Fondazione Campanella, Codacons: "Ricerca messa fuori gioco"
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Riceviamo e pubblichiamo la nota del Responsabile del Codacons Serre vibonesi, avvocato Antonio Carnovale.
<<Se le motivazioni relative all’impossibilità di salvare la Fondazione Campanella destavano qualche perplessità, le rassicurazioni ai pazienti circa la continuità delle cure stimolano ancora tanti interrogativi ai quali qualcuno dovrebbe dare, almeno per rispetto dei pazienti, una risposta.
In un comunicato della Presidenza della Giunta Regionale si legge che la stessa: “ha dato mandato al Dipartimento Tutela della Salute di porre in essere tutte le iniziative necessarie a garantire la continuità delle cure ai pazienti attualmente in carico alla Fondazione”. La precisazione della Presidenza è dovuta ad alcune notizie divulgate dalla stampa nei giorni scorsi.
“Dopo un’attenta attività di verifica dei pazienti in trattamento – prosegue la nota – degli interventi programmati, della lista di attesa della Pet e degli ambulatori, oltreché dei connessi fabbisogni in termini di materiali necessari per le sedute operatorie, farmaci e dispositivi medici, in data odierna si è svolta una riunione conclusiva per concordare le modalità operative attraverso le quali assicurare la continuità dell’attività assistenziale a favore dei pazienti in cura presso il Polo Oncologico”
Detto così verrebbe da dire: di cosa abbiamo parlato sino ad ora se tutto procede nel verso giusto?
Purtroppo la realtà di ogni giorno non è questa e la nota della Presidenza andrebbe completata con informazioni aggiuntive.
L’arzigogolata soluzione prospettata nel comunicato, in soldoni si può così tradurre: qualcuno presterà al Polo Oncologico qualche farmaco chemioterapico per assicurare le infusioni ai pazienti, per qualche settimana.
Tale prospettazione non rappresenta, dunque, una soluzione definitiva al problema, né può rassicurare i pazienti il fatto che ancora rimane qualche flebo da poter somministrare, a nostro sommesso avviso, non si può parlare di sanità virtuosa se le soluzioni Ricemesse in campo sono di questo tenore e se non si costruisce un quadro completo della situazione.
Infatti, quello che la nota della Presidenza non dice è che già da qualche settimana, presso il Polo Oncologico, i pazienti non possono più essere trattati per la radioterapia e, conseguentemente, vengono dirottati presso altre strutture, ma ciò che non si sottolinea è l’aspetto più preoccupante della vicenda.
Nello stesso comunicato, ci si affretta a dichiarare che “Vi è l’esigenza di separare la vicenda che riguarda il profilo istituzionale dell’Ente da quello assistenziale…”, la distinzione, è vero, non è di poco conto, ma non nel senso che si vorrebbe far credere, è proprio su questo punto che gli interrogativi si aggiungono a quelli già posti precedentemente: quello che si chiama “profilo istituzionale” della Fondazione è proprio il cuore pulsante della stessa, la parte che non si limita a praticare la chemioterapia ( i cui standard sono uguali in tutti gli ospedali del mondo), ma è la struttura “pensante” che fa ricerca, che si adopera giornalmente per scoprire la genesi della malattia, intervenendo con cure alterative ed innovative che rappresentano una speranza in più per i malati oncologici. Se eliminiamo la testa pensante, probabilmente, rimarranno soltanto le flebo da poter somministrare, ancora per qualche settimana, ai pazienti.
Ma se muore quello che viene chiamato “profilo istituzionale” che fine faranno le sperimentazioni in corso e le cure innovative?
Se mettiamo fuori gioco la possibilità di ricerca, di quale sanità stiamo parlando?>>
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