Odessa, l’anima ‘italiana’ di una città leggendaria

Gli ucraini hanno rimosso da Odessa il monumento a Caterina II, con l’intento di cancellare un riferimento alla storia russa. Costruito nel 1900 e smantellato ai tempi della rivoluzione bolscevica, era stato restaurato nel 2007 quale omaggio della città ai suoi fondatori. Appena al di sotto di Caterina la Grande, troneggiavano, infatti, le statue di Giuseppe de Ribas, Francois Sainte de Wollant, Platon Aleksandrovič Zubov e Grigorij Aleksandrovic Potëmkin, cui si deve la nascita e lo sviluppo di Odessa. La rimozione del monumento rappresenta un discutibile tentativo di obliterare la storia di una città il cui passato non parla solo russo, ma anche tanto italiano.

La fondazione

La fondazione di Odessa risale, infatti, al 1794, quando Giuseppe de Ribas, un napoletano che aveva servito da protagonista nell’esercito russo durante le guerre contro il sultano, propone a Caterina II di costruire una nuova città nei pressi del villaggio tataro di Chadžibej, non lontano dalla fortezza ottomana di Yeni-Dünya, che proprio de Ribas aveva espugnato nel 1789. L’idea di edificare un nuovo insediamento nei territori della Novorossija, la regione conquistata a fine Settecento con le Guerre russo turche, nasce in seguito al mancato decollo di Cherson; la città fondata dal governatore della regione, conte Grigorij Aleksandrovic Potëmkin nel 1778, alla foce del Dnepr, che nelle intenzioni sarebbe dovuta diventare il principale hub portuale russo del mar Nero. Tuttavia, per tutta una serie di ragioni, Cherson si rivela poco adatta a svolgere la funzione assegnatagli. Prende forma, quindi, l’idea di mettere mano ad un nuovo insediamento, il cui sito viene individuato da de Ribas in prossimità delle foci dei maggiori fiumi dell’Europa orientale. Inoltre, il villaggio di Chadžibej era stato luogo di transito per le greggi, per i prodotti agricoli di Volinia e Podolia e per il traffico commerciale proveniente dalla Polonia e dal mar Baltico. Infine, l’ampiezza della baia, la profondità delle acque e l’accesso immediato al mare aperto offrono un vantaggio competitivo  destinato a fare la fortuna di Odessa. Sulla scorta di tali caratteristiche, nel 1794 de Ribas presenta al neogovernatore della Novorossija, Platon Aleksandrovič Zubov, il progetto destinato a trasformare Chadžibej nel nuovo hub russo. L’idea di costruire una città portuale in grado di valorizzare i territori meridionali dell’impero, come San Pietroburgo aveva fatto con quelli settentrionali,  viene immediatamente finanziata con 26 mila rubli. Ricevuto il denaro e l’investitura di governatore della nascente città il 27 maggio 1794, de Ribas si mette subito all’opera insieme a Francois Sainte de Wollant, un ingegnere nato ad Anversa che aveva conosciuto durante la conquista della fortezza turca d’Izmail. Il progetto urbanistico redatto da del Wollant prevede la realizzazione di un settore militare e uno civile, del porto, sia militare che mercantile e di un lazzaretto simile a quello di Livorno. La fase esecutiva, viene avviata il 22 agosto e già in autunno vengono gettate le fondamenta delle più importanti strutture cittadine.

