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Chiedono "Verità per Regeni", ma alzano un muro sul "caso Quattrone": #nonseitulamiacittà

Quanta ipocrisia, quanto inutile ciarpame propagandistico, distante anni luce dalle emergenze che una città derelitta come Reggio Calabria attende siano risolte, magari anche con competenza e dignità. Avere il senso delle priorità è testimonianza del rispetto dovuto alla città tutta. Si dirà che durante la seduta odierna del Consiglio Comunale è stato approvato il Documento Unico di Programmazione, un atto rilevante ai fini del buon andamento amministrativo di una comunità, ma una domanda è lecito sia posta: che senso ha chiedere "Verità per Regeni", il povero ricercatore universitario friulano barbaramente torturato e trucidato in Egitto, vantandosi di questa stucchevolmente ovvia, quanto follemente inutile, posizione pubblica, addirittura srotolata plasticamente dal balcone di Palazzo San Giorgio ed al centro di un ordine del giorno, se non si è in grado di dire una parola di verità nell'Aula del Consiglio Comunale su ciò che dovrebbe, davvero e senza squallida retorica, essere al centro dell'attenzione di un'Amministrazione Comunale? Giovanotti che giocano a fare quello per cui non sono pagati, né chiamati in causa che si dilettano con idee bislacche, vuote come vuoto appare il contenitore dei risultati fin qui conquistati. Eppure, si lanciano in pericolosi voli pindarici su faccende legate a misteri internazionali di cui disconoscono anche gli elementi basici, enormemente più grandi di loro, dimenticando di sfoderare tutto questo coraggio leonino per affrontare nella sede idonea tutti gli aspetti legati al "caso Quattrone", questo sì ad essi assai vicino e sul quale sono obbligati a dar conto alla città. Ci ha provato, a dire il vero, Massimo Ripepi, consigliere comunale di Fratelli d'Italia, ad inchiodarli alle responsabilità che competono ad un amministratore pubblico, perché tali sono e niente di più, tentando di farli scendere sulla Terra dall'iperuranio dell'inconsistenza, ma anche lui è stato costretto a sbattere contro il muro di gomma dell'arroganza e dell'indifferenza. "Non penserete mica che vi metteremo a parte di una bagattella come quella di una consulenza da 190 mila euro amabilmente concessa ad una società che, per una 'maledetta' casualità", è stata legata all'attività professionale dell'assessore proponente, Agata Quattrone? In forma più edulcorata, è questo il messaggio partito oggi dalla maggioranza di centrosinistra. "Non ho niente da chiarire" - sono state le parole pronunciate dalla delegata ala Pianificazione dello Sviluppo Urbano Sostenibile - Mobilità e Trasporti - Smart City, spintasi oltre, arrivando a sostenere che, in buona sostanza, il comunicato inoltrato dopo l'esplosione della bufera può anche bastare, si mettessero tutti l'anima in pace una vota per tutte: "La città ha già avuto la sua risposta". Certo, ha aggiunto che provvederà  "a fornire ulteriori elementi per smentire notizie artefatte", ma perché non farlo davanti alla massima assemblea elettiva cittadina? In fondo se, come ha tenuto a precisare: "Non ho nulla di cui essere imbarazzata", cosa le ha impedito di parlare nel luogo che gli "eterni illusi" della democrazia ritengono sia quello meglio attrezzato per un dibattito franco? Avrebbe avuto un'occasione d'oro: entrare nel merito della questione e raccontare perché i suoi accusatori hanno preso un abbaglio, illustrare dettagliatamente la regolarità di una condotta finita, suo malgrado, nell'occhio del ciclone. Ma ci ha pensato il sindaco Giuseppe Falcomatà a costruire il recinto di filo spinato attorno al castello sotto assedio. Lo ha fatto, bontà sua, annunciando che il provvedimento in oggetto non sarà ritirato. Figurarsi, quindi, se può essere presa sul serio la richiesta di dimissioni avanzata dalle opposizioni nei confronti dell'assessore. Non scherziamo, siamo in un momento delicatissimo: abbiamo appena chiesto Verità per Giulio Regeni! 

