CANI AVVELENATI / La coscienza dimenticata: sensibilizzare e punire per “fare scuola”
Muoiono tremando stravolti dal dolore “somministrato” da chi la sensibilità l’ha lasciata per terra come quella polpetta avvelenata che ne decreta il destino. Cani randagi o “di razza” provvisoriamente allontanati dalla casa amica incappano nella strada sbagliata al momento sbagliato e “cadono” nella trappola tesa con freddezza da chi, sentendosi infastidito dalla loro presenza, decide sulla prosecuzione della loro esistenza. Ma ad ucciderli è anche l’indifferenza di chi non si ferma a soccorrerli, di chi pensa che “in fondo sono troppi”, di chi ritiene che “tanto sono solo cani”. Fanno riflettere la leggerezza e la facilità con la quale si commettono gesti insensati che testimoniano non solo la rarefazione del senso civico ma pure la “sospensione della coscienza”. Nel 2016 a Serra San Bruno c’è ancora chi ricorre al brutale rito dell’avvelenamento per sbarazzarsi di quello che forse considera un “problema”. Ora bisogna intervenire: i troppi casi riscontrati danno il senso della diffusione del fenomeno e fanno preoccupare. Occorre muoversi in maniera compatta per sensibilizzare ed evitare il proliferare di una mentalità retrograda e nello stesso tempo si deve punire per “fare scuola”. Servono i fatti: le parole, magari, le usa pure l’autore di queste azioni vergognose.