L'anima italiana

L’intenzione di de Ribas è di far nascere  – non solo architettonicamente - una città ‘italiana’, simile alla Napoli in cui era nato e cresciuto. Con tale obiettivo, nei suoi tre anni di governo, fa arrivare dal Bel Paese ingegneri e architetti incaricati di redigere i progetti per la realizzazione di quartieri e nuove strade. Contestualmente favorisce il trasferimento di molti italiani, concedendo loro i permessi di costruzione nel centro città delle prime torgovye doma (case di commercio). De Ribas propone di chiamare la costituenda città “Odessos”, dal nome di un’antica colonia greca del mar Nero. La proposta viene accolta e nel 1795 diventa ufficialmente Odessa. L’importanza che il nuovo insediamento è destinato ad assumere s’intuisce nel 1797, quando da Cherson viene trasferito il consolato del Regno di Napoli. La presenza della sede diplomatica è sintomatica anche della conformazione demografica della nuova città, nella quale, dei 3.153 residenti, ben 800, ovvero il 25 per cento, sono italiani. Con la morte di Caterina II e l’ascesa al trono del figlio Paolo I - che avvia un radicale repulisti di tutti gli stranieri che avevano collaborato con la madre - il destino di Odessa sembra essere segnato. Le conseguenze politiche del nuovo corso colpiscono, infatti, anche de Ribas che nel 1797 viene richiamato a San Pietroburgo, dove morirà in circostanze misteriose il 2 dicembre 1800. Alla sua partenza, sono già stati costruiti 60 edifici statali, 353 case private, 416 negozi, 101 magazzini e buona parte delle opere portuali. L’importanza di continuare l’opera avviata da de Ribas, alla lunga non sfugge ai nuovi inquilini del Cremlino, che l’8 febbraio del 1803 danno mandato al duca di Richelieu di portare a termine il progetto. Il nuovo governatore - Armand du Plessis, duca di Fronsac, poi duca di Richelieu - era arrivato in Russia ai tempi della Rivoluzione francese e insieme a de Ribas e de Woland aveva partecipato all’assedio di Izmail. Giunto in città, riprende i progetti dei predecessori e prosegue la politica di colonizzazione, favorendo l’afflusso di stranieri destinati ad acquistare immobili e aprire negozi. Durante questo periodo vengono costruiti altri edifici e organizzato il sistema scolastico, con la creazione, tra gli altri, del ginnasio commerciale in cui l’italiano è materia obbligatoria. Una scelta dettata, non tanto dalla presenza di numerosi emigrati provenienti dalla Penisola, quanto dalla loro influenza nella vita economica cittadina. Un’influenza testimoniata dal fatto che l’italiano è la lingua franca usata in tutte le operazioni commerciali, nel mondo degli affari, nei saloni aristocratici, all’Opera, nelle scuole e per strada. Per comprendere l’importanza dell’idioma di Dante, basti pensare che il 3 dicembre 1829, il governatore generale, conte Michail Voroncov, si rivolge agli odessiti in italiano per annunciare la fine dell’epidemia di peste e la ripresa delle attività cittadine. Negli anni, come scrive Charles King in “Odessa – Splendore e tragedia di una città di sogno”, l’idea di de Ribas prende definitivamente corpo dando luogo a una “città leggendaria”, famosa, non solo per aver dato i natali a Isaac Babel o per aver ospitato Puskin durante l’esilio, ma anche per la presenza dell’iconica scalinata Potemkin, progettata a metà Ottocento dall’architetto Francesco Boffo, cui si deve anche l'elegante Primorskij Boulevard e divenuta celebre grazie al film muto di Sergei Eisentein. Il contributo italiano è apprezzabile, inoltre, in tutto il centro storico, grazie all’opera di Francesco (Franz) Morandi che, dal 1845 al 1890, sviluppa il nuovo piano regolatore e tutta una serie di opere pubbliche. Il lavoro di Morandi è decisivo anche per la nascita della Società delle Belle Arti e della Scuola di Disegno i cui primi calchi in gesso, disegni, stampe, manichini e altri materiali didattici arrivano dall’Accademia di Brera. Altri architetti italiani che, a vario titolo, danno il loro contributo all’identità di Odessa, sono: Alessandro Digbi padre e figlio, Francesco e Giovanni Frapolli, Ivano Dall'Acqua, Luigi Cambiaggio, Giovanni Scudieri, Giorgio Torricelli. L’impronta italiana è tale, che nel 1835, durante la sua visita alla città, l'americano Henry Wikoff, scrive: “Ero quasi tentato di credere che, per qualche scherzo, ci fossimo imbattuti in una città italiana”. Gli italiani modellano Odessa non solo dal punto di vista architettonico. Ad avviare la prima impresa commerciale è, infatti, tal Stefano Venturi. Agli italiani si devono inoltre, l’apertura delle prime banche private e degli istituti di assicurazione necessari allo sviluppo del commercio estero. La prima agenzia d'assicurazioni è istituita nel 1806 da Benedetto Mercadalli, mentre la prima banca commerciale risale al 1826 grazie a Giovanni Verani. Il peso, anche numerico, della colonia italiana inizia a scemare a partire dalla  seconda metà dell’Ottocento. I titoli di coda arriveranno con la rivoluzione bolscevica, quando la gran parte dei 286 italiani censiti nel 1900 lascerà la città fondata da un napoletano che volle farsi russo.

