La generazione tradita, quella dei trenta e quarantenni
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"Il merito è una questione? Lo è ancora nel panorama italiano? La possibilità che questa annosa questione possa rientrare nei tavoli di trattazione costituisce un tema fondamentale di non poco interesse". Domande e riflessioni che pone Pasquale Romeo, psichiatra che insegna all'Università per Stranieri "Dante Alighieri" di Reggio Calabria. "L’utilizzo dei curricula professionali - secondo il professionista reggino - dovrebbe servire ad un utilizzo migliore delle risorse. In teoria, la normativa in ogni ambito, recita l’importanza del merito e prevede il curriculum. La prassi negli ultimi anni si muove spesso nell'ambito di una fiducia troppo discrezionale, lasciando poco spazio ad un merito obiettivo ed insindacabile. Tutto questo apre scenari particolari ed alimenta sacche di sfiducia, di rabbia e di risentimenti con cui prima o poi l’Italia si dovrà confrontare. La generazione tradita, recita Celli in un suo libro, mettendo in evidenza la possibilità che forse una intera generazione è stata tradita, quella dei trenta e quarantenni, a scapito di un utilizzo delle risorse in modo superficiale ed a volte becero. In effetti, se ci guardiamo in giro questa generazione è poco rappresentata nei gangli importanti della nostra società. La possibilità di dare nuove forme di utilizzo ai curricula, com’è giusto che sia, dà la possibilità all’intera collettività di un riscatto che non è semplice acquisizione di un singolo, ma invece possibilità di uscire fuori dai meandri e dalle pastoie di un solipsismo esagerato". "I più giovani - osserva Romeo - sono demotivati, non si impegnano, e spesso ce ne lamentiamo, ma come si fa a impegnarsi in un società in cui leggere un libro diventa quasi ridicolo, figuriamoci scriverlo? Una società che non sta dando credito alla formazione in tempi brevi e col massimo dei voti, e disattenta a chi ancora passa giornate in biblioteche o su strumenti di ricerca. Un società disattenta alla presenza di una formazione che secondo le neuroscienze dovrebbe avvenire in tempi brevissimi in modo tale che sia possibile fare dieci anni di esperienza lavorativa entro i 35 anni, epoca in cui ancora il cervello è sufficientemente giovane e creativo per produrre e trasformare in maniera produttiva la realtà. Bisognerebbe premiare i giovani che si formano (vedi laurea, master, corsi e quant’altro) in tempi brevissimi col massimo dei voti. Il tempo ed il voto sono due caratteristiche essenziali per valutare la qualità della formazione. Incentiviamo giovani che credono ancora nella cultura e nella ricerca, che credono che il mondo possa essere cambiato e che la vita possa diventare un opera d’arte. Su questi giovani bisogna investire e non certo su giovani e meno giovani del "cu ta faci fari" o della raccomandazione. Il ritorno al merito, alla qualità è l’unico segreto per pensare a noi stessi in chiave diversa per un mondo migliore. Sarebbe auspicabile un tavolo di trattative sia sindacale che istituzionale, a livello nazionale e regionale per dirimere dubbi sulla obiettività del merito e mettere un po’ di ordine affinché si possa dare a Cesare quel che è di Cesare e ridare speranza a giovani volenterosi e motivati, unico baluardo indispensabile per la rinascita di una Italia in decrescita e povera di contenuti e di idee". "Secondo molti autori - è l'amara conclusione dello psichiatra Romeo - questa non è un Italia in crisi economica, ma in crisi di idee".