Il Politeama e la buccia di banana

La Regione Calabria, detto in generale, è zeppa di difetti e di colpe, soprattutto nella politica culturale. Una volta tanto che finanzia qualcosa, però, se qualcuno non ne sa approfittare, la colpa è tutta sua, e non della Regione.

 Mi riferisco, da quel che poco che i giornali reticenti fanno capire, alla buffa vicenda del Politeama di Catanzaro, escluso dai finanziamenti… eh, non per un malvagio piano, non per odio nemico, non per vendetta del conte di Capaccio per la sconfitta del 1528; ma no, niente di queste cose serie e importanti: perché quando hanno mandato, tramite Pec, la domanda, non c’era allegata la documentazione. C’era, se ho capito bene, solo la lettera di accompagnamento, che però non accompagnava un bel nulla.

 Il burocrate regionale, credo io, ha letto la lettera, ha costatato la mancanza di documenti allegati, ha cestinato il tutto. Ragazzi, i burocrati sono delle macchine.

 Esclusa dai soldi, la Fondazione mette mano a un ricorso al Tar, il quale Tar, in punta di diritto, respinge il ricorso e dà ragione alla Regione. Ecco come scivolare sulla buccia di banana!

 Siccome la Fondazione è un ente, e gli enti sono composti di esseri umani, sarei curioso di sapere chi è il responsabile di una tale diciamo così distrazione; chi è che doveva inviare la Peccon gli allegati, e invece non allegò. Sarà un essere umano, sarà uno con nome e cognome.

 Bisogna dunque individuare un colpevole, e assumere nei suoi confronti tutti i provvedimenti del caso. Vero, ma, ragazzi, esiste anche la “culpa in vigilando”, che, gerarchicamente, va dall’ultima ruota del carro ai massimi livelli. Ovvero, ha sbagliato qualcuno, e qualcun altro non ha controllato. E le responsabilità, a tutti i livelli, sono personali; ovvero, in linguaggio più terra terra, non si può giocare a scaricabarile.

 Qualcuno ora deve chiedere conto, “redde rationem”, di come la città di Catanzaro e il suo teatro si siano trovati in tale situazione.

 A proposito, e Soverato? Anche Soverato si è vista bocciare la sua rassegna canora dal nome pacchiano di “Summer arena”; ma quello lo capisco: sono solo canzonette, mica cultura.

 Ecco, queste due volte non me la posso pigliare, in coscienza, con la Regione.

 

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