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Fusione nelle Serre, Rosi coinvolge Mongiana e convoca i sindaci

Primo passo formale per l’avvio della fusione nelle Serre. E con un elemento di notevole novità: Bruno Rosi ha deciso di sentire anche il suo collega di Mongiana Bruno Iorfida per controllare la fattibilità di un percorso ancora più ampio. Il dibattito si trasferisce dunque dalle colonne del nostro giornale alle sedi istituzionali, dove i vertici dei diversi centri montani potranno chiarire i rispettivi intendimenti. Nella missiva indirizzata ai sindaci di Spadola, Brognaturo e Simbario, rispettivamente Giuseppe Barbara, Giuseppe Iennarella e Ovidio Romano – oltre che a Iorfida – Rosi espone le motivazioni per le quali vorrebbe “approfondire una tematica che potrebbe presentare considerevoli vantaggi per il territorio delle Serre”. Ad avviso del capo dell’esecutivo della cittadina della Certosa, è utile dare vita ad “un franco confronto fra i rappresentanti dei Comuni interessati al fine di valutare le eventuali implicazioni. Indubbiamente, l’argomento richiede il diretto coinvolgimento delle comunità, ma ancor prima è necessario avviare una discussione preliminare fra sindaci per studiare tutti i possibili effetti di carattere sociale, culturale ed economico, per analizzare i dettagli della normativa vigente e per verificare gli orientamenti dei Consigli comunali”. Non manca un esplicito invito a vagliare le potenzialità dell’ipotetico disco verde all’iniziativa nel passaggio in cui viene rimarcato che “l’attuale frangente temporale, caratterizzato da un’acuta crisi finanziaria e produttiva, induce ad intraprendere percorsi innovativi capaci di innalzare la competitività dei nostri territori e a tradurre in realtà la vicinanza delle Istituzioni alla popolazione” e in cui viene segnalato che “un aumento dei trasferimenti erariali abbinato ad un piano organico di sviluppo potrebbe consentire di dare risposte concrete alle famiglie”. L’appuntamento è per le ore 11 di giovedì 26 marzo presso il municipio serrese, resta da vedere se tutti risponderanno presente.

Call center, anche la Cisl verso la resa: “Nessuna disponibilità dalla Abramo Customer Care”

Ancora muro contro muro. E la soluzione sembra irraggiungibile. Nemmeno l’incontro di ieri ha fatto registrare un minimo di avanzamenti e ora la disfatta è praticamente cosa concreta. I lavoratori del call center di via Catanzaro sono stremati dall’allungarsi di trattative che paiono non portare da nessuna parte. “L’azienda Abramo – spiega il segretario generale della Fistel Cisl Calabria, Francesco Canino - ha  articolato una nuova proposta che prevede 532 operatori a 4 ore, 50 operatori a 6 ore, 24 TL e 5 Staff. Gli esuberi passano da 69 a 94 con i 25 in più che sarebbero operatori. Cosa dire – afferma il sindacalista con rammarico - se non l’avessimo sentito con le nostre orecchie non l’avremmo creduto. Come si può arrivare con una proposta del genere  - si chiede - se già avevamo rifiutato la precedente che era migliore rispetto a questa?”. Altro fattore indicante la volontà di imporre condizioni che i lavoratori ritengono non accettabili è poi “l’irremovibilità anche sugli scatti di anzianità e sul terzo livello per tutti gli operatori”. “Come Fistel Cisl – puntualizza Canino - abbiamo a lungo cercato di interloquire per trovare margini di trattativa ma dal lato dell’azienda non c’è stata data nessuna disponibilità. Pertanto, restando immodificabili le proposte di Abramo, abbiamo dichiarato di essere indisponibili alla firma dell’intesa, precisando che non potranno essere accettate condizioni diverse da quelle già minime dell’accordo di Rende. Rileviamo – aggiunge - una ingiustificata rigidità dell’azienda Abramo nel rendere congrua la sua proposta alle reali esigenze del sito di Lamezia. Sentiamo troppo ed a sproposito parlare di modelli industriali e poco o nulla di dare il giusto valore alla professionalità dei lavoratori Infocontact. Ricordiamo infine che agli esuberi dei dipendenti vanno aggiunti anche i collaboratori delle sedi periferiche più disagiate (Serra San Bruno e Stefanaconi) che non potendo trasferirsi a Lamezia saranno costretti a rinunciare al lavoro. Abbiamo posto tale problema già dal primo incontro – conclude Canino - ma al momento l’azienda Abramo non ha fatto nessuna apertura”. Nei fatti il call center della cittadina della Certosa è uscito dalla trattativa avviandosi mestamente verso la chiusura.