 

Caso Quattrone. L'assessore si presenti in Aula e spieghi: carte in mano

No, non è il modo migliore per difendere il proprio operato, non è la via d'uscita più onorevole per lasciarsi alle spalle i sentiero stretto in cui è stata cacciata dai rilievi circostanziati mossi da Azione Nazionale e, in un secondo momento, dai consiglieri comunali della minoranza di Palazzo San Giorgio, prima del secondo affondo, quello odierno, della stessa AN. L'assessore Agata Quattrone, a cui il sindaco Giuseppe Falcomatà ha assegnato le deleghe alla Pianificazione dello sviluppo urbano sostenibile, a Mobilità e Trasporti ed alla Smart City (?), dopo un primo anno in cui il suo nome era sulla bocca dei tanti che, anche sussurrandolo, lamentavano la sua assenza da Reggio sostenendo, a buon motivo, l'impossibilità di gestire da Roma un incarico del genere, è finita all'improvviso nel vortice delle polemiche per una consulenza che merita più di una parola di chiarezza e non una semplice, offensiva, scrollata di spalle. Alzare il sopracciglio immaginando di liquidare la questione tacciandola di "polverone sollevato dalla destra  per coprire le malefatte che essa ha compiuto quando essa governava la città" non le fa onore né entra nel merito della vicenda. Il che, ad essere sinceri, desta più di un sospetto. Perché alzare una generica ed inconsistente cortina fumogena senza illustrare, tecnicamente e nel dettaglio, le proprie ragioni, è il certificato della debolezza di una tesi. Proprio in virtù dell'obbligo di mantenere un approccio "laico" rispetto alle cose della politica, non ha senso in questa sede prendere una posizione preconcetta, sposando una tesi, ma un amministratore pubblico ha il dovere, etico e morale, prima ancora che politico, di rendere conto, con dovizia di particolari e nell'aula solenne del Consiglio Comunale, di ogni singolo atto compiuto nell'esercizio delle sue funzioni. A maggior ragione se al centro dell'attenzione è finita una consulenza che vale poco meno di 200 mila euro, una enormità in un'epoca in cui la città è stremata da una disoccupazione galoppante e da un pessimismo disincantato cresciuto nel buio dell'attuale disperazione. Sarebbe offensivo rimanere ancorati ad un comunicato, poco efficace nella forma e con una sostanza da "pasdaran" che non corrisponde, a quanto pare, al suo profilo umano e professionale. Coloro i quali hanno denunciato il caso, nel frattempo, si sono preoccupati di annunciare il coinvolgimento diretto dell'Autorità Anticorruzione. Chiunque, anche chi come l'assessore Quattrone è ancora alle prime armi con la scivolosa materia della politica, sa che già solo questa mossa sarà in grado di tenerla sulla graticola per un periodo di tempo sufficientemente lungo per creare problemi. Altrettanto evidente è che il Primo Cittadino dovrà, per forza di cose, dire una parola cacciandosi dall'angolo nascosto in cui in questi giorni si è infilato dalle accuse mosse dalle forza dell'opposizione. Sarà costretto a farlo perché il ritiro delle delibere in oggetto è una delle richieste avanzate dalla minoranza. Tacere non è più possibile e farlo nella sede deputata, l'aula del Consiglio Comunale, è un obbligo di fronte all'opinione pubblica, prima ancora che davanti alle rimostranze degli avversari. Nella vita, privata come in quella pubblica, quando si è corazzati con lo scudo della propria buona coscienza, quando è forte la convinzione di essere dalla parte giusta della storia, le procedure formali non prevedono nulla di meglio rispetto ad un chiarimento ufficiale nel cuore di un'assemblea rappresentativa, di qualsiasi livello essa sia. L'ipotesi che, addirittura, possa essere stato taroccato il curriculum per celare un rapporto in essere con un'azienda beneficiaria di denaro pubblico erogato tramite un provvedimento che si provvede personalmente a stendere non meriterebbe commenti ulteriori in quanto sarebbero superati dall'unico passo possibile: le dimissioni immediate, irrevocabili ed accompagnate da scuse. E allora, di fronte alle accuse, gravissime, pronunciate in queste ore e in questi giorni e tali da aver fatto scoppiare, giustamente, un pandemonio mediatico, perché non sfruttare questa circostanza per inaugurare il question time, tanto pomposamente, quanto avventatamente voluto da Demetrio Martino, presidente della Commissione Statuto e Regolamenti? A proposito di sedicente trasparenza e presunti palazzi di vetro...

