Prorogare nel Mezzogiorno anche per il 2016 con la stessa intensità e la stessa durata l’esonero dal pagamento dei contributi INPS a carico del datore di lavoro per i nuovi assunti a tempo indeterminato; introdurre misure di contrasto alla povertà nelle famiglie a rischio; definire una nuova politica industriale per il rilancio del Mezzogiorno; utilizzare l’energia geotermica del sottosuolo per riscaldare e raffreddare 40mila edifici di Napoli e provincia e creare 15mila posti di lavoro; creare una Zona Economica Speciale nel porto di Gioia Tauro. Sono solo alcune delle proposte di rilancio del Sud avanzate dalla SVIMEZ nel Rapporto 2015 sull’economia del Mezzogiorno presentato oggi a Roma alla Camera dei Deputati. Cosa fare per il Sud - Secondo la SVIMEZ serve prioritariamente una politica attiva di sviluppo centrata sul Mezzogiorno nell’ambito di una “logica di sistema” e di un'azione strutturale di mediolungo periodo, che sappia coordinare politiche aggiuntive di coesione con rinnovate azioni di politica ordinaria. “Lo sforzo è quello, sostiene la SVIMEZ, di concentrarsi su una positiva, forte e necessaria discontinuità”, facendo tesoro di quella straordinaria esperienza degli anni ’50-’70, che seppe modificare la struttura sociale ed economica del Paese. Necessaria quindi la ripresa del processo di industrializzazione del Sud quale elemento catalizzatore della crescita e il ripristino del ruolo degli investimenti pubblici. Per affrontare la crisi di competitività del Sud e dell’intero Paese, la SVIMEZ propone di investire in alcune aree - i cosiddetti drivers dello sviluppo - che potrebbero fare del Sud un'opportunità in una nuova prospettiva mediterranea: logistica, energie rinnovabili, rigenerazione urbana e ambientale, agroalimentare e agroindustria, industria culturale, ricerca e innovazione. Mercato del lavoro: 1) Prorogare nel Mezzogiorno anche per il 2016 con la stessa intensità (fino a 8mila euro l’anno) e con la stessa durata (36 mesi) l’esonero dal pagamento dei contributi INPS a carico del datore di lavoro istituita con la Legge di Stabilità per il 2015 per le nuove assunzioni “a tutele crescenti”; 2) Maggiore impegno finanziario e al Sud a sostegno del personale dei centri per l’impiego; 3) Più attenzione per il Mezzogiorno nella rinnovata strategia integrata di politiche attive del lavoro anche attraverso l’ANPAL (Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro). Anche alla luce dei positivi dati dei primi mesi del 2015 sull'occupazione, la proposta SVIMEZ è di rendere operativo anche per il 2016 una decontribuzione più "forte" al Sud, per le nuove assunzioni: “non vi è nessuna obiezione ragionevole, si legge nel Rapporto, a che questo sia riservato al Mezzogiorno, visto che in quest'area si è concentrata la perdita di occupazione nella crisi e tanto più visto che, anche l'anno scorso, la misura è stata finanziata con risorse destinate agli investimenti nel Mezzogiorno (3,5 miliardi di PAC)”. Povertà: necessarie misure specifiche di contrasto - Il rischio di povertà è significativamente più alto al Sud soprattutto per le famiglie con minori, e per quelle giovani, con o senza figli. Più esposte al rischio anche le famiglie con un solo percettore di reddito. Tristemente, “non basta avere un lavoro per uscire dal rischio povertà”. Negli ultimi tempi il dibattito italiano si è concentrato su due ipotesi di introduzione del reddito minimo: il Reddito di inclusione sociale (REIS), che prevede l’erogazione di un sussidio di 400 euro mensili, e il Credito familiare (CF)-Reddito di cittadinanza (RC), che prevede per le famiglie a rischio povertà un sussidio massimo di 780 euro. In base a elaborazioni e stime SVIMEZ il 90% delle famiglie poverissime, con un reddito inferiore al 60% della linea di rischio della povertà, avrebbero diritto a un sussidio: per le famiglie in povertà estrema secondo il REIS si prevede un’erogazione di 8.700 euro annui in media, con il CF il trasferimento medio salirebbe a 14.900 euro. Se le misure fossero state introdotte nel 2013, con 4 milioni e 400mila poveri assoluti, si sarebbe registrato un livello massimo di spesa di 8,4 miliardi per il REIS e di 16,4 miliardi di euro per il CF-RC. Le regioni più povere, Campania e Sicilia, avrebbero ricevuto 3,7 miliardi del REIS e 7,7 miliardi del CF. "In Italia, si legge nel Rapporto, le