'Ndrangheta: sequestrati beni per un valore di un milione e mezzo di euro
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Il Nucleo investigativo del Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo e successiva integrazione emessi dal Tribunale – Sezione gip di Reggio Calabria, ha proceduto al sequestro dell’impresa edile e del patrimonio aziendale di Antonio Calabrese, 58 anni, di Villa San Giovanni.
Tra i beni colpiti dal provvedimento figurano, anche, crediti, quote societarie, beni strumentali, etc.
Il valore stimato dell’azienda si aggira intorno agli 800 mila euro, mentre il patrimonio aziendale composto da sette veicoli, 14 mezzi di cantiere e cinque prodotti finanziari, ammonta a 700 mila euro.
Complessivamente, il valore stimato dei beni sottoposti a sequestro tocca il milione e mezzo di euro.
L’indagine che ha portato all’esecuzione della misura ha preso l’abbrivio in seguito all’operazione “Sansone” eseguita, dai militari del Ros e del Nucleo investigativo del Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, nei confronti di 28 persone ritenute contigue ai sodalizi di ‘ndrangheta, “Condello”, “Buda-Imerti, “Zito-Bertuca” e “Garofalo” operanti nei territori di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Campo Calabro, Fiumara di Muro e con ramificazione in Italia ed all’estero.
In tale contesto, nel mese di novembre 2016, è stata sottoposta a sequestro l’impresa edile di proprietà del 64enne Pasquale Calabrese. L’impresa, con sede legale a Villa San Giovanni, è stata ritenuta “mafiosa” perché strumentalizzata per l’infiltrazione della cosca “Bertuca” nel settore delle attività economiche del comprensorio di Villa San Giovanni.
Nel corso delle indagini, sarebbero emersi, inoltre, profili di evidente commistione tra la ditta di proprietà di Pasquale Calabrese e quella di Antonio Calabrese.
La commistione deriverebbe dalla condivisione, tra le due aziende, dei siti per il ricovero dei mezzi e dei materiali edili. Inoltre, numerosi appalti sarebbero stati eseguiti su immobili di proprietà comune ed indivisa. Tutto ciò proverebbe la “riconducibilità delle due imprese in un unico centro direzionale ed imprenditoriale con evidente commistione di interessi, strategie operative e patrimonio aziendale”.
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