L’italiano medio, ovvero vizi senza virtù dell’italiano al di sopra della media
- Written by Mirko Tassone
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L’Italia è un Paese di “santi, eroi, poeti, navigatori” ed “italiani medi”.
Da qualche tempo, infatti, soprattutto sui social, la definizione impazza e viene usata per indicare un essere riprensìbile, riprovevole, da tenere alla larga più di un paria.
“Italiano medio” è ormai l’epiteto, lo sberleffo usato per imbrattare l’interlocutore.
E’ diventato un vero e proprio randello, da tenere in serbo in attesa che la conversazione prenda una china sfavorevole: "l’arma segreta" con la quale annichilire il confronto.
Una volta rimasti senza argomenti, lo si sfodera, si colpisce con durezza e si fa calare il sipario sulla contesa.
A quel punto, il destinatario dell’invettiva non può che accusare il colpo e battere in ritirata.
Certo, è singolare che ad usare la definizione non sia qualcosa d’altro rispetto agli italiani, piuttosto, tanto i fruitori quanto i destinatari, sono dei comunissimi abitanti dello Stivale, pertanto gente con tutte le sembianze dell’“italiano medio”.
Tuttavia, nonostante sia in ogni dove, “l'italiano medio” non lo si trova da nessuna parte. Ciascuno, infatti, pensa che sia altro da sé: il collega di lavoro, il vicino di casa, l’avversario politico, l’automobilista indisciplinato, etc.
Costoro, a loro volta, non pensano di essere “italiani medi”, anzi, pensano che ad esserlo siano tutti gli altri, tranne loro, beninteso.
Un circolo vizioso da far diventar matti, per uscire dal quale è necessario compiere uno sforzo di comprensione e cercare di prendere coscienza di cosa in realtà sia “l'italiano medio”
“L'italiano medio” è un uomo senza virtù che non nasconde mai i suoi vizi, anzi, li ostenta con compiaciuta teatralità. Tra le caratteristiche più riconoscibili, la vocazione ad essere il migliore, anche tra i peggiori.
“L'italiano medio” ama primeggiare, non accetta di essere contraddetto, vuole avere sempre l’ultima parola e se si accorge di avere torto o di aver sbagliato non chiede scusa, manda a quel paese.
Infine, giusto per chiudere una carrellata altrimenti destinata a diventare stucchevole, c’è l’ultima caratteristica, lo stigma definitivo che offre il lasciapassare per l’accesso al tutt’altro che esclusivo circolo dell’“italiano medio”, ovvero la protervia.
Sì, proprio l’aggettivo che per il Tommaseo indica “l'ostinata superbia” e per il Fanfani “lo star fermo nel mal proposito, [e] il darlo a vedere con alterigia e con arroganza”.
Una volta chiariti i tratti caratteriali dell’ “italiano medio”, si comprende quindi come la categoria annoveri una vastissima e trasversalissima moltitudine d’accoliti.
Per comprendere la portata del fenomeno è sufficiente scorrere i social, assistere ad un dibattito televisivo, o anche uscire per strada e guardarsi intorno.
Si scoprirà che ciascuno, con ostentata e “ostinata superbia”, ha la pretesa di essere migliore di chi gli sta accanto o di fronte.
Il campo in cui lo si intuisce meglio è quello del confronto, in ogni ambito (politico, sportivo, accademico, etc), la cui chiave di lettura non è mai rappresentata dal rapporto dialogico, ma dalla sfrenata propensione a squalificare l’interlocutore. Difficilmente la contrapposizione dialettica sfocia nell’esposizione di idee antitetiche, piuttosto scade nella contumelia, nell’offesa ai limiti dell’oltraggio.
Un atteggiamento, per l’appunto “protervo”, tipico di chi sfugge al confronto non considerando l’avversario degno della sua grandezza.
Un atteggiamento che, guardandosi intorno, si scopre essere assai comune, al punto da far pensare che il vero “italiano medio” si possa riconoscere dalla spiccata propensione a sentirsi un italiano al di sopra della media.
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