Crisi del regionalismo, per la Cgil "Serve una svolta concreta su investimenti, riforme, giovani e lavoro"
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Riceviamo e pubblichiamo
Nei prossimi giorni a Lecce si svolgeranno le giornate del lavoro e l’assemblea generale della Cgil sui temi del Mezzogiorno e del programma Laboratorio Sud. Sarà una importante occasione per rimettere al centro della discussione le politiche nazionali per il Sud e le scelte di un Governo che dovrebbe puntare di più sulla crescita, attraverso investimenti pubblici e privati, meno su bonus e decontribuzioni a pioggia che, una volta terminati, producono bassa occupazione, precariato e lavoro nero. I dati sul Mezzogiorno degli ultimi rapporti Svimez ed Istat configurano l’ultimo ventennio come il periodo più lungo di stagnazione a crescita zero, producendo nel Sud ed in modo particolare in Calabria un clima generale di sfiducia e rassegnazione. Gli indicatori economici e sociali ci consegnano una Regione al primo posto per disoccupazione,soprattutto giovanile e femminile, all’ultimo posto in Italia come capacità di PIL procapite, e terzultima in Europa. L’aumento della povertà assoluta e relativa è preoccupante. Nell’ultimo triennio, la chiusura dei fondi strutturali 2007-2013 con progettazione sponda, di filiera ed a pioggia, ha prodotto un trend positivo in alcuni settori come il manifatturiero e l’agricoltura, ma già da quest’anno abbiamo riscontrato in questi settori un calo rispettivamente del 30% e 8,9% . Nel settore del turismo, le condizioni internazionali, geopolitiche, la crisi del mediterraneo, hanno incentivato le presenze nella nostra regione che non hanno però prodotto misure strutturali ed occupazione. Nel settore del turismo stagionale, quest’anno, 2 lavoratori su 3 in Calabria hanno lavorato in nero e senza tutele contrattuali, il lavoro sommerso nei diversi settori è aumentato, così come l’evasione fiscale, la corruzione, la disoccupazione giovanile e femminile. Ogni anno, migliaia di giovani vanno via dalla Calabria. Il peso dell’economia criminale, dell’azione della ndrangheta sul tessuto economico e sociale, dal controllo della spesa e gestione comunitaria, dal racket al caporalato, da ultimo agli interessi dei fenomeni migratori, sono il cancro che sta divorando il futuro di intere generazioni e il territorio. La ndrangheta di seconda generazione è diventata essa stessa “classe dirigente” condizionando il funzionamento di enti e istituzioni. Per fronteggiare queste emergenze, sarebbe stata necessaria una svolta nelle politiche nazionali e regionali verso il Sud e la Calabria, facendo diventare il regionalismo motore per il rinnovamento e la crescita economica e sociale. La Calabria conta 405 Comuni di cui oltre 300 sotto i 3000 abitanti, molti di questi, allocati in aree interne, sono assoggettati a un processo graduale di spopolamento e di una conseguente demografica. La Calabria è una regione vecchia, necessita di riforme, a partire dalla geografia istituzionale, dalle partecipate regionali, dagli enti strumentali in parte commissariati. A fronte di una programmazione comunitaria inefficace dal 2000-2013, il nuovo governo Regionale Calabrese, in carica dal 2014, poteva invertire una tendenza con la nuova programmazione. Così non è stato. A nulla sono valse le richieste anche nei diversi comitati di sorveglianza Por che abbiamo fatto come Cgil per una inversione di tendenza della spesa per evitare interventi parcellizzati, che non avrebbero garantito qualità, sviluppo, lavoro, impedito la tracciabilità della spesa dei soggetti beneficiari, cosa richiesta anche dalla commissione europea. Dopo il Patto per la Calabria, il masterplan, il patto per il Sud, i contratti di sviluppo, a forte ritardo di esercizio, come sindacato unitario abbiamo proposto nelle diverse cabine di regia tenute nei tavoli con la giunta regionale, un piano di sviluppo per elaborare un Piano regionale per il laboro, partendo dalla Zes di Gioia Tauro, dalla logistica e mobilità, dall’assetto e dalla difesa del suolo e manutenzione del territorio, dalle filiere agroalimentari e produttive, dai beni archeologici, culturali ed ambientali, al turismo, con il coinvolgimento delle università e del mondo della ricerca per incentivare nuove start up ed i giovani che sono in fuga dalla Calabria. Nulla di tutto ciò. Le cabine di regia sono state per lo più la rassegna ripetuta di elenchi di numeri, di percentuali, che ad oggi hanno avuto solo ed esclusivamente il valore della conoscenza teorica ma che non hanno prodotto alcuna azione significativa e di esercizio, o apertura di cantieri reali. Con rammarico, constatiamo che ci troviamo di fronte al livello più alto di crisi del regionalismo Calabrese, con interi settori commissariati, salute, agricoltura, turismo, attività produttive, ed un Consiglio regionale svilito che si riunisce solo 6 volte in un anno, impermeabile ed insensibile all’emergenza sociale, che non ha un sussulto e non si interroga nemmeno quando la Calabria brucia nella stagione degli incendi. Per queste ragioni occorre una svolta concreta della giunta e dell’intero consiglio regionale in questa coda di consiliatura che dia credibilità all’azione politica. Di fronte a tale stato di cose avvieremo iniziative, assemblee e manifestazioni di carattere territoriale e regionale per ricercare alleanze unitarie e contribuire a costruire momenti di confronto con quella Calabria che non è ancora rassegnata, con i giovani, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle piazze, per ridare centralità e speranza allo sviluppo, al lavoro, la legalità, la salute e il territorio".
Angelo Sposato Segretario generale Cgil Calabria
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