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Serra. Referendum, Jlenia Tucci prende posizione: “No ad una riforma controproducente”

“La nostra coscienza civica ci impone di partecipare attivamente alle decisioni che determinano il futuro del nostro Paese: per questo è importante che ogni cittadino si rechi alle urne il 4 dicembre”.

È la premessa usata da Jlenia Tucci per sviluppare il proprio pensiero sulla riforma costituzionale sulla quale gli italiani dovranno pronunciarsi fra un mese. “Condivido – afferma il consigliere comunale di ‘In alto volare’ – le azioni messe in campo dal Comitato ‘Riformisti per il No – Noi della grande riforma – Serre calabre”, guidato dal presidente Francesco De Caria, perchè effettivamente la fragilità ed il disordine di questa riforma rischiano di far fare passi indietro all’Italia. È evidente il difetto di legittimazione popolare del Governo che l’ha promossa ed è chiaro che c’è bisogno di una riforma ambiziosa che ridia slancio al Paese piuttosto che di un confuso rimescolamento di carte che incide negativamente sull’iter legislativo mantenendo un Senato che rischia di essere ‘a tempo perso’ senza peraltro far diminuire in maniera significativa i costi della politica.

Occorre dire No per impedire che vinca la superficialità, per sgomberare il campo dal sospetto di influenze dei poteri forti, per poter poi puntare ad una riforma che costruisce. Il mio – spiega l’esponente di minoranza – non è dunque un No fine a se stesso, ma è il frutto di un ragionamento che mira a far concretizzare le aspettative della popolazione. Non è accettabile che vengano ignorati i grandi temi, come quello della giustizia o delle diseguaglianze sociali e territoriali. Sono argomenti che vanno affrontati, non nascosti se non addirittura fatti incancrenire. Credo che le chiavi delle scelte vadano consegnate ai cittadini: sono loro che devono scrivere il proprio destino, non un’oligarchia di nominati. Ritengo giusto il suggerimento del Comitato di eleggere un’Assemblea costituente e di fissare tre referendum per scegliere forma di Stato e forma di Governo, oltre che per porre le condizioni per una vera indipendenza della Magistratura.

È indispensabile infatti – conclude Tucci – riequilibrare il rapporto fra i Poteri dello Stato. Ma nell’interesse del Paese e non nel senso di concedere nuovi spazi di azione a chi non si è sottoposto al giudizio degli elettori”.

Serra. “Aggredito da cani randagi” che gli sbranano gli animali: denuncia di Leonardo Calabretta

È stata una brutta esperienza che non vuole più rivivere. Così Leonardo Calabretta ha inviato una missiva con ad oggetto “denuncia randagismo” al Corpo forestale, all’Asp, al Comando di Polizia municipale ed al sindaco di Serra San Bruno, Luigi Tassone, per evitare il ripetersi di spiacevoli episodi come quello verificatosi presso il suo appezzamento di terreno.

Sullo stesso, delimitato “da doppia recinzione in rete metallica”,  è posta una “struttura in legno usata come ricovero per animali ad uso domestico (galline e conigli)”. Qualche sera addietro, intorno alle 18.30, il giovane falegname si è recato sul luogo, ma dopo aver aperto il cancello è stato “aggredito da 3 cani randagi che si trovavano all’interno”. Scampato il pericolo e passata la paura, ha preso visione che i cani avevano “sbranato 30 galline e 4 conigli” causando un “danno stimato in 800 euro”.

Pertanto, “al fine di una maggiore tutela del territorio”, Calabretta chiede “alle Autorità predisposte al controllo che vengano presi i dovuti provvedimenti del caso secondo le leggi nazionali e regionali in materia di istituzione dell’anagrafe canina, prevenzione del randagismo e protezione degli animali”.

Intanto, analoghe lamentele arrivano dai proprietari dei fondi confinanti: secondo Calabretta, a breve, sarà “avviata una raccolta firme per cercare di giungere alla soluzione del problema”.

Serra, staccate le utenze telefoniche del Centro per l’Impiego: il paradosso dei disoccupati

Dovrebbe essere il simbolo dell’efficienza in quanto snodo essenziale per l’incontro di domanda e offerta di lavoro, invece è l’emblema degli stenti del Vibonese, dove anche ciò che altrove è scontato diviene un’impresa titanica da realizzare.

Il Centro per l’Impiego (noto ai più come ufficio di collocamento) di Serra San Bruno è un ufficio pubblico che incarna la crisi del pubblico impiego e, soprattutto, dei servizi al cittadino in un’area in ritardo di sviluppo. Di prove terribilmente tangibili ce ne sono a iosa: i dipendenti, ad esempio, continuano ad aspettare le mensilità arretrate, ma intanto si autotassano per poter provvedere alla pulizia interna dei locali di via Guardiaboschi Mulè.

Contattare telefonicamente gli uffici è ormai impossibile: dopo circa un mese in cui erano rimaste abilitate alla sola ricezione, le utenze sono state staccate per morosità. Il messaggio per i disoccupati è devastante: che senso ha avvicinarsi ad uffici che sembrano messi peggio di chi è alla ricerca di un lavoro? Pensare a prospettive positive rischia di divenire così un triste esercizio autolesionista: la crisi qui non è un passaggio da una situazione ad un’altra, ma una condizione che appare perpetua.

E in questo senso, torna alla mente un vecchio slogan: “Vivi la Provincia di Vibo Valentia”. Vivila e, forse, riuscirai a renderti conto della sofferenza che c’è...

Dasà, fiaccolata fra dolore e incredulità: “Basta morti sul lavoro”

Quelle fiammelle accese sembravano dare sostanza ad una speranza che adesso è flebile, oppressa dal dolore più cupo. Una speranza che, però, si alimenta con la partecipazione attiva di una comunità intera che non vuole più lacrime versate sul sudore di chi esce di casa per portare un tozzo di pane ai propri pargoli, ma poi non rientra perché la sua vita viene spezzata dalla mancata sicurezza sui luoghi di lavoro.

Una comunità affranta, quella che insieme a tanti amministratori delle Preserre ha voluto far sentire il suo assordante silenzio. Ma quei cartelloni, che sembravano scritti con il sangue, trasudavano sofferenza e indignazione: “Basta morti sul lavoro”, “La sicurezza sta alla base del lavoro”, “La vita è preziosa - Obbligatorio lavoro sicuro”.

Dopo la Santa Messa, per le vie di Dasà, c’erano diverse fasce tricolori poggiate sul petto di coloro che vogliono guidare i loro cittadini verso un domani meno angusto; c’era chi porta il suo piccolo contributo alla collettività con il quotidiano impegno in un’associazione culturale il cui ruolo è fondamentale, soprattutto in termini di capacità di aggregare, in un’area in ritardo di sviluppo; c’erano tanti giovani e tanti anziani che hanno capito che è il momento di ribellarsi ad uno stato di bisogno che deforma gli equilibri del vivere sociale e che talvolta uccide.

E a ribadirlo è stato il sindaco Raffaele Scaturchio che questa iniziativa l’ha pensata, promossa, fortemente voluta. Ha voluto che la sua comunità rimanesse unita, anche se ferita dalla perdita di Domenico Fatiga, lavoratore che ha abbandonato questo mondo su un cantiere a Maierato. Il suo destino non deve più toccare a nessuno: è una battaglia di civiltà da portare avanti senza indecisioni e senza tentennamenti.

Dasà è caduta, ma ha ancora voglia di rialzarsi.

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