Paesi di Calabria: Santa Severina
- Written by Mimmo Stirparo
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“…Arroccata su di una colossale rupe, cinta da rocce scoscese che precipitano in enormi scarpate, Santa Severina appare…come una maestosa nave di pietra. Da quella vetta di quel nucleo di rocce, 326 mt. (s.l.m.), ci si rende conto della scelta felice degli antichi fondatori…Con lo sguardo immerso in un orizzonte luminoso e vastissimo che dal massiccio selvoso dei Bruzi degrada verso la dolce vallata del Neto”. (F. De Luca). L’antichissimo toponimo della città di origine enotra, secondo Stefano di Bisanzio, era quello di Siberene, stesso nome che viene dato ancora oggi nei Codici Vaticani alla voce di Papa Zaccaria che qui vi era nato. Nei secoli successivi fu assegnata la denominazione di Santa Severina che secondo lo studioso il compianto professor Silvio Bernardo, è stata data dai Bizantini dopo il famoso assedio arabo dell’866. Gli Arabi vi avevano già preso possesso, vista la posizione strategica, nell’840 ma furono contesi fortunatamente dai Bizantini che volevano espandere la Chiesa greca contro il Papa di Roma e quindi crearono una roccaforte religiosa che fu per tanti secoli la centralità spirituale ed anche temporale di tutta l’Italia meridionale, la Metropolia. Ciò avvenne attorno al 900. Con la creazione della Sede Metropolitana (che aveva altre sedi vescovili come suffraganee quali Belcastro, Cerenzia, Umbriatico, Isola di Capo Rizzuto, Strongoli e Leonia) è iniziato sicuramente il lungo periodo di grande splendore religioso e culturale che irradiò la Calabria intera. È in questo periodo che sono sorte oltre alla Cattedrale, il famoso Battistero e la chiesa di Santa Filomena, detta anche “del Pozzolio”. In Italia sono tanti i Battisteri esistenti, belli ed eccellenti, quali quello degli ortodossi di Ravenna di stile romanico, il Battistero di Parma del 1196, quello di Firenze del 1400 di stile gotico, ma il nostro è sicuramente unico in Italia, unico per la sua struttura primitiva di influsso orientale ed inoltre è il più importante, assieme alla Cattolica di Stilo, monumento superstite del bizantinismo. Il Battistero, la cui edificazione risalirebbe all’895, posto al lato sinistro della Cattedrale e di fronte al Campo della città, è una costruzione a pianta circolare con quattro piccole finestre a fiori, secondo il vecchio stile, in direzione dei punti cardinali. All’interno, l’atrio corre intorno ad otto colonne che sorreggono altrettante arcate e tutte di granito, tranne una in muratura e tutte di varie dimensioni e materiali. Secondo l’archeologo Paolo Orsi: “…la diversità della materia…denota che esse vennero prelevate da edifici antichi e diversi.” Al Battistero si accede attraverso una scaletta posta di fianco alla Cattedrale ed il portale è litico tufaceo a forma archiacuta di artisti locali del XIX sec. Sul lato settentrionale del Campo (la piazza principale del paese come veniva nomata nel medioevo) e di fronte al Castello si erge maestosa la Cattedrale con accanto l’Episcopio, fondata sotto l’Arcivescovado di Ruggero Stefanuzia. Il frontespizio si presenta semplice ed elegante e conserva, nonostante i vari restauri, inalterato il portale ogivale in pietra in cui lo stile gotico è frammisto all’arabo-normanno. Sopra il portale, invece del solito rosone, è collocato un finestrone di tipo rinascimentale. All’interno vi troviamo il tipo basilicale con navate divise da pilastri, absidi emiciclate, cupola molto elevata e soffitto a cassettonato con decorazioni dell’architetto Pisanti e del pittore Sampietro. Nella prima cappella a destra, abbiamo un bel Crocifisso in legno a tutto tondo, erroneamente attribuito all’arte bizantina, che appartiene alla scuola spagnolesca del ‘400 antesignana della più famosa e diffusa scuola siculo- barocca che ha avuto come massimo rappresentante quel Fra’ Umile da Petralià dei Crocifissi di Cutro, Bisignano e dell’Ecce Homo di Mesoraca. Tra le tante opere che arricchiscono la Cattedrale mi piace citare: l’altare della Madonna degli Angioli con colonne marmoree del ‘600 e la statua