Alzheimer, importante scoperta della professoressa Bruni

Il Centro regionale di Neurogenetica, presente all’interno del presidio ospedaliero “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme, da anni impegnato nello studio sulle patologie neurodegenerative, in modo particolare la malattia d’Alzheimer, ha ottenuto un altro significativo risultato scientifico tanto da meritare la pubblicazione su “Neurology” rivista internazionale molto prestigiosa. Il lavoro è stato inoltre censito e commentato nel prestigioso sito www.alzforum.org. Come ormai ben noto, l’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa in cui è presente nei cervelli l’accumulo patologico  di alcune proteine tra cui una chiamata beta amiloide che danneggia le cellule nervose. Questa sostanza è, nella persona sana, normalmente prodotta e non causa malattia. Il lavoro portato brillantemente a termine dalla professoressa lametina Amalia Bruni e dal suo staff ha permesso per la prima volta, all’interno di una grandissima famiglia studiata, l’identificazione di ammalati che hanno ereditato contemporaneamente due alterazioni genetiche dell’amiloide (una dal padre e l’altra dalla madre). In questo caso è stato possibile ricostruire la famiglia su 6 generazioni arrivando, a ritroso nel tempo, al 1809 con una metodologia ormai perfezionata e consolidata nel Centro regionale di Neurogenetica e grazie ai “preziosi” dati raccolti nei registri comunali e parrocchiali. E’ stato così possibile identificare i matrimoni consanguinei alla base di questo dato insolito (e appunto mai descritto nella letteratura scientifica) che ha consentito a malati attualmente viventi di ereditare l’alterazione genetica da entrambi i genitori. Poiché nella grande famiglia studiata si ritrovano anche ammalati che hanno una sola alterazione ereditata da uno dei genitori, è stato possibile un confronto importantissimo. Il lavoro è stato sviluppato anche con la consolidata collaborazione con il dipartimento di neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità. Qual è l’importanza di questa scoperta? Questo lavoro aumenta le conoscenze sui meccanismi della malattia di Alzheimer. In questo periodo  lo sguardo di tutto il mondo scientifico è rivolto verso queste grandi (e rare – rarissime) famiglie che sono considerate un modello straordinario di studio poiché forniscono la possibilità di osservare nel tempo i portatori del tratto alterato, ancora sani ma destinati a sviluppare la malattia. Lo studio di questi soggetti sta consentendo non solo di comprendere come la malattia “arriva e si organizza” nei cervelli ma sta anche permettendo  trattamenti farmacologici “precoci e preventivi” che, oggi in fase assolutamente sperimentale, potrebbero invece, domani, riguardare migliaia di pazienti e dare speranze concrete per queste malattie devastanti. 

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