Polizia Municipale. Siluro di un gruppo di agenti sulla Giunta Falcomatà: "Regolamento vergognoso"

Tensione, fibrillazione, malcontento: sono questi gli elementi che si raccolgono a piene mani dando ascolto alle considerazioni ed alle riflessioni di un folto drappello di agenti della Polizia Municipale di Reggio Calabria che hanno accolto con scarso, scarsissimo, favore, contenuto e filosofia del nuovo Regolamento varato dalla Giunta presieduta dal sindaco Giuseppe Falcomatà. "Con delibera n. 12 del 08/02/2016 - spiegano iniziando una precisa disamina- l'Esecutivo cittadino ha proposto al Consiglio Comunale l’approvazione di un nuovo regolamento della Polizia Municipale. A tal proposito è doveroso stigmatizzare il comportamento della Giunta che demanda al Consiglio l’approvazione di un Regolamento che concerne la riorganizzazione degli uffici, materia di sua competenza. Evidentemente ha preferito coinvolgere l’intero Consiglio Comunale per avallare un regolamento pregno di illegittimità. E’ quantomeno vergognoso da chi predica legalità e trasparenza tutti i giorni proporre un atto del genere". "Già da una prima lettura, infatti, chiunque riesce ad evidenziare - sostengono rimanendo ancorati a questioni di principio prima di scendere nel merito dell'atto formale- le macroscopiche irregolarità, gli errori e le illegittimità. Sarebbe bello sapere a quale grande esperto si è rivolta la Giunta per formare un atto privo dell’ABC del diritto e se i tanti avvocati che la costituiscono, sindaco in testa, non siano in grado di capire che norme regolamentari non possono modificare norme di livello superiori (regionali e statali), a meno che non lo si faccia volontariamente per favorire l’uno o l’altro dipendente a discapito della legalità di cui si vanta. Fa specie inoltre che a relazionare e quindi a presentare alla Giunta un tale atto sia stato l’assessore alla Legalità Giovanni Muraca". "E’ giusto - rivendicano gli agenti focalizzando l'attenzione su alcuni snodi cruciali del documento - che la popolazione sappia da chi è amministrata e pertanto procediamo ad una breve analisi delle norme violate". Prima di tutto, rimarcano: "Si contempla il cambio della denominazione da Corpo di Polizia Municipale a Corpo di Polizia Locale. Variazione illegittima in quanto sia ai sensi dell’art. 1 della Legge Quadro n. 65/86 e sia ai sensi dell’art. 1 della Legge Regionale n. 24/90 le funzioni di polizia locale possono essere svolte dai Comuni attraverso l’istituzione del Corpo di Polizia Municipale. Tra l’altro, tale amena modifica oltre che giuridicamente infondata comporterebbe un inutile aggravio di spesa per le necessarie modifiche di tutte le insegne sui veicoli, sul vestiario, sugli arredi del Comando, dei segnali distintivi, delle tessere di servizio, ecc. ecc. (violazione di legge)". Una seconda tappa nella Via Crucis del Regolamento è indicata nell'art. 2, comma 3, che "esclude la possibilità che il Corpo possa essere posto alle dipendenze di un Dirigente che non abbia lo status di appartenente alla Polizia Locale.  E’ vero esattamente il contrario, in quanto lo status di appartenente alla Polizia Municipale si acquista con il conferimento dell’incarico da parte del Sindaco e non può ovviamente  preesistere. A conferma di ciò si fa presente che il comma 221 art. 1 della ultima legge di stabilità (2016), testualmente recita: 'Allo scopo di garantire la maggior flessibilità della figura dirigenziale nonché il corretto funzionamento degli uffici, il conferimento degli incarichi dirigenziali può essere attribuito senza alcun vincolo di esclusività anche ai dirigenti dell’avvocatura civica e della polizia municipale' (violazione di legge)". Proseguendo nel rosario delle doglianze il gruppo di Vigili Urbani si sofferma sull'articolo 4 che, secondo quanto da essi stessi sostenuto, "viola palesemente, il combinato disposto dell’art. 57 del Codice di Procedura Penale, e dell’art. 5 della L. 65/86, dove si stabilisce molto chiaramente che sono ufficiali di polizia