mettere in discussione i posti di lavoro dei centri d'eccellenza del settore come le ex officine Omeca di Reggio Calabria. Rimane una profonda amarezza, perché, ancora una volta, il Governo non ha voluto investire in un settore, quello ferroviario, che in tutto il mondo sta facendo registrare un crescita esponenziale impressionante. Il timore - segnala Greco - è che Hitachi possa decidere di delocalizzare, una decisione che comporterebbe la perdita di know how e di centinaia di posti di lavoro, solo in Calabria 500. Non possiamo permetterci l'esplosione dell'ennesima bomba sociale, perciò, solleciteremo la dirigenza Hitachi a fare chiarezza sul piano Industriale. Offriremo - conclude Orlandino Greco - anche la disponibilità della Regione a sostenere, attraverso i fondi europei, i progetti nei settori dell'innovazione industriale e tecnologica nel ramo ferroviario con l'auspicio che il settore possa trovare nuova linfa e che si possano creare nuovi posti di lavoro. In Calabria le Omeca rappresentano uno dei pochi centri d'eccellenza industriale. Faremo la nostra parte, per garantire che tutti i posti di lavoro vengano mantenuti e che, anzi, si possa pensare a nuovi progetti per il miglioramento dell'intero comparto".

 

Codacons: “La Fondazione Campanella appesa alle decisioni sul Commissario alla Sanità?”

“La Fondazione Campanella, fortemente voluta dal compianto Rettore Salvatore Venuta, per la cura e la ricerca sui tumori, rischia di chiudere i battenti dal 2 marzo per inerzia di chi avrebbe dovuto portare avanti impegni non solo economici, ma soprattutto etico-morali che avrebbero permesso all’Ente di continuare a fornire prestazioni assistenziali a chi aveva scelto di curarsi nella propria regione”. Lo dichiara il responsabile del Codacons Serre Vibonesi Antonio Carnovale che sottolinea che “il ben preciso diritto sancito dall’articolo 32 della Costituzione”. “La chiusura del polo oncologico – sostiene Carnovale - determinerà gravi disagi per tutti gli utenti, purtroppo tanti, del nostro territorio che giornalmente lottano contro le malattie oncologiche che saranno, quindi, dirottati in altre strutture ospedaliere con immaginabili conseguenze”. Le contraddizioni di quanto accade nella punta dello Stivale sono rimarcate dal fatto che “mentre la Calabria muore ogni giorno di più, a Falerna si parlava di ‘Banda Larga’, argomento che sarebbe dovuto, necessariamente passare in secondo piano di fronte alla tragedia della chiusura del polo oncologico”. Ne derivano diversi quesiti: “Dove sono andati a finire i buoni propositi pre-elettorali sulla Fondazione Campanella? Qual era la soluzione annunciata a fine gennaio che avrebbe permesso alla Fondazione di continuare a vivere?”. A tali interrogativi, ad avviso del Codacons, “difficilmente si potrà dare risposta, forse perché le uniche domande che si fanno sulla sanità calabrese sono quelle relative alla mancata nomina del Commissario alla Sanità, agitando presunte anomalie nelle tempistiche di nomina”. Da queste riflessioni nasce un dubbio legato ad una specifica “anomalia” ovvero quella per cui “tali tempistiche coincidono con una generale inerzia sul problema della Campanella”. “Non vorremmo  - precisa l’associazione a tutela dei consumatori - che le considerazioni espresse appaiano esclusivamente ‘politiche’, ma è inevitabile scendere in argomento quando la soluzione da trovare non può che essere politica”. Non manca l’augurio “che da qui al 2 marzo si possa trovare una dovuta soluzione, in modo da scongiurare la tragedia per il territorio e, laddove ciò non dovesse avvenire, speriamo che il ministro Lorenzin possa, facendo ricorso ai propri poteri costituzionali, intervenire in sussidiarietà per ‘imporre’ il mantenimento in vita dell’importante struttura”.

Pasqua: "Serve una Commissione per l'emergenza occupazionale"

