«Senza civiltà»: storia d’amore e solitudine tra i boschi delle Serre
- Written by Bruno Vellone
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Il vento è freddo ma pulito quando Rafiluzza mi accoglie con un sorriso nel suo pezzo di bosco “arredato”. Qui, tra i millenari boschi delle Serre, a qualche chilometro dal Monte Limina, dove la provincia di Vibo Valentia cede il passo a quella di Reggio Calabria, in una baracca in legno ricoperta da teloni di plastica per isolarla alla meglio dai capricci del tempo, una coppia di anziani (75 anni lei e 84 lui) vive lontano dalla “civiltà”. L’isolamento è assoluto e ogni cosa stride fortemente con quello che mi sono lasciato alle spalle. All’interno della capanna ci accoglie Rocco, il marito che all’età di diciassette anni la rapì con la sua bellezza senza tempo e che, dopo due giorni di matrimonio passati in paese, la portò con se a vivere per sempre tra i boschi. La piccola stufa arde ciocchi di legno di leccio, quello più duraturo, mentre Rafiluzza e Rocco mi raccontano la loro storia che adesso li vede imbrunire come la scorza degli alberi secolari ma un tempo li sorprendeva, agili e forti, a domare i muscolosi buoi da traino o a solcare la terra che gli dava da vivere. Con sguardo da lumaca mi guardo intorno, lo stupore è enorme, e i miei stessi occhi non sanno se commuoversi o scappare. Qualche stipo, uno specchio, un cucinino e tante figure di santi, costituiscono il resto della mobilia della baracca che accoglie amici di ogni genere. L’energia elettrica? «La corrente che si ferma al palo della luce piantato a pochi metri da qui – mi indica Rafiluzza – non l’abbiamo voluta. Sapete – mi spiega gesticolando con le sue mani da soldato – dopo una vita passata a vivere in questa maniera non riusciremmo a vivere con tutte le comodità del progresso. L’acqua la riscaldiamo con la legna». In montagna il tempo non è governato dall’uomo, il rapporto con la natura è intimo e la riflessione, come la solitudine, è una compagna inseparabile. Eppure, nella solitudine della montagna, i due innamorati della luna di miele durata una vita ne hanno visto e sentito di tutti i colori. Avventure che condividono con pochi amici, perché alcune storie, come le pietre più preziose, si tramandano solo a qualcuno. Rocco è sempre innamorato di sua moglie e lo si vede mentre racconta quando rischiò di perderla a causa del primo parto. «E’ stata male all’improvviso – ricorda emozionato - ed io, non avendo altri mezzi, la portai a Fabrizia in motorino. Qui, dopo una puntura di un medico e una notte passata a vegliarla, con un’auto da noleggio la portammo in ospedale. Quando tutto sembrava volgere al peggio lei si riprese e dopo il parto tornammo tra i nostri boschi». Senza mai ammalarsi seriamente, per curarsi hanno fatto ricorso ai vecchi metodi della tradizione popolare: «Abbiamo avuto solo il diabete di mio marito – sottolinea sorridendo Rafiluzza – per il resto le mie due figlie, fino a che hanno vissuto con noi, non hanno mai conosciuto cosa fosse una pillola». Ma la vita, per fortuna, offre ancora tanti stimoli. Molte altre avventure da vivere e raccontare attendono i due anziani che di abbandonare il boschi non ne vogliono nemmeno sentirne parlare. Qui la coppia si dedica all’allevamento di mucche, galline, conigli e maiali; cura l’orto, e si occupa di tenere in ordine l’amato bosco. E’ quasi buio e il cielo rimane a guardare mentre li saluto con la consapevolezza di ritrovarli mille volte ancora, sempre liberi di vivere in simbiosi con la natura pura e semplice.