preoccupazioni relative al costo delle misure anti-povertà hanno sinora prevalso su ogni altra considerazione relativa all’eguaglianza. D’altra parte è anche vero che la relazione positiva fra equità e crescita risulta verificata. Il compito del decisore pubblico dovrebbe di scegliere o di mediare tra le proposte in campo, nella consapevolezza però che una misura universalistica di sostegno al reddito non è più rinviabile". Una politica industriale per il rilancio del Mezzogiorno: 1) corsie preferenziali per le imprese meridionali per accedere al Fondo Italiano di Investimenti, al Fondo Strategico Italiano e al credito all'export; 2) rafforzamento dei fondi di private equity specifici per il Sud; 3) ripristino delle agevolazioni fiscali per i contratti di rete; 4) rafforzamento dei cluster tecnologici al Sud; 5) prolungamento ed estensione del Piano per il Sud 2013-2016 dell’ICE; 6) Bad Bank e fiscalità di vantaggio Secondo la SVIMEZ occorre una politica industriale nazionale articolata a livello territoriale e una politica regionale specifica per il Sud, perché nell’area al Sud le imprese sono prevalentemente piccole, meno innovative, meno propense all’export, e accedono poco a quasi tutti i principali interventi della politica industriale nazionale. Andrebbero quindi previste corsie preferenziali per le imprese meridionali nell’accedere per esempio al Fondo l’istituzione di una Bad-Bank, che possa rilevare le partite in sofferenza, enormemente cresciute con la crisi, al fine di ridare elasticità ai bilanci bancari e porre le banche in condizione di riprendere a finanziare il sistema produttivo. Per favorire l’attrazione di investimenti esterni all’area, nazionali ed esteri, occorrerebbe poter contare su forme di fiscalità di vantaggio per compensare gli svantaggi competitivi che penalizzano il Sud soprattutto nei confronti dei paesi nuovi entranti nell’Ue dell’Est europeo, e in particolare di quelli non dell’Area Euro; paesi avvantaggiati da un più basso costo del lavoro, e che possono utilizzare liberamente i maggiori margini di libertà delle leve fiscale e monetaria. Energie rinnovabili: il progetto di una Napoli geotermica e carbon free – In Italia la geotermia vanta due primati: la fonte geotermica è presente in quantità superiore a tutti i paesi europei, eccetto l’Islanda; le tecnologie nazionali del settore sono all’avanguardia nel mondo. Nel Sud, oltre che in Toscana e nel Lazio, sono presenti le aree italiane con la maggiore quantità e disponibilità di risorse geotermiche, soprattutto in Campania (Ischia, Campi Flegrei, Vesuvio) e in Sicilia. In misura minore l’energia geotermica è presente anche in Puglia e Sardegna. Secondo la banca dati nazionale geotermica CNR-ENI la Regione Campania conta 98 pozzi geotermici e 56 sorgenti, di cui rispettivamente 69 e 32 nell’area metropolitana di Napoli. Secondo la SVIMEZ immaginando la disponibilità della risorsa geotermica in media a 200 metri di profondità, si potrebbero sostituire le caldaie tradizionali con pompe di calore geotermiche per il riscaldamento e raffreddamento di tutti gli edifici, sia residenziali che produttivi, pubblici o privati, per l’intero territorio di Napoli e provincia, pari a oltre 40mila abitazioni, in quattro anni. Ipotizzando interventi su un fabbricato di 10 unità abitative, il risparmio sarebbe di circa 6600 euro all’anno per fabbricato (660 euro l’anno per famiglia), con un impatto annuo sul Pil napoletano dell’1,4%. Ipotizzando di avviare all’investimento, come primo intervento, il 25% del patrimonio residenziale della città di Napoli (10.188 edifici) la stima dell’investimento sarebbe di circa 510 milioni di euro l’anno, più 100 di manutenzione. I posti di lavoro creati potrebbero essere circa 15mila nei quattro anni. La riqualificazione dei fabbricati comporterebbe anche un aumento del valore immobiliare degli stessi. Sarebbe auspicabile, sostiene la SVIMEZ, l’intervento del Governo centrale, d’intesa con la Regione Campania, che dovrebbe riguardare sia la semplificazione procedurale/autorizzativa per la realizzazione dei pozzi, che il sostegno finanziario agli investimenti. Sarebbe necessario un censimento del territorio su zone molto circoscritte della città di Napoli e occorrerebbero specifici strumenti di incentivazione attualmente non presenti sottoforma di contributi diretti all’investimento.