giudiziaria i responsabili di servizio o del corpo e gli addetti al coordinamento e controllo. E’ evidente, pertanto, che quest’articolo, istituendo la nuova figura del sottufficiale, travalica i limiti della competenza del regolamento comunale e dei poteri dell’Ente, invadendo materie che sono, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, di competenza dello Stato. (violazione di legge, per carenza di competenza, più volte sancita dalla Corte Cosituzionale)". E ancora, in un filo apparentemente ininterrotto di incongruenze ed errori rilevati dagli uomini e dalle donne in divisa: "l’art. 5 riporta una definizione abrogata dal D.lgs. 285/92,  ovvero il rilevamento degli incidenti stradali ai fini giudiziari. La dicitura 'ai fini giudiziari' è stata eliminata con il nuovo codice della strada rendendo quindi obbligatorio il rilevamento di incidenti stradali a qualsiasi titolo e non solo ai fini giudiziari (violazione di legge)". "Con l’art. 8 - è un ulteriore passaggio della 'requisitoria' tecnicamente dettagliata - viene istituito un nuovo servizio, modificando di fatto la macrostruttura dell’Ente, approvata con delibera di G.M. n. 125 del 31.07/2015. Di esclusiva competenza della Giunta e non del Consiglio Comunale". L'ennesimo abbaglio, a parere degli appartenenti al Corpo, è ravvisabile nel comma 3 art. 11, relativo alla figura del Comandante. Esso "stabilisce che in sua assenza, vacanza, impedimento o malattia, previo provvedimento del Sindaco viene sostituito dal vice comandante ed in assenza di questi dall’ufficiale con più elevata anzianità. Tale previsione è in evidente contrasto con l’art. 52 del D. Lgs. 165/2001 che prevede espressamente che 'per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore: a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti……'; b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza (violazione di legge).  Inoltre il criterio di sostituzione del vice comandante, in caso di sua assenza, è in contrasto con le previsioni del Regolamento degli Uffici e dei Servizi dell’Ente, infatti l’eventuale sostituto è da individuarsi tra gli Istruttori Direttivi Specialisti Area di Vigilanza  - Responsabili di servizio e non secondo il solo criterio dell’anzianità tra gli Istruttori Direttivi". Nell’art. 12 - altro motivo di controversia - il vice comandante viene posto al di fuori di ogni servizio, frapponendolo tra il comandante e i responsabili dei vari servizi e creando pertanto una nuova 'figura' che il Regolamento degli Uffici e dei Servizi dell’Ente non prevede. Tale figura anomala, non si rinviene né nella legge n.65/86  di riordino della Polizia Municipale, né nella legge regionale n. 24/1190, né nel CCNL (violazione di legge). Il nuovo regolamento ha istituito distintivi di grado per gli appartenenti al Corpo difformi in modo clamoroso  da quelli previsti dalla Legge Regionale n. 24/1990 (violazione di legge)". "Con l'art. 21 - è l'ultimo tassello dei rilievi circostanziati mossi dagli agenti - in maniera del tutti illegittima viene disciplinata l’articolazione dell’orario di lavoro. Materia di esclusiva competenza dirigenziale, in qualità di datore di lavoro, violando così il D.lgs. 165/2001 (TUPI). Con l’applicazione di quanto previsto dall’art. 21 del nuovo regolamento e quindi con l’impiego di tutto il personale, compreso quello non idoneo ai servizi esterni impiegato in ufficio, in regime di turnazione vi sarebbe  un aumento della spesa di circa 130.000,00 euro annui , senza alcun vantaggio per la cittadinanza (violazione di legge)". La bocciatura è inappellabile, le contestazioni non sembrano concedere alcun appiglio giustificativo: "Un tale regolamento, come facilmente comprensibile, danneggia sia gli appartenenti al Corpo che la cittadinanza tutta e sicuramente - è convinzione granitica della schiera di Vigili - sarà censurato dal Ministero dell’Interno a cui deve essere inviato a norma dell’art. 11 della legge 65/86, in quanto va oltre le competenze del Consiglio e della Giunta".

