“Non si servono le ideologie, ma le persone. Chi non vive per servire, non serve per vivere”. L’ammonimento di Papa Francesco, pronunciato innanzi al popolo cubano, esprime un concetto chiaro con parole che, nella loro semplicità, traducono un concetto di giustizia che dovrebbe valere in ogni tempo ed in ogni luogo. Un principio che forse ha bisogno di un aggiornamento a seconda delle realtà territoriali: rispetto a qualche decennio addietro le ideologie hanno perso il loro appeal, la loro capacità di conquistare il cuore e la testa della gente. Oggi è difficile trovare qualcuno disposto al sacrificio in nome di un’idea generica che, nel concreto, può essere contraddittoria. Ciò è avvenuto anche perché le ideologie vengono interpretate e materialmente rappresentate attraverso persone che, in quanto tali, sono portatrici di virtù e vizi. Talvolta è l’uomo stesso a piegare le ideologie alle sue esigenze, nascondendo dietro di esse obiettivi inconfessabili, a tradirle salvo poi predicare (male) la coerenza delle proprie azioni. Ecco allora che il passaggio “politico” del Papa va approfondito ed esteso: non solo non devono essere servite le ideologie, ma nemmeno i potenti che scelgono e dispongono. La modernità, in fin dei conti, è condizionata molto di più dal personalismo che non dalle ideologie: i capi di governo solo per parvenza si definiscono di “destra” o di “sinistra”, la figura del segretario del partito non ha più il senso che aveva una o due generazioni fa. Di fatto, nemmeno gli iscritti credono che il loro partito possa portare avanti valori specifici. E, d’altronde, in una società dominata dalla frenesia e dall’opportunismo gli ideali paiono pagine sbiadite di un polveroso libro dimenticato in soffitta. Le ideologie, quindi, pur nella loro sostanziale inapplicabilità, nell’esasperazione della visione sottintesa e nelle loro controindicazioni avevano una funzione: quella di tenere coesi determinati gruppi sociali sulla base di valori sentiti e condivisi, di porre al primo posto un concetto (discutibile o meno) e non il volere di un singolo. L’errore, a parere di chi scrive, non sta nel guardare con simpatia ad una corrente di pensiero, piuttosto consiste nell’incapacità di metterla in discussione, di analizzarla con spirito critico. La soluzione è nel sentirsi e nell’essere veramente liberi.