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Call center, si riapre la trattativa ma per Serra le speranze sono al lumicino

Quando sembrava definitivamente chiusa, la partita torna ad aprirsi. Il 2 aprile ci sarà un nuovo Tavolo romano per discutere della cessione del ramo lametino di Infocontact alla Abramo Customer Care. I margini sono più che ridotti, ma esiste un sottilissimo filo di speranza. Gli stessi sindacati (soprattutto la Cisl) ammettono le difficoltà: intanto si cerca di giungere ad un’intesa sul passaggio della proprietà, “solo un minuto dopo potremo discutere delle sedi periferiche”. In altre parole, la priorità assoluta è trovare l’accordo, successivamente si potrà parlare di Serra San Bruno e Stefanaconi. L’unico fattore che potrebbe giocare a favore degli operatori della cittadina della Certosa è che il call center di via Catanzaro presenta una buona produttività. È chiaro comunque che ben difficilmente ci sarà un colpo di scena, perché la Abramo su sedi diverse da Lamezia Terme non intende minimamente discutere. Altrettanto evidente, per come sostenuto dai sindacati, è che giovedì non sarà l’ultimo atto della vicenda.

Fondazione Campanella, il Codacons smentisce Oliverio: “Ecco la delibera che concede 29 milioni di euro”

“Il presidente Oliverio, insieme al neocommissario Scura, ha affrontato nella conferenza stampa di qualche giorno fa il nodo Fondazione Campanella. Nella conferenza stampa il presidente ha dichiarato che non esiste nessun atto che impegna la Regione Calabria a salvare la Fondazione Campanella, anzi esortava chi  detenesse qualunque atto a titolo segreto di farglielo avere. Bene, il Codacons  di Serra San Bruno, anche non facendo parte dei servizi segreti, ha scovato i famigerati atti che non sono affatto coperti da vincolo di divulgazione, bensì accessibili a tutti”. L’associazione a tutela dei consumatori prosegue nella sua battaglia a difesa della struttura che si occupa dei malati oncologici e tira fuori i documenti che ritiene possano rappresentare la soluzione al caso. “Nello specifico  - precisa Antonio Carnovale - si tratta di una  delibera di giunta regionale, nella quale la Regione impegna chiaramente l’Ente a sostenere la Fondazione Campanella con una cifra ben definita nello stesso atto, cioè i famosi 29 milioni di euro, somma condivisa dalle parti e oggetto di una bozza di atto transattivo indicato nella parte di premessa della delibera. Rappresenta, dunque, un’ingiustificata inesattezza dichiarare che non vi sono atti di impegno assunti formalmente dalla Regione Calabria. Gli atti sono molto chiari – puntualizza il responsabile del Codacons - non altrettanto appare la volontà, invece, di darvi esecuzione. Chi ha espresso dichiarazioni in  questi giorni sa benissimo che la delibera di giunta è un atto formale con efficacia e rilevanza giuridica, nel quale si manifesta ed è affermata la volontà degli organi collegiali dell'Ente nell’esercizio della potestà amministrativa agli stessi attribuita dalla legge”. Carnovale entra nei dettagli del provvedimento e spiega che “una volta approvato l’atto, ogni Organo coinvolto nello stesso è obbligato a porre in essere quanto contenuto nella delibera, pertanto, non può razionalmente sostenersi che gli Organi amministrativi della Regione non siano stati investiti della decisione, per quanto detto, vincolante dell’Organo politico collegiale, anche perché, si legge nella delibera, l’allora commissario ad acta Pezzi ‘ha manifestato disponibilità a procedere ad evitare la messa in liquidazione della Fondazione’, dunque, se l’Organo amministrativo ha manifestato disponibilità, si presume che sia stato preventivamente interpellato, ergo interessato. Non appare realistico – insiste Carnovale - quanto sostenuto dal subcommissario Urbani che dice di dover dividere la ‘questione regionale’ dalla ‘questione sanitaria’, il tenore della delibera va in tutt’altra direzione, palesando un chiaro interessamento del commissario ad acta alla questione che riguarda il polo oncologico”. Il Codacons auspica poi che “si possa procedere nella direzione indicata dalla ‘bussola della legalità’ di cui Oliverio ha parlato in conferenza stampa che non può che essere l’esecuzione degli impegni vincolanti assunti dalla Regione per ridare dignità ai malati oncologici, alle loro famiglie e ai dipendenti della Fondazione. Speriamo – è la conclusione -che l’approvazione dell’Ordine del giorno di ieri del consiglio regionale possa rappresentare un primo, anche se non sufficiente, passo alla rinascita del polo di eccellenza”.

Fusione, concluso lo studio del ministero dell’Interno: ecco i vantaggi

Il Ministero dell’Interno ha pubblicato gli esiti di uno studio, ultimato alla fine dello scorso febbraio dagli esperti Roberto Pacella, Giorgio Milanetti e Giancarlo Verde, dal titolo eloquente: “