Stima degli interventi: 2,4 miliardi di euro
Logistica: rigenerare le aree retroportuali sul modello olandese e con cassaintegrati del settore edile; una ZES per Gioia Tauro – Nel mercato della logistica italiana si registra una forte presenza estera per effetto della scarsa competitività strutturale del comparto italiano. Una leva strategica per la ripresa dello sviluppo nel Mezzogiorno potrebbe venire dalle rigenerazione delle aree retro portuali sul modello olandese, attraverso tre tipologie di intervento: bonifica dei suoli, utilizzo di cassaintegrati del settore edile per gli interventi di recupero delle zone, trasformazione delle aree dismesse in retroporti fornitori di servizi logistici in stretto contatto con il rinnovato tessuto economico e imprenditoriale adiacente. I porti oggetto degli interventi potrebbero essere secondo la SVIMEZ quelli di Napoli, Torre Annunziata, Salerno, Gioia Tauro, Messina, Catania, Taranto e Termoli. Secondo stime SVIMEZ il totale dell’intervento di bonifica nelle aree indicate si può valutare tra 1,4 e 2,9 miliardi di euro, a fronte di un valore potenziale di vendita a prezzi di mercato di 3,2 miliardi. Oltre al vantaggio nel rilancio del settore delle costruzioni, si tratterebbe di un’operazione immobiliare positiva. Una particolare opportunità di sviluppo potrebbe venire inoltre dall’introduzione di una Zona Economica Speciale, ZES, per il porto di Gioia Tauro. Dal 2013 è depositata in Parlamento la proposta di istituzione della ZES calabrese. Per arrivare a un esito positivo dell’iter, occorrerebbe una gestione unitaria per superare gli ostacoli posti dai legittimi interessi di parte.
Stima degli interventi sui retroporti: 1,4- 2,9 miliardi di euro
Industria culturale: risorse nazionali ed europee per creare 240mila posti di lavoro – Nel 2014 l’industria culturale “in senso stretto” ha occupato in Italia 260mila persone, di cui 216mila al Centro-Nord, e solo 44mila nel Mezzogiorno. Nello stesso anno il settore “in senso allargato” ha contato 1 milione 600mila posti di lavoro, di cui 1 milione e 350mila nel Centro-Nord, circa 283mila al Sud. Un settore, questo, secondo la SVIMEZ, ampiamente sottodimensionato e sottoutilizzato sia in termini di valorizzazione del patrimonio di beni culturali meridionali che di disponibilità di capitale umano qualificato. Secondo la SVIMEZ, un adeguamento e un rafforzamento delle politiche di valorizzazione dell’industria culturale finanziate con risorse nazionali e Fondi strutturali potrebbero colmare il gap del Sud in questo campo entro la fine del ciclo di programmazione 2014-2020, arrivando a raggiungere una quota di occupati simile a quella del Centro-Nord. In questo modo si creerebbero almeno 40mila nuovi posti di lavoro, di cui 15mila laureati, nel settore in senso stretto, e 200mila nuovi posti di lavoro, di cui circa 90mila laureati, nel settore allargato.