Piscina verso la riapertura: depositate 2 offerte

SERRA SAN BRUNO – Il rischio di un epilogo simile a quello del precedente bando dovrebbe essere scongiurato. Perché la nuova versione dell’avviso di gara della concessione della piscina, degli impianti polisportivi annessi e dei campi di calcetto siti in via Matteotti e in località Calvario ha sortito gli effetti sperati: allo scoccare delle ore 13 di lunedì scorso sono state depositate due offerte e dunque l’affidamento dovrebbe essere più vicino. Condizionale d’obbligo perché se da un lato è certo che l’avviso non è andato deserto, dall’altro è necessario che almeno uno dei due concorrenti sia in possesso dei requisiti previsti. Il nome del prossimo gestore dovrebbe uscire nella mattinata di venerdì quando saranno aperte le buste con la successiva valutazione delle proposte. Va ricordato che l’avviso era stato formulato in modo da incentivare la realizzazione di interventi di ristrutturazione e di riqualificazione da parte degli aspiranti assegnatari come l’esecuzione di  impianti per la messa in acqua dei disabili, il rifacimento del manto di gioco dei campi di calcetto, la fornitura della rete da tennis di tipo pesante, la predisposizione di una recinzione esterna e la pavimentazione delle aree esterne attualmente in ghiaia. Notizie positive dunque per gli amanti del nuoto che, in tempi ragionevoli, potrebbero vedere riattivate le vasche di via San Brunone di Colonia.

Uncem Calabria: “Fusioni e Unioni di Comuni sono percorsi non più rinviabili”