 

 

Forza Italia. Fiori alla Santelli: "Non servono cartellini rossi"

E' servito il convegno organizzato da Alessandro Nicolò sugli aspetti amministrativi inerenti la Città Metropolitana di Reggio Calabria per imprimere una svolta, secca e netta, allo stallo che negli ultimi mesi ha bloccato Forza Italia Calabria in una palude di rancori e veleni tra i big del partito. In un Auditorium Nicola Calipari di Palazzo Campanella gremito in ogni ordine di posti, presente quasi per intero lo stato maggiore 'azzurro", a dare la stoccata in grado di rimettere tutte le caselle al loro posto è stato Marcello Fiori, responsabile nazionale degli Enti Locali di FI. La persona giusta, proprio per il ruolo rivestito nel movimento guidato da Silvio Berlusconi, per sedare le risse verbali scatenatesi recentemente e che Jole Santelli, coordinatrice regionale, non solo non è riuscita fin qui a troncare, ma, in qualche circostanza, ha alimentato attirandosi gli strali di buona parte dei consiglieri 'azzurri' nella massima assemblea elettiva calabrese, di numerosi amministratori locali, dirigenti e militanti. Fiori, a questo proposito, è stato lapidario: "Non servono cartellini rossi", facendo esplicito riferimento alla sospensione in cui sono incappati Ennio e Luca Morrone, padre e figlio, uno consigliere regionale, l'altro presidente del Consiglio comunale di Cosenza fino alla settimana scorsa, quando  le dimissioni di 17 consiglieri comunali, fra cui anche lo stesso giovane amministratore, hanno determinato la decadenza del Civico Consesso a guida forzista e del Primo Cittadino Mario Occhiuto.  Una qualsiasi forza politica si alimenta di linfa vitale anche grazie alle discussioni, accese se necessario, sulle scelte strategiche, sulla direzione politica da intraprendere, ma  Fiori, pure in questo passaggio, ferreo nella sua "requisitoria", ha raccomandato che ciò avvenga in "un luogo all'interno" deputato al confronto. A maggior ragione che la sensazione avvertita dall'osservatore esterno è quella di un partito in preda ad una caotica confusione organizzativa. L'appuntamento odierno, in questo senso, ha fornito un esempio lampante trasformando l'intervento telefonico a sorpresa di Berlusconi in una gaffe in cui l'ex Cavaliere è incappato certamente per responsabilità a lui non ascrivibili. Fin dalle prime battute, infatti, chiunque in platea aveva intuito che il già presidente del Consiglio era convinto di essere collegato con Cosenza e non con la città dello Stretto. Numerosi i passaggi in cui ha nominato il capoluogo bruzio, senza mai citare Reggio Calabria. Alla fine del suo discorso, accolto quasi con indifferenza dalle centinaia di simpatizzanti presenti, ha tolto ogni dubbio annunciando che avrebbe presto raggiunto Cosenza per sostenere Mario Occhiuto. Una pessima figura per chi ha avuto la responsabilità di invitare il presidente di Forza Italia, che ha chiuso la telefonata convinto di aver porto un saluto in occasione di una iniziativa elettorale a supporto dell'appena defenestrato sindaco di Cosenza. 

 

 

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