L'opinione: Oliverio fa quello che può

Lo scrivo senza ironia: Oliverio fa quello che può, e non è molto. Se in Emilia Romagna, dove hanno votato lo stesso 23 novembre, c’è una Giunta al lavoro da due mesi e mezzo, e qui dobbiamo aspettare non si sa bene cosa e per quanto tempo, e anche il tentativo di una Giunta a quattro gli è fallito, Oliverio ha certo le sue colpe e i suoi conti da pagare, ma questo, tutto sommato, sarebbe quasi regola del gioco elettorale; la causa profonda, la colpa storica ce l’ha la Calabria con i suoi vizi ereditari: il localismo esasperato (se un assessore è di Reggio, l’altro dev’essere di Catanzaro eccetera); e la debolezza della politica.

 Voglio qui parlare di questo. Il calabrese medio non ha miti, passioni, ire, ideali, idee, ideologie e appartenenze, cioè le normali componenti della politica; ma entra (s’azzicca!) in un partito (o loggia, o club service o “altro”), per cercarvi protezione, sostegno, favori per sé, per la famiglia, per gli elettori, per un territorio. Cosa propugni o meno questo partito, non gli interessa quasi per nulla; figuratevi gli ideali. Raccatta voti per potersene servire come i soldi del Monopoli, per ottenere uno scopo e pesare nelle trattative.

 Da questo, le otto liste di Oliverio; e se il più o meno sedicente centrodestra ne aveva appena tre, fu perché ha iniziato tardi e fino all’ultimo ha tentativo di rinviare le elezioni per non perderle.

 Ora Oliverio deve tenere conto di otto liste come la Ferro, se avesse vinto, avrebbe dovuto accontentarne tre. Se Oliverio, o, nell’ipotesi di scuola, la Ferro, volessero nominare, che so, Mattia Preti all’arte, Nosside alla poesia, alla profezia Gioacchino, all’economia Giuseppe Serra, insomma il meglio della storia calabrese, non potrebbero farlo, giacché tali poeti e pittori e dotti non appartengono alle nove o tre liste, e annessi.

 Così siamo quasi a tre mesi dalle elezioni, e niente Giunta; e Oliverio, con la zavorra dei secoli, fa quello che può, e non è molto.