C’è una voce autorevole che si leva per suggerire un cammino ambizioso, per invitare la classe dirigente a guardare al futuro, per spiegare tecnicamente che esiste un’opportunità che non va sprecata. È quella del presidente dell’Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) Calabria e sindaco di Petronà Vincenzo Mazzei che ritiene essenziale una mentalità lungimirante per garantire migliori condizioni di vita alle generazioni del domani. “Comunemente – afferma - si pensa che l’eccesso di frammentazione sia un problema dei piccoli Comuni, dei cosiddetti Comuni ‘polvere’, che non raggiungono la dimensione sufficiente per lo sfruttamento delle economie di scala e di scopo, scontando dunque un peso eccessivo dei costi fissi di funzionamento sui loro bilanci. Sicuramente ciò rappresenta una parte importante del problema – aggiunge - ma non l’unica sua manifestazione”. Nello specifico, “nel caso dei Comuni di piccola taglia demografica i costi derivano sicuramente da un deficit di dimensione che impedisce la minimizzazione dei costi di funzionamento (costi espliciti), ma indebolisce anche la capacità di rispondere al fabbisogno di famiglie e imprese data la povertà di risorse finanziarie e competenze professionali disponibili (costi impliciti)”. Ad avviso di Mazzei, dunque, “il principale problema dei piccoli Comuni è dato dal fatto che impongono costi di gestione elevati a fronte di ambiti di decisione politica estremamente ristretti e di una possibilità di risposta al fabbisogno molto bassa; di fatto gli amministratori dei piccoli Comuni sono semplici gestori del poco esistente, mentre gli operatori comunali sono dipendenti ‘tuttofare’ a bassa specializzazione. Non di rado, pertanto, gli Enti sono costretti a cercare all’esterno le competenze di cui hanno bisogno per la gestione delle funzioni di cui sono titolari, imponendo alla collettività un ulteriore aggravio di costi”. È una descrizione lucida quella del presidente dell’Uncem Calabria che sostiene la sua tesi con cognizione di causa e che precisa che “le difficoltà gestionali degli Enti sottodimensionati sono ben note a studiosi, legislatori e amministratori, tanto è vero che nel corso del tempo sono stati adottati numerosi strumenti correttivi per avvicinare la dimensione degli ambiti produttivi a quella minima efficiente: basti pensare alla creazione di società ad hoc per la gestione dei servizi a rilevanza industriale in cui sono necessari grandi investimenti infrastrutturali, alla crescente separazione tra responsabilità di gestione e di produzione con l’affidamento esterno di quest’ultima, come pure alla promozione di varie forme di cooperazione interistituzionale (consorzi, convenzioni, unioni)”. Elementi concreti sono portati a sostegno di un’idea che si fa strada e che mette in luce ciò che è all’origine dei disagi attuali. Ed è partendo dalla “numerosità dei correttivi adottati” che Mazzei arriva ad una riflessione: “un aspetto meno noto della frammentazione istituzionale è che essa impone costi rilevanti anche alle aree urbane, tipicamente territori molto popolosi, ma funzionalmente integrati, in cui i confini amministrativi vanno a ‘tagliare’ realtà economiche e sociali unitarie. In questo caso non esiste un problema di mancato sfruttamento di economie di scala e di scopo, quanto piuttosto problemi di inutile duplicazione della spesa per il funzionamento degli apparati politici e burocratici (costi espliciti), di mancata corrispondenza tra finanziatori ed utilizzatori dei servizi e dunque di esternalità che creano un problema di equità nella distribuzione di costi e benefici, come pure nell’accesso ai servizi (costi espliciti), ma soprattutto un problema di mancato salto di scala delle funzioni svolte (costi impliciti). Quest’ultimo – puntualizza - è certamente l’aspetto più deleterio da considerare, perché implica una rinuncia a livelli più elevati di sviluppo socio-economico, per il semplice motivo che la somma di più Comuni non fa una città con lo stesso numero di abitanti in termini di investimenti in infrastrutture di comunicazione e trasporto, dotazione di servizi a contenuto scientifico e culturale, visibilità sul piano nazionale e internazionale. In questo caso, la frammentazione istituzionale non impedisce lo sfruttamento delle economie di scala per i servizi tradizionali, ma tiene artificialmente basso il numero dei cittadini e degli operatori economici serviti, impedendo di fatto l’attivazione dei servizi più innovativi, a più elevata specializzazione o che richiedono grossi investimenti infrastrutturali, imponendo agli utenti, da un lato, inutili costi di duplicazione degli stessi servizi di base e, dall’altro, il costo della mancata innovazione”. Conseguente è la deduzione secondo cui “il difetto maggiore dell’assenza di un governo unitario consiste in questo caso nella rinuncia a sviluppare i servizi tipici delle grandi aree urbane, con tutte le conseguenze negative che ciò comporta sullo sviluppo economico dei sistemi regionali e nazionali di appartenenza e sul posizionamento nella competizione nazionale e internazionale”. Mazzei chiarisce quindi che le criticità sono diverse nelle due fattispecie e specifica che “nel caso dei piccoli Comuni si ha un problema di sottodimensionamento assoluto e di diseconomie di scala, in quello dei Comuni di medie dimensioni un problema di sottodimensionamento relativo, di equità e di scelte strategiche. Se i Comuni eccessivamente piccoli – completa il discorso Mazzei - uniscono elevati costi fissi a bassa offerta di servizi, povertà delle risorse umane e delle competenze e scarso potere decisionale degli amministratori locali, determinando una perdita di benessere per la popolazione insediata ben visibile e dunque misurabile, la frammentazione istituzionale delle grandi aree urbane rischia di produrre danni più rilevanti per la competitività dell’intero sistema economico calabrese e per la sua capacità di rinnovarsi nel tempo”. Rilevato che “non c’è più tempo da perdere”, il presidente dell’Uncem Calabria asserisce che “occorre un immediato confronto fra la Regione e le rappresentanze del mondo delle Autonomie locali, per la definizione di un percorso condiviso, che incentivi la Fusione dei Comuni e la nascita di Unioni. Tutto ciò – conclude - non per mortificare nessuno, ma semplicemente per adeguare il nostro sistema di governo locale, alle nuove sfide che ci attendono”.

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