Permessi per assistere parenti disabili usati per fini personali, denunciati due impiegati

I finanzieri della Compagnia di Sibari hanno accertato come due dipendenti di un ente pubblico, attraverso sistematici raggiri, abbiano fruito di permessi e congedi retribuiti per assistenza a persone disabili, utilizzandoli, in realtà, per adempiere a delle incombenze private e familiari.

Le indagini sono state dirette a verificare il reale utilizzo dei giorni di assenza dal lavoro retribuiti di due dipendenti pubblici che, per fruire dei benefici di legge, avevano appositamente e fittiziamente variato il proprio indirizzo di residenza presso le abitazioni dei congiunti disabili bisognosi di assistenza.

In particolare, le fiamme gialle attraverso servizi di appostamento e pedinamento arricchiti da riprese video-fotografiche e dal riscontro del traffico telefonico, hanno accertato un utilizzo illegale di congedi e permessi retribuiti, non utilizzati per prestare assistenza ai parenti disabili, ma per incombenze private, anche fuori Regione, nonché per partecipare a spettacoli ed eventi televisivi.

I militari hanno, infatti, constatato come gli indagati abbiano truffato l’ente per il quale prestano servizio, grazie a un cambio di residenza ad hoc e alle false dichiarazioni nelle quali hanno fittiziamente attestato di convivere e prestare assistenza in via continuativa ed esclusiva ai rispettivi parenti disabili. Con tali comportamenti, i dipendenti hanno leso sia l’ente pubblico di appartenenza, che ha dovuto fronteggiare l’assenza dei propri lavoratori, che l’Inps, chiamata a rimborsare la quota di retribuzione anticipata dal datore di lavoro. Grazie ai successivi approfondimenti documentali sono stati calcolati i giorni di effettiva assenza ingiustificata (tra permessi e congedi retribuiti) e l’ammontare della retribuzione percepita indebitamente.


In particolare, gli indagati si sono assentati per 117 giorni di permessi retribuiti e 169 giorni di congedi retribuiti, per un complessivo importo indebitamente percepito di circa 23 mila euro a titolo di retribuzione.

Al termine delle indagini i finanzieri hanno segnalato alla procura della Repubblica, per i reati di falsità materiale e truffa ai danni dello Stato, i due dipendenti pubblici che ora rischiano, oltre alla restituzione dell’indebito percepito e il procedimento disciplinare da parte dell’ente di appartenenza, la pena della reclusione da 1 a 6 anni e della multa sino a 1549 euro.

 

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