Ucraina: la Regione Calabria approva due delibere per accogliere i profughi

La giunta regionale della Calabria ha approvato, così come preannunciato nei giorni scorsi dal presidente Roberto Occhiuto, due delibere relative all’accoglienza dei profughi ucraini.

Il primo provvedimento consente ai sindaci calabresi che ne faranno richiesta di destinare alcune abitazioni a quei cittadini dell’Ucraina in fuga dal conflitto; la seconda delibera, invece, riguarda lo stanziamento di fondi per la prima accoglienza.

“Abbiamo approvato due importanti delibere - ha affermato il presidente Occhiuto -, una che dà la possibilità ai Comuni calabresi di accedere a fondi per la rifunzionalizzazione di abitazioni da destinare all’accoglienza di chi sta scappando dalla guerra in Ucraina; un’altra che, invece, consente alla Protezione Civile e ai Comuni di far fronte alle prime spese relative all’accoglienza dei profughi.

È un modo concreto di dimostrare come la Calabria, che è una Regione che ha grande necessità di solidarietà da parte della comunità nazionale, riesca a sua volta a essere solidale con chi ne ha bisogno, con chi appunto scappa dalla guerra e fino a una settimana fa viveva come tutti gli europei.

Le due delibere sono finanziate dal Por Calabria. Si tratta di 4 milioni per la rifunzionalizzazione delle abitazioni, e di 1,2 milioni per le spese di accoglienza per i cittadini ucraini.

Se il governo nazionale, come ci auguriamo, riuscisse a rendere disponibili ulteriori risorse statali per queste attività, è evidente che utilizzeremo quelle risorse”.

Chiaravalle Centrale pronta ad accogliere donne e bambini in fuga dall'Ucraina

“Chiaravalle apre le porte alle famiglie in fuga dalla guerra”. Un atto deliberativo formale quello del sindaco della città calabrese, Domenico Donato, che in questi giorni ha già incontrato una rappresentanza dei tanti immigrati ucraini che vivono e lavorano nel comprensorio delle Preserre catanzaresi.

“Oltre a condannare l'aggressione russa, ho garantito loro - ha dichiarato Donato nell'annunciare il piano di accoglienza - piena solidarietà e massimo sostegno. In termini pratici, come amministrazione comunale metteremo in campo ogni azione utile per dare ospitalità ad anziani, donne e bambini, vittime di una tragedia immane”.

Si lavora già, nella sede municipale, per individuare le strutture destinate a diventare un rifugio sicuro per i profughi di guerra: più di cinque milioni, secondo le ultime stime. Chiaravalle farà la sua piccola parte, non solo mettendo a disposizione edifici comunali e spazi pubblici “ma anche eventuali case sfitte e appartamenti che i cittadini di Chiaravalle vorranno offrire come risposta alla grave crisi umanitaria che sta investendo l'Europa intera”.

“Oltre a ciò - ha spiegato il sindaco - siamo pronti ad aiutare le famiglie che hanno la necessità di ricongiungersi con i propri parenti già accolti in altre nazioni”. “La tragedia ucraina - ha commentato Donato - chiama tutte le istituzioni e la cittadinanza a essere parti attive in questa emergenza, e promotori di un concreto impegno umanitario”. L'accoglienza sarà, dunque, gestita dal Comune “in stretto contatto con la Prefettura di Catanzaro”.

“Intanto pensiamo ad affrontare il primo bisogno concreto - ha concluso - offrire cioè una casa, un luogo sicuro e dignitoso dove per queste persone sia possibile compiere il primo passo verso un ritorno alla normalità. E poi metteremo in campo tutte le risorse capaci di generare solidarietà, vicinanza, relazione, sulla scia di esperienze passate che hanno aperto questo territorio a percorsi esemplari di integrazione e tolleranza”.

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L'Unione europea verserà 348 milioni di euro ai siriani rifugiati in Turchia

L'Unione europea erogherà ai siriani rifugiati in Turchia 348 milioni di euro. Secondo il commissario europeo, Christos Stylianides, il programma si basa su un "sistema altamente innovativo", che consentirà ai profughi scappati dalla Siria di ricevere il denaro, ogni mese, direttamente su carte elettroniche. L'iniziativa rientra nell'ambito dei tre miliardi di euro che la Ue verserà alla Turchia per la gestione dell'emergenza immigrazione.

Le aggressioni sessuali di Capodanno in Germania alzano un muro contro l'integrazione

Il nuovo anno si apre con non poche remore sul fronte integrazionista. I fatti di Colonia confermano che la linea seguita dall’Europa, di accoglienza e contrasto all’immigrazione, non produrrà i frutti sperati. Ancora una volta si assiste ad episodi che, sì, alimentano l’odio razziale e nutrono la retorica dell’autocompiacimento dei precursori – spesso affiliati alle destre estreme- dell’anti-multiculturalità, ma al contempo non possono essere sottovalutati o relegati nella pur sporadicità degli accadimenti, a mero titolo di coda. La mancanza di veri e propri programmi di inserimento all’interno della società, fa sì che, pur condividendo il medesimo spazio, non si generi un’automatica condivisione di valori comuni. Non è un caso che "i palpeggiatori" fossero tutti appartenenti alla religione islamica, in quanto, pur prendendo le distanze dal considerare il connubio islamico-terrorista o, nel caso di specie, islamico-maschilista, o addirittura misogino nei confronti delle donne cosiddette occidentali, non si può negare che vi siano differenze sul campo dell’educazione e del rapporto con le donne. Vivendo in una condizione sociale di degrado che, in buona parte, è considerata di responsabilità occidentale, non è difficile covare una sorta di repulsione, quasi un vero e proprio odio nei riguardi di chi incarna quell’apertura, quel progresso che, disdegnando dogmi religiosi di ogni natura e sorta, si dimostra come soggetto di "scandalo" agli occhi di quanti, ignorando ed essendo purtroppo ignorati, inneggiano, o forse solo è questione di abitudine, ad uno stile di vita improntato su una figura femminile per certi versi affievolita. L’umorismo becero del leghista Matteo Salvini che, ricordiamo, acclama a gran voce una castrazione chimica nei confronti dei responsabili degli atti ripugnanti di Capodanno, schiva il progetto europeista, laicista ed umanista che con gravi difficoltà tenta di affermarsi in nazioni come l’Italia, che vivono una profonda crisi economico sociale e di facile pregiudizio nei confronti dei fratelli immigrati.  L’auspicio umanista è di saper cogliere la divergenza tra un gruppo di villani che, emulando il gorilla descritto dal grande De Andrè, si sono avventati su innocenti ragazze come maiali sulle ghiande. Giovani vittime che, avendo l'unica colpa di voler festeggiare nella spensieratezza della piazza, sono state costrette a subire le violenze gratuite di questi. La stessa comunità afro/islamica si discosta da simili azioni vergognose e condanna quanti, in nome di nessuno, contribuiscono ad irrigidire i già delicati dialoghi tra diverse etnie, in un momento di particolare tensione accentuata dopo i fatti di Parigi.

 

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Aylan, la guerra in Siria ed il cinismo dell’Occidente

Hanno fatto il giro del mondo. Le immagini del corpicino senza vita del bambino siriano morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia sono rimbalzate ovunque. Come succede in questi casi, non sono mancate le prese di posizione e le manifestazioni di sdegno. Allo sdegno, però, secondo un collaudato canovaccio, seguirà il silenzio. Tra qualche giorno, quei fotogrammi saranno superati ed il nome di Aylan Kurdi finirà nel buco nero della memoria collettiva. Il peggior nemico dei siriani continuerà, quindi, ad essere l’indifferenza. Si, perché quella morte, quella della madre e del fratellino di cinque anni, insieme a quelle di migliaia di persone che hanno perso e continuano a perdere la vita a Kobane, a Damasco a Palmira, sono il frutto amaro dell’indifferenza, dell’ignavia, della viltà e del cinismo dell’Occidente. A cosa serve l’indignazione dei capi di Stato e di Governo se poi non hanno il coraggio di passare dalle parole ai fatti? A cosa serve lo sdegno se, poi, si lascia che la Siria continui ad essere un mattatoio a cielo aperto, se si permette all’Isis di uccidere il presente e distruggere il passato? Dopo quattro anni di guerra senza esclusione di colpi, con le città trasformate in cumuli di rovine, è del tutto ovvio che chi ne ha la possibilità cerchi di scappare. Chi, invece, non può scappare è costretto a rimanere prigioniero dell’inferno siriano ed a sperare che ogni giorno non sia l’ultimo. Eppure, in una situazione del genere, nessuno interviene per fermare il massacro. Lo stillicidio di morti va avanti, anche quando non lo vediamo, anche quando gli organi d’informazione non ce lo sbattono in faccia. Ma in tanti fanno finta di niente, preferiscono girarsi dall’altra parte o rifugiarsi nella retorica dell’accoglienza e della solidarietà pelosa. Aylan Kurdi è morto mentre cercava di scappare su un barcone. Ma è normale che un bimbo di due anni debba fuggire, con sua madre e suo fratello, come fosse un criminale? E’normale che i profughi siriani, profughi veri, che scappano da una guerra vera, siano costretti a sfidare il mare su imbarcazioni di fortuna? Viene da chiedersi cosa faccia l’Onu ed a cosa serva una pletora di funzionari lautamente pagati se poi l’organismo internazionale che, per statuto, dovrebbe mantenere la pace e la sicurezza internazionale, si guarda bene dall’intervenire. Che fine hanno fatto la Nato, l’Unione europea e gli Stati Uniti? Che fine hanno fatto i promotori delle “Primavere arabe”, ovvero i veri responsabili delle carneficine che insanguinano il Mediterraneo, dalla Libia alla Siria? Affinché le parole pronunciate in questi giorni non siano semplici esercizi di malferma retorica, i leader occidentali devono intervenire e cercare una soluzione per fermare il massacro. Limitarsi ad offrire ospitalità a qualche profugo, incalzati dall’onda emotiva, non può bastare. Per ogni siriano che riesce ad arrivare in Europa ce ne sono, infatti, migliaia che rimangono intrappolati dai bombardamenti. Uomini, donne e bambini che non possono scappare e che muoiono lo stesso, anche quando nessuno ce li fa vedere.

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La Chiesa evidenzia l'accoglienza e il sostegno ai profughi sbarcati a Reggio

L'Arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova avverte l'esigenza di comunicare "il proprio impegno a favore dei profughi che, sempre più spesso, approdano sulle coste reggine". "Tale scelta - si legge in una nota - è scaturita in conseguenza a numerosi articoli, apparsi su svariati organi di stampa locale, che rischiano di offuscare quanto le Comunità e le Associazioni Diocesane realizzano per gli immigrati. Negli anni scorsi, sin dai primi sbarchi, l’Arcidiocesi - attraverso i suoi organismi Pastorali, spinta dal mondo delle Associazioni e Comunità Cattoliche - ha cercato di rispondere adeguatamente a quella che è definita “Emergenza Immigrazione”, forte del mandato che Cristo stesso ha affidato alla comunità cristiana, dei continui richiami di Papa Francesco e delle indicazioni pastorali di Monsignor Morosini, Arcivescovo di Reggio Calabria – Bova. Dopo i primi mesi di attività, nasce il Coordinamento Diocesano Sbarchi che può operare anche in Area di Sbarco grazie al riconoscimento della Prefettura di Reggio Calabria. Il Coordinamento, ad oggi unico in Italia, coinvolge stabilmente 60 volontari, soprattutto giovani appartenenti ad Associazioni che operano in città. Nel periodo estivo molti uomini e donne, provenienti da tutta Italia, chiedono di poter svolgere un'esperienza di volontariato presso il Coordinamento (da gennaio ad oggi sono state accolte 120 prenotazioni). Gli immigrati sbarcati a Reggio da Giugno 2014 a Luglio 2015 sono circa 26.000 di cui 1.500 minori non accompagnati. Attraverso l’attività del coordinamento e grazie alla buona volontà dei Reggini e di contributi diocesani è stato possibile distribuire in area di sbarco e nei centri di primissima accoglienza 12.000 paia di infradito, 15.000 confezioni di succhi di Frutta e Merendine; vestiti, pannolini, omogenizzati. Grazie al lavoro degli interpreti e mediatori culturali del coordinamento i medici vengono agevolati durante la procedura sanitaria dello sbarco ed anche presso gli Ospedali Riuniti ove, talvolta, gli immigrati vengono ricoverati. Attenzione particolare è stata data alla “tratta nella tratta”: sono state liberate e accolte presso strutture diocesane 3 ragazze nigeriane destinate allo sfruttamento sessuale. In un caso sono stati individuati e denunciati gli sfruttatori. Altre tre ragazzine minorenni a rischio di tratta sono state messe in protezione; lo scorso anno sono stati messi in protezione 10 minorenni non accompagnati e a rischio di tratta per traffico di organi. Nelle strutture di accoglienza sono state accolte a titolo gratuito moltissime persone rientranti nelle categorie vulnerabili (nuclei familiari, persone ferite, disabili ecc.)". "Su richiesta della Prefettura - rende noto l'Arcidiocesi - sono stati messi a disposizione saloni e locali parrocchiali per sopravvenute situazioni di emergenza. In ultimo, nel Gennaio di quest’anno, allorché la nuova amministrazione comunale muoveva i primi passi e non aveva ancora determinato chiare procedure di accoglienza per i migranti, su esplicita richiesta di S.E. il Prefetto di Reggio Calabria, Dott. Sammartino, veniva messa a disposizione del Comune la Palestra dell’Unitas Catholica per un periodo di tempo limitato, affinché si potessero affrontare le necessità di primissima accoglienza, visto che le strutture Comunali non erano state rese disponibili dall’Amministrazione Comunale. Purtroppo il tempo di utilizzo delle strutture della Fondazione Unitas si è protratto ben oltre quello concordato; giacché gli immigrati accolti subito dopo lo sbarco erano tutti o quasi affetti da scabbia e volendo nel contempo preservare l’autonomia delle strutture di accoglienza dell’Unitas Catholica, si è chiesto a più riprese di trovare una seria alternativa per l’accoglienza dei profughi. Molte delle proposte avanzate (va aggiunta anche la palestra di Pellaro non adatta assolutamente all’accoglienza, benché meno di Minori) sono rimaste disattese fino a ieri. Pertanto è evidente che le situazioni di criticità di questi mesi sono imputabili al ritardo che le istituzioni hanno accumulato nel prendere decisioni rispetto all'accoglienza post-sbarco e alla realizzazione di seri programmi per l’integrazione". "L'Arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova - in conclusione del documento diffuso - ribadisce con forza che quanto realizzato fino ad oggi è stato possibile grazie alla buona (e gratuita) volontà dei fedeli e alle risorse messe in campo dalla Comunità Diocesana". 

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