del San Michele scolpita a Serra San Bruno da Vincenzo Regio nel 1832. Inoltre tra il tesoro che oggi costituisce il ricchissimo Museo diocesano di arte sacra, uno dei più belli della Calabria, si conservano: un fermaglio di piviale rappresentato da un fiore d’oro con sei petali smaltati a filigrana con una perla al centro del secolo XVI; un ricchissimo assortimento di paramenti sacri in damasco con fregi d’oro ed inoltre calici, candelabri e ostensori d’arte napoletana e calabra. Entrando in città, nell’antico rione detto della “Grecia”, si può visitare la citata chiesetta del “Pozzolio”. Si tratta di una struttura a due vani sovrapposti costituenti ciascuno una navata rettangolare: il vano superiore è nomato chiesa di Santa Filomena e quello inferiore porta il titolo di Santa Maria del Pozzo per via di una preesistente cisterna dentro la quale, secondo leggenda e tradizione, vi cadde un bambino rimasto illeso. Questo tempietto ricorda la struttura architettonica di una chiesa rupestre di Castellaneta (TA), della chiesa di San Miniato al Monte in Firenze e per alcuni aspetti le Cattedrali di Umbriatico e Gerace. Sul frontespizio, culminante con un piccolo campanile ad arco, si apre il portale ad arco acuto e da questo, sovrastato da una finestra bifora, si accede alla chiesa inferiore. Esternamente al lato destro sulla strada si aprono due portali uguali ed affiancati ad arco acuto che immettono nell’aula superiore. Di ispirazione orientale è la cupoletta a tamburo cilindrico-conico, decorata da una serie di colonnine con piccoli capitelli ad arcate cieche. Secondo molti studiosi la costruzione di questa chiesetta risalirebbe al secolo XII. Altre chiese del borgo antico di notevole interesse sono:quella di sant’Anna, santa Maria, dell’Addolorata del XI secolo che fu la prima Cattedrale e ricostruita nel secolo XVII ed infine la chiesa di santa Lucia detta anche “dell’ospedale”del secolo XII. Oggi, soprattutto dopo i recenti restauri che lo hanno riportato agli antichi splendori, il Bene storico di forte attrazione turistico-culturale è il Castello. Si tratta di un maniero quadrilatero, con quattro torri cilindriche angolari, fatto edificare dai Normanni e ricostruito dai Carafa che tennero in feudo Santa Severina dal 1469 al 1599. Il castello si caratterizza come fortezza-dimora, protetta da bastioni e per la sua imponente posizione sulla rocca, da sempre è stato considerato una sicura “sentinella” su tutta la vallata del Neto. Negli ultimi anni Santa Severina e il suo castello stanno vivendo lo splendido tempo della centralità turistico-culturale perché si presentano come unico e singolare borgo antico del territorio crotonese. In questa cittadina ormai si vivono i migliori momenti della cultura e dell’arte italiana ed europea: è il vero polo. Qui si realizza il “Castelfiaba” sotto la guida della scrittrice Lucia Bellassai; qui vi ha sede ed opera l’Associazione di dialettologia crotonese guidata dallo scrittore Francesco Cosco; qui si celebrano manifestazioni culturali di ogni sorta e di alto spessore. La nostra antica Siberene ospita anche l’Istituto di studi bizantini inaugurato dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I durante la sua visita nel marzo del 2001. E Santa Severina non è solo arte e storia. Qui si possono godere stupendi paesaggi naturalistici che abbracciano la vallata del Neto, la rupe del buon brigante che salvatosi dalla pericolosa caduta offrì le campane alla Madonna Calabro Maria di Altilia, fino ai primi boscosi versanti della Sila. Qui subito a quattro passi si sale a Monte Fuscaldo pacifica ed ossigenante area pic-nic. Infine, a Santa Severina si sentiva l’urgenza di un vero palazzo della cultura e così nell’ambito del Pit 12, il vecchio palazzo di Corso De Risio, ex sede municipale fino a poco tempo fa, sarà adibito a biblioteca, archivio comunale ed auditorium multimediale. Insomma Santa Severina è l’ideale sito dove arte e natura vanno davvero a braccetto. Beh, cotanto gioiello non poteva non essere annoverato tra “I borghi più belli d’Italia” assieme agli altri calabresi di Stilo, Gerace, Bova e Scilla.