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Demeriti e incapacità: i motivi del disastro calabrese

Prendo le mosse dall’articolo denunziato dalla Lucarelli, quello con il brutto sedere di fuori. Afrodite Callipigia, dove sei? Non presentatemi alibi del tipo "ma è così in tutta Italia", o, più astuti "è la natura umana": in Calabria il trionfo del demerito non è un episodio o una somma di episodi, è un sistema generale. Da dove inizio? Dalla notte dei tempi, ma per me dal 1962, quando io frequentato la Terza Media, e lo Stato, in un impeto di generosità, concesse una borsa di studio, per avere la quale occorrevano due condizioni: reddito basso e un tema. Partecipo, e il mio tema risulta, con 47/50, il primo dell’intera provincia; quanto al mio reddito, stendo un velo pietoso. Mi danno 60.000 lire, che, all’epoca, erano una discreta cifra. C’è giustizia, a questo mondo, esclama Renzo dei Promessi Sposi. L’anno dopo, incoraggiato dal precedente, ripartecipo; e vinse il mio compagno XY, di condizioni finanziarie più che agiate, e che in vita sua non aveva mai scritto un tema che valesse più di sei, come dire 30/50. Era improvvisamente diventato povero e grande poeta; e mi rubò le 60.000 lire. La sua seguente carriera fu uno sviluppo logico delle ignobili preadolescenziali premesse. Ammesso avessi mai nutrito alcuna illusione, alla bella età di anni dodici, mi passò al volo. Ne ho viste, dopo…  Figuratevi la Regione Calabria, se mai poté rispettare alcun criterio di merito; tutt’altro, è il trionfo della demeritocrazia: uno peggiore è, più va avanti. Ed è un sistema: far sempre lentamente e maluccio, senza iniziative, senza dar fastidio alla pigrizia altrui; anzi aiutarsi a restare nel grigio anonimato. "Non firmare mai niente, figlio mio", disse a ciascuno di loro la mamma (lo disse in dialetto, aggiungendo, per esempio "nzamai li cani"), consigliando così di evitare ogni possibile guaio derivato dall’evidente incapacità di scrivere una pratica! Ed ecco perché si perdono i fondi europei. Le poche volte che si fa qualcosa, se c’è da nominare e pagare qualcuno, si sceglie non solo il raccomandato, ma soprattutto il mediocre, il poveraccio. Infatti, i poveracci si riconoscono e si soccorrono tra loro: e mai fare meglio di un altro, se no quello ci resta male! Perciò la Calabria genera da sempre stuoli di onesti mediocri, miti, tranquilli, posto fisso, noia… Con qualche rarissima eccezione, una volta ogni secolo. Ma se la Nazionale di calcio la dovesse formare un calabrese, state certi che schiererebbe undici claudicanti e miopi e invalidi civili, però potentemente raccomandati. In caso… no, in sicurezza di sconfitta venti a zero, se la piglierebbe con l’arbitro; gli intellettuali giacobini, con gli Spagnoli e i Borbone; i meridionalisti brilli e aprilati, con Garibaldi. Attenti, non è solo ingiustizia, che già sarebbe grave. È che dare incarichi e potere all’incapace raccomandato è la causa diretta del disastro calabrese. Politicanti incapaci, funzionari incapaci, passacarte incapaci: ecco perché la Calabria è l’ultima d’Europa! E la ragione profonda, mi spiace dirlo, è di natura antropologica. Peggio, il raccomandato incapace non può essere punito, sostituito, e nemmeno costretto a migliorarsi. E da chi, poi, se il suo superiore è altrettanto incapace e raccomandato? In Calabria non c’è solo il demerito, ma regna una genuina demeritocrazia!

 

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