Istituire “una Commissione per l’emergenza occupazionale, come ha già fatto la Regione Toscana, per fronteggiare con risolutezza problematiche che, giorno dopo giorno, in ogni parte della Calabria, vanificano il diritto al lavoro”. E’ la proposta, depositata presso la Segreteria generale di palazzo Campanella  dal  consigliere regionale Vincenzo Pasqua (lista “Oliverio Presidente”). “I dati - sostiene - ci dicono che la Calabria è la regione più povera del Paese, con una disoccupazione giovanile del  65 per cento e con una povertà galoppante che coinvolge non più soltanto i ceti sociali  meno abbienti. Pesante, altresì è la crisi del sistema produttivo mentre la caduta degli investimenti pubblici agisce ferocemente  su economie come la nostra, provocando la chiusura di una miriade di iniziative imprenditoriali. Sulla scorta di queste considerazioni – spiega Pasqua - la Commissione per l’emergenza occupazionale appare come lo strumento più adatto per ‘leggere’ puntualmente le dinamiche  in atto ed, in sinergia con le linee programmatiche del Governo regionale, rimarcare la centralità, nell’azione politica ed amministrativa, dell’impegno volto a  dare risposte al mondo del lavoro in grave affanno ed a tutte quelle situazioni che  generano disagio ed aumentano le diseguaglianze sociali. Oltre a tenere vivo il dibattito pubblico sul tema, la Commissione servirebbe a supportare lo sforzo della Regione  per ridare speranza e fiducia ai calabresi, sia intervenendo su ogni punto di criticità che interessi imprenditori e lavoratori, sia organizzando audizioni ed approfondimenti su singoli casi, col coinvolgimento delle rappresentanze imprenditoriali e sociali. Inoltre, la Commissione promuoverà proposte sulla trasformazione del mercato del lavoro regionale con il contributo di esperti ed Università calabresi e un’azione di ricognizione e studio delle  proposte per rendere efficienti e proficue le politiche regionali finalizzate alla crescita dell’occupazione e allo sviluppo  produttivo. Questi – conclude Pasqua – sono gli obiettivi fondamentali della Commissione che, una volta istituita, interloquirebbe con la Giunta regionale, il Governo nazionale  e l’Europa, garantendo una sede istituzionale di ascolto al disagio sociale che derivi dalla crisi di un’azienda e dalla perdita di posti di lavoro".

Antichi mestieri: la tradizione serrese dei carbonai

Dopo di loro, forse, non ci sarà chi custodirà quelle straordinarie conoscenze. Perché questa generazione potrebbe essere l’ultima a compiere un lavoro duro, fatto di sacrifici e notti insonni, di famiglie a volte lontane e di pericoli dietro l’angolo. La vita dei carbonai non è certo semplice, ma è fatta anche di quelle piccole-grandi soddisfazioni di cui ai tempi di Facebook non sembra comprendersi il valore. Più comodo puntare all’abito gessato e alla scrivania di lusso che non a magliette sporche e sudate e al terreno fumante. Eppure sono loro, i carbonai, a conoscere davvero il territorio, i suoi segreti naturali, i suoi sentieri, le sue meraviglie e le sue trasformazioni.

Abbastanza diffusa nei decenni che hanno preceduto l’avvio del secondo millennio, la produzione del carbone realizzata eseguendo le tecniche dei fenici si è oggi drasticamente ridotta e la regola che consentiva il tramandarsi di padre in figlio di specifiche competenze pare non essere più rispettata.

Costruire uno “scarazzu”, una catasta di legna (solitamente leccio) coperta da paglia molto umida e terra per agevolare la totale disidratazione e la cottura del legno, è operazione complessa e richiede circa un mese, dato che ai 20 giorni per la carbonizzazione si devono sommare i 10 precedenti per l’idoneo posizionamento dei tronchi tagliati all’interno, dei pezzi meno consistenti nella fascia intermedia e dei rametti, spesso ancora verdi, all’esterno.

In questa struttura, che solitamente non ha dimensioni  troppo variabili, vanno introdotti, dalla bocca dello “scarazzu”,  dei tizzoni ardenti nel cunicolo vuoto interno, senza però far divampare o spegnere il fuoco. E quì lo “scarazzu” deve essere “assistito”: serve, dunque, una vigilanza 24 ore su 24. In pratica, queste cataste di legna, che ricordano una forma emisferica,  ardono assai lentamente nel loro centro e, dato lo scarso apporto di ossigeno, danno origine al carbone. Diversi fori sparsi su tutto il covone consentono la fuoruscita dei fumi, il cui colore indica lo stato di avanzamento del fuoco e il grado di cottura.

Ogni “scarazzu” può produrre da 20 a 100 quintali di carbone, che, una volta completa la fase di raffreddamento, vengono insaccati per essere destinati al trasporto e alla vendita.

I siti esistenti nel Serrese - tutti a gestione familiare – producono una non secondaria quantità di carbone che viene consumata in diverse regioni d’Italia (soprattutto Puglia, Emilia Romagna ed Isole maggiori) e rappresentano una testimonianza di un’attività che se ora va scomparendo, in passato ha costituito uno dei punti di forza per l’economia locale.

Si tratta pertanto di una tradizione secolare che rischia di svanire tanto per i cambiamenti degli stili di vita, che tendono ad eliminare i lavori più faticosi e logoranti, quanto per il fiorire della concorrenza dei Paesi dell’Est europeo che immettono nel mercato un prodotto a basso prezzo, ma qualitativamente inferiore.

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