Da quando, il 15 febbraio scorso, ci è giunta per presentare il libro “Io parlo, e continuerò a parlare”, Stefania Craxi non ha smesso di pensare alla cittadina della Certosa. E, nel tardo pomeriggio di ieri, ci è tornata dirigendosi prima di tutto a Santa Maria del Bosco. Qui, fra un incontro e l’altro con residenti e visitatori che hanno voluto condividere alcuni ricordi sul padre Bettino, ci ha concesso qualche riflessione. Chiamata ad una considerazione sulle poco edificanti dichiarazioni di Vittorio Sgarbi e Matteo Renzi sulla nostra regione, ha spiegato che “se la Calabria non fosse stata trattata come terra di conquista da colonizzare, se la Calabria avesse avuto strutture adeguate ad un territorio che da un punto di vista turistico non ha niente da invidiare, se la Calabria avesse potuto avvalersi davvero della sua posizione strategica sul Mediterraneo, se avesse avuto l’attenzione che merita e buoni amministratori sul territorio, oggi sarebbe un’eccellenza”. Inevitabile il confronto con le tematiche di oltre 30 anni addietro e, in particolare, con il modo di affrontare la Questione meridionale che, a suo avviso, “è la grande assente nell’agenda di governo”. All’epoca Bettino Craxi “aveva per la Calabria e la Sicilia un progetto straordinario che non era, per come è stato semplificato, il Ponte sullo Stretto, ma l’idea di creare tra Messina e Reggio una sola grande capitale denominata Mediterranea che, decretata porto franco, sarebbe stata l’Hong Kong di tutta l’area” bagnata dall’omonimo mare. Invece, “in questi anni non abbiamo visto progetti lungimiranti che avrebbero potuto cambiare il volto di questa regione”. E ciò, per come lascia intuire, sarebbe legato al modo di agire dei politici della Seconda Repubblica. “Quello di Renzi - ha affermato quasi volendo tracciare un parallelismo capace di evidenziare le differenze – è un riformismo senza cultura riformista e senza riforme degne di questo nome e che abbiano alla base progetti organici e visioni a lungo termine che sottintendano allo sviluppo di una grande Nazione quale l’Italia deve essere. Abbiamo assistito a riformicchie a proprio uso e consumo, all’occupazione del potere per sé e per i propri amici, calpestando la sovranità nazionale e popolare. Abbiamo udito un linguaggio violento da Balilla che tende ad escludere pezzi importanti della società e dei corpi sociali dal governo del Paese. Prova ne è che è stata portata avanti una legge elettorale che consegna a una minoranza la guida del Paese. Dopo un anno di governo – ha attaccato ancora Stefania Craxi - non c’è un indicatore economico, dall’occupazione alla crescita, dal debito pubblico alla tassazione, che sta cambiando verso all’Italia”. Quanto al centrodestra, “è ridotto in poltiglia. O ritroverà attorno a un progetto politico la sua unità e la sua capacità di fare opposizione o, se prevarranno gli egoismi, per il Paese sarà solo avventura”. Ma cosa si deve fare per riaccendere la speranza nel futuro? “Bisogna restituire questo Paese finito nelle mani delle lobbies bancarie e finanziarie, magistrali e burocratiche – sostiene con decisione Stefania Craxi – nelle mani degli italiani. Che vuol dire nelle mani degli industriali privati e pubblici, dei contadini, degli artigiani, dei commercianti e dei professionisti. E vuol dire soprattutto, senza giovanilismi, nelle mani dei giovani, dei ragazzi e delle ragazze di questo Paese che per intelligenza, fantasia, coraggio e volontà di conquista non sono secondi a nessuno”.