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L’italiano che fondò Odessa. L’epopea di Giuseppe de Ribas al servizio di Caterina II

Nelle cronache di questi giorni riecheggia spesso il nome di Odessa. La più importante città portuale della costa settentrionale del Mar Nero rappresenta, infatti, uno degli obiettivi dell’avanzata russa. Situata tra le foci dei fiumi Dnepr e Dnster, Odessa è la quarta città ucraina per numero d’abitanti e una delle più rinomate località turistiche del Paese. Percorrendone le strade, s’intuisce un solido e ancora apprezzabile legame con l’Italia. A darne ampia testimonianza, è la sua strada principale: Derybásivska Úlitsa. Il nome, per quanto possa apparire poco pertinente con il Belpaese, rimanda invece a un nobile napoletano - Giuseppe de Ribas - cui si deve la nascita della città. Oltre ad aver fondato la perla del mar Nero, de Ribas è stato uno dei protagonisti della storia russa della seconda metà del XVIII secolo.

Figlio dell’irlandese Margaret Plunkett e di Miguel de Ribas y Buyens, un esponente della piccola nobiltà spagnola arrivato a Napoli al seguito di Carlo di Borbone, era nato all’ombra del Vesuvio nel 1749, dove, all’età di 16 anni, era entrato nella Guardia napoletana con il grado di tenente. Nel 1769, a Livorno, incontrò colui che ne avrebbe cambiato la vita: il comandante in capo della flotta russa conte Aleksei Orlov, fratello di uno dei tanti amanti di Caterina II, Grigorij Grigorevic Orlov. Arrivato nel Mediterraneo con la flotta del Baltico per ingaggiare battaglia con le marina ottomana in occasione della prima guerra russo turca, Orlov rimase affascinato dal giovane ufficiale napoletano capace di esprimersi correttamente in sei lingue diverse. Decise quindi d’ingaggiarlo come interprete, proponendogli di trasferirsi a San Pietroburgo. L’avventuroso de Ribas non ci pensò un attimo e pochi mesi dopo, nel luglio del 1770, sotto le insegne della nuova bandiera, prese parte alla vittoriosa battaglia di Chesme contro la flotta turca, la prima combattuta da navi russe nel Mediterraneo.

Arrivato a San Pietroburgo, assunse il nome di Osip Michajlovic Deribas ed entrò nella scuola militare del ‘Primo corpo dei cadetti’. Nella capitale, dove più tardi sarà raggiunto dai fratelli - Emanuele, Andrea e Felice - costruirà un’importante rete di relazioni, complice anche il matrimonio con la ciambellana di Caterina II, Anastasija Ivanovna Sokolova. Alle nozze, celebrate nel 1776 nella chiesa del palazzo imperiale di TsárskoyeSeló, alla periferia di San Pietroburgo, parteciperà anche la zarina che, pochi anni dopo, diventerà madrina delle due figlie della coppia.

Promosso colonnello, nel 1783 entrò al servizio del nuovo favorito dell’imperatrice, Grigorij Aleksandrovic Potëmkin, che seguirà nei territori dell'Ucraina meridionale, da questi amministrati dopo le conquiste ottenute ai danni del sultano. Sulle sponde del mar Nero, de Ribas entrerà definitivamente nella storia, partecipando alle più importanti battaglie della Seconda guerra russo turca (1787-1792). Dopo aver preso parte allo scontro navale dell'estuario del Dnepr, all'assedio della fortezza di Ochakov, de Ribas conquisterà l'isola di Berezán e il villaggio di Khadjibei con la fortezza di Yeni Dunyia, dove nel 1794 fonderà Odessa. Non solo, il suo intervento si rivelerà decisivo per espugnare l’agguerrita piazzaforte d’Izmail posta alla foce del Danubio. Sarà lui, infatti, a elaborare insieme al generale Suvorov, il piano d’attacco che, in poco più di dodici ore, farà cadere una delle città più fortificate d’Europa. Alla presa d’Izmail parteciperà, non solo con un contributo di carattere strategico, ma prendendovi parte sul campo, con un’audace e mai tentato prima attacco dal fiume che aprirà una breccia decisiva nelle difese ottomane. Per i suoi servigi, nel 1791 venne promosso contrammiraglio e posto al vertice della flotta russa del mar Nero. Grazie alla straordinaria conoscenza delle lingue, nel 1792, fece parte della terna di plenipotenziari mandati a firmare il Trattato di Jassy, ​con il quale l'Impero Ottomano cedette alla Russia l'intera sponda settentrionale del mar Nero.

Nel corso della sua folgorante carriera, De Ribas non limitò le sue attività ai soli ambiti militare e diplomatico. Alla sua intraprendenza si deve, infatti, la nascita della San Pietroburgo del mar Nero, ovvero Odessa. Fu lui a proporne la fondazione a Caterina II, sul lungo in cui sorgeva Khadjibey, il villaggio che aveva conquistato nel 1789. Il progetto prese vita il 22 agosto 1794, con l’inizio dei lavori di costruzione del porto e della nuova città di cui de Ribas diventerà il primo governatore. Ricevuta la  promozione ad ammiraglio, continuò a dare impulso alla realizzazione del nuovo insediamento, destinato, nel volgere di pochissimi anni, a diventare la principale porta marittima della Russia meridionale. Deciso a fare di Odessa una ‘Napoli orientale’, vi fece confluire una composita e vivace comunità italiana che lascerà un’impronta indelebile nella vita della città. Tra i nuovi arrivati, anche il fratello Felice, che dopo aver prestato servizio nell’esercito russo, diventerà un intraprendente commerciante, nonché il console del Regno di Napoli fino alla morte avvenuta nel 1845.

Nel frattempo, con l’ascesa al trono dello zar Paolo I le cose erano cambiate. A subire le conseguenze dell’ondata di diffidenza che colpì gli uomini più in vista al servizio di Caterina II, anche Giuseppe de Ribas il quale, nel 1797, venne richiamato a San Pietroburgo, dove morirà in circostanze misteriose il 2 dicembre 1800. A mettere fine ai giorni dell’intraprendente napoletano sarebbe stata una grave malattia, tuttavia non mancano le ipotesi di un avvelenamento dovuto al coinvolgimento nella congiura contro lo zar. I suoi resti furono sepolti nel cimitero di Smolensk, a San Pietroburgo, dove una lapide ricorda che: "Prese una fortezza inespugnabile e costruì una città magnifica". Una città nella quale il nome di de Ribas rivive non solo nella principale arteria stradale, ma anche in uno dei più bei parchi cittadini e nell’imponente monumento dedicato a Caterina II sul quale troneggia anche la sua statua.

Come se non bastasse, a renderne imperitura la fama, ci ha pensato lord Byron il quale, nel Don Giovanni, ne ha ricordato le gesta compiute durante l’assedio d’Izmail.

 

 

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Storia: i russi alla conquista del mar Nero. Un napoletano tra i protagonisti delle guerre con i turchi

Nel loro attacco all’Ucraina le truppe russe stanno concentrando una parte importante delle forze sul fronte meridionale. E’quella l’area in cui, secondo numerosi osservatori, starebbero avvenendo le battaglie più sanguinose. Del resto, la fascia di terra che si affaccia sul mar Nero presenta una straordinaria valenza strategica per entrambi i contendenti. Per gli ucraini, costituisce l’unico sbocco al mare; mentre per i russi rappresenta la possibilità di riaffermare l’egemonia esercitata sul mar Nero per oltre due secoli.

L’ultimo zar del Cremlino non fa mistero, infatti, di voler riprendere il controllo di un’area oggetto dell’espansionismo russo a partire dalla fine del Seicento, quando Pietro il Grande iniziò a cullare il sogno di dare al suo nascente impero uno sbocco verso i mari caldi. Nel 1696 - ben prima della pace di Nystadt (1721) con la quale acquisirono il controllo del Baltico ai danni della Svezia - i russi avevano già occupato la fortezza turca d’Azov. Era seguita la costruzione del porto di Taganrog e di una flotta destinata a presidiare il nuovo insediamento. Nelle intenzioni, Azov avrebbe dovuto essere l’avamposto da cui muovere per una successiva espansione. Infatti, in un secondo momento, lo zar sostenne le sue pretese davanti alla Sublime Porta, occupando l’antico khanato tataro di Crimea, protettorato ottomano dal 1475. L’occupazione durò fino al 1711, quando, impegnati nella guerra con la Svezia, i russi dovettero restituire tutto agli ottomani. Nel 1736, durante il regno dell’imperatrice Anna, le truppe zariste ritornarono in Crimea, ma furono costrette a lasciarla nuovamente in seguito al trattato di Nissa. Ad assicurare il definitivo controllo sul khanato, fu Caterina II, per la quale la conquista della Crimea rientrava in un disegno molto più ambizioso: il “Progetto greco“, ovvero un grandioso programma d’espansione, elaborato nel 1780 dal segretario privato dell’imperatrice, Aleksandr Andreevič Bezborodko. Il progetto puntava a sottrarre ai turchi i possedimenti europei, spartire i Balcani tra Russia e Austria e creare un impero cristiano con capitale Costantinopoli. A favorire l’idea avevano contribuito i risultati incoraggianti conseguiti nel corso della Prima guerra russo-turca, originata, nel 1768, dalla decisione del Sultano Mustafa III di opporsi a Caterina II che, contravvenendo agli accordi del 1739, che impedivano alla Russia di intromettersi negli affari polacchi, aveva posto sul trono della Confederazione polacco-lituana il suo favorito Stanislao Augusto Poniatowski. La guerra si concluse nel 1774 con il trattato di Kücük Kainarci, con il quale i russi si assicurarono il possesso dei porti d’Azov, dello stretto di Kerch e della base di Taganrog, nonché  il controllo dell’estuario del Dnieper e il riconoscimento della neutralità della Crimea.

Nel 1777, Caterina decise di affidare le province della Nuova Russia (Novorossija) e d’Azov - ovvero i territori corrispondenti all’attuale Ucraina sud-orientale - al governo di uno dei suoi innumerevoli amanti: il conte Grigorij Aleksandrovic Potëmkin. Tra il 1778 e il 1779 vedranno la luce le nuove città di Ekaterinoslav, Cherson e Nikolaev, nelle quali arriveranno coloni tedeschi, polacchi, italiani, greci, bulgari e serbi. In linea con il “Progetto greco”, nel 1783 la zarina decretò l’annessione della Crimea, cui seguì, l’anno successivo, la costruzione della base navale di Sebastopoli.

Un altro tassello alla realizzazione delle aspirazioni russe fu aggiunto, a partire dall’autunno del 1787, quando Russia e Austria si coalizzarono contro svedesi e ottomani. Determinata a mantenere le conquiste e a realizzarne di nuove, Caterina affidò il comando della Seconda guerra russo-turca a Potëmkin. Sulle prime, complice una tempesta che ne disperse la flotta, i russi furono costretti sulla difensiva. Approfittando della momentanea superiorità sul mare, i turchi concentrarono 42 vascelli nell’estuario del Dnieper e sbarcarono 5 mila uomini destinati ad attaccare la fortezza di Kinburn. L’assedio, grazie all’energia dimostrata dal comandante della piazzaforte, conte Aleksandr Vasil’evic Suvorov, si rivelò un fallimento e i turchi dovettero battere in ritirata. Bloccata dai rigori dell’inverno, la guerra riprese vigore l’anno successivo. Nel frattempo, Potëmkin aveva silurato Mordvinov, affidando il comando della flotta del mar Nero al principe Karl von Nassau-Ziegen, il quale, coadiuvato dal brigadiere Panaiothos Alexiano e dal padre della marina Usa, contrammiraglio John Paul Jones, tra il 28 e il 29 giugno 1788, presso l’estuario del Dnieper, ebbe ragione della squadra navale guidata dal kapudan (ammiraglio) Hassan Pasha. Il 10 luglio, i russi ingaggiarono nuovamente battaglia presso l’isola di Tendra, dove la squadra navale del contrammiraglio conte Mark Voynovich, sbaragliò ciò che restava della flotta ottomana. Acquisito il controllo sul mare, i russi cinsero d’assedio Očakov, sull’estuario del Dnepr. Dopo una fase di studio, spinto dai rigori dell’inverno e dal bellicoso generale Aleksandr Suvorov, a dicembre del 1788, Potëmkin lanciò all’assalto i suoi 50 mila uomini. La battaglia fu un bagno di sangue. Al prezzo di 20 mila morti, i russi riuscirono a espugnare la fortezza, lasciando sul campo più di 30 mila turchi. L’anno seguente, una nuova flotta del sultano guidata da Pasha Hussein, puntò sulla Crimea. Informato della manovra, il nuovo comandante della squadra di Sebastopoli, ammiraglio Fedor Fedorovic Ushakov, il 19 luglio 1790 ingaggiò battaglia nello stretto di Kerch dove riportò una brillante vittoria. Nel frattempo, i generali di Caterina II avevano deciso di puntare l’intera costa settentrionale del mar Nero, fino alla foce del Danubio. Un obiettivo ambizioso, tanto più che avrebbero dovuto fare i conti con la formidabile fortezza di Izmail. Situata sulla riva sinistra dell'estuario del Danubio, la città – che oggi si trova nella regione ucraina di Odessa - era stata fondata dai genovesi nel XII secolo. Conquistata dagli ottomani nel 1484, era stata ammodernata da ingegneri francesi e tedeschi poco prima dello scoppio della guerra. Protetta da possenti mura, da un fossato di 12 metri di larghezza per 6 di profondità e su un lato dal Danubio, Izmail, con i suoi 11 bastioni difesi da 260 cannoni e 40 mila uomini, era considerata inespugnabile.

A questo punto della storia, entra in scena Don Giuseppe de Ribas y Boyonsin un napoletano che avrà un ruolo decisivo nella caduta di Izmail. Di padre spagnolo e madre irlandese, era nato all’ombra del Vesuvio nel 1749, dove, all’età di 16 anni, era entrato nella Guardia napoletana con il grado di tenente. Nel 1769, a Livorno, conoscerà l’uomo che gli cambierà la vita: il comandante in capo della Marina russa conte Aleksei Orlov. Arrivato con la flotta del Baltico per impegnare le navi del sultano nel Mediterraneo, Orlov rimase affascinato dal giovane napoletano che parlava fluentemente sei lingue. Decise, quindi, di farlo diventare suo assistente e interprete. Nel 1770, de Ribas parteciperà alla battaglia di Cesme - la prima combattuta da navi russe nel Mediterraneo – culminata in una cocente sconfitta per la flotta ottomana. Nel 1772 lo troviamo a San Pietroburgo, con il nome di Osip Michajlovic Deribas, dove l’anno successivo entrerà al servizio del nuovo favorito della zarina, il conte Potëmkin, con il quale raggiungerà l'Ucraina meridionale per assumere il comando di una squadra navale.

Nel 1790, dopo aver conquistato diversi successi in una serie di scorribande contro gli insediamenti turchi lungo la costa, de Ribas venne incaricato da Potëmkin di conquistare Izmal insieme al conte Ivan Vasil'evic Gudòvic. Iniziato nel marzo 1790, l’assedio andò avanti fino a novembre, quando, in vista dell’inverno, Gudòvic decise di sospendere le operazioni. La notizia mandò su tutte le furie Potëmkin che decise di sostituire Gudòvic con Suvorov. Giunto a Izmail, il generale convocò de Ribas e insieme a lui predispose il piano d’attacco. Il 21 dicembre intimò l’ultimatum alla guarnigione. Ricevuta la risposta negativa dal comandante ottomano, Aydozle-Mehmet Pasha, alle 3 del mattino del 22 dicembre, mosse all'attacco su tre direttrici. Un ruolo decisivo lo ebbe proprio de Ribas che, a capo di 9 mila uomini, portò l’attacco nel punto più inaccessibile, sulle sponde del Danubio, dove le difese erano più deboli. L’assalto disorientò i difensori che non si aspettavano di essere attaccati in quel settore. Nel tentativo di chiudere la falla che si era creata su quel lato, i turchi dovettero spostare parte delle truppe che stavano fronteggiando i 7500 uomini del generale Pavel Potemikin sull’ala occidentale e i 12 mila del generale Samoilov su quella orientale. Alle 16 la battaglia era finita, la fortezza era caduta. Come negli assedi medievali, per tre giorni i vincitori ebbero licenza di saccheggio. Fu una carneficina: i turchi contarono più di 26 mila morti e 9 mila  prigionieri. I russi, dal canto loro, ebbero 1815 caduti e 2445 feriti. L’anno successivo, gli ottomani cercarono la rivincita in mare, ma le squadre navali algerine, tunisine e tripoline, vennero sbaragliate appena giunte nel mar Nero.

Tutto sembrava andare nella direzione del compimento del “Progetto greco”, se non fosse che sull’Europa incombeva lo spettro della Rivoluzione francese. Preoccupato dai furori rivoluzionari, l’imperatore austriaco Leopoldo II firmò la pace di Sistova (agosto del 1791 ) con la quale restituì ai Turchi la gran parte delle conquiste ottenute. Privata dell’alleato austriaco, Caterina II dovette sottoscrivere il trattato di Jassy (gennaio 1792). La Russia ottenne comunque la piazzaforte di Očakov, la costa settentrionale del mar Nero fino a Dnestr e il riconoscimento dell’annessione della Crimea, mentre Izmail venne restituita ai turchi. Dopo trecento anni di dominio turco, il mar Nero diventava un lago russo. Per i suoi servigi, nel 1791 de Ribas ricevette il comando della flotta del mar Nero. Proprio nelle vesti di ammiraglio, nel 1794, propose a Caterina di costruire Odessa. La nuova città russa nascerà con un’impronta spiccatamente italiana, ma questa è un’altra storia.

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