Aylan, la guerra in Siria ed il cinismo dell’Occidente
- Written by Mirko Tassone
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Hanno fatto il giro del mondo. Le immagini del corpicino senza vita del bambino siriano morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia sono rimbalzate ovunque. Come succede in questi casi, non sono mancate le prese di posizione e le manifestazioni di sdegno. Allo sdegno, però, secondo un collaudato canovaccio, seguirà il silenzio. Tra qualche giorno, quei fotogrammi saranno superati ed il nome di Aylan Kurdi finirà nel buco nero della memoria collettiva. Il peggior nemico dei siriani continuerà, quindi, ad essere l’indifferenza. Si, perché quella morte, quella della madre e del fratellino di cinque anni, insieme a quelle di migliaia di persone che hanno perso e continuano a perdere la vita a Kobane, a Damasco a Palmira, sono il frutto amaro dell’indifferenza, dell’ignavia, della viltà e del cinismo dell’Occidente. A cosa serve l’indignazione dei capi di Stato e di Governo se poi non hanno il coraggio di passare dalle parole ai fatti? A cosa serve lo sdegno se, poi, si lascia che la Siria continui ad essere un mattatoio a cielo aperto, se si permette all’Isis di uccidere il presente e distruggere il passato? Dopo quattro anni di guerra senza esclusione di colpi, con le città trasformate in cumuli di rovine, è del tutto ovvio che chi ne ha la possibilità cerchi di scappare. Chi, invece, non può scappare è costretto a rimanere prigioniero dell’inferno siriano ed a sperare che ogni giorno non sia l’ultimo. Eppure, in una situazione del genere, nessuno interviene per fermare il massacro. Lo stillicidio di morti va avanti, anche quando non lo vediamo, anche quando gli organi d’informazione non ce lo sbattono in faccia. Ma in tanti fanno finta di niente, preferiscono girarsi dall’altra parte o rifugiarsi nella retorica dell’accoglienza e della solidarietà pelosa. Aylan Kurdi è morto mentre cercava di scappare su un barcone. Ma è normale che un bimbo di due anni debba fuggire, con sua madre e suo fratello, come fosse un criminale? E’normale che i profughi siriani, profughi veri, che scappano da una guerra vera, siano costretti a sfidare il mare su imbarcazioni di fortuna? Viene da chiedersi cosa faccia l’Onu ed a cosa serva una pletora di funzionari lautamente pagati se poi l’organismo internazionale che, per statuto, dovrebbe mantenere la pace e la sicurezza internazionale, si guarda bene dall’intervenire. Che fine hanno fatto la Nato, l’Unione europea e gli Stati Uniti? Che fine hanno fatto i promotori delle “Primavere arabe”, ovvero i veri responsabili delle carneficine che insanguinano il Mediterraneo, dalla Libia alla Siria? Affinché le parole pronunciate in questi giorni non siano semplici esercizi di malferma retorica, i leader occidentali devono intervenire e cercare una soluzione per fermare il massacro. Limitarsi ad offrire ospitalità a qualche profugo, incalzati dall’onda emotiva, non può bastare. Per ogni siriano che riesce ad arrivare in Europa ce ne sono, infatti, migliaia che rimangono intrappolati dai bombardamenti. Uomini, donne e bambini che non possono scappare e che muoiono lo stesso, anche quando nessuno ce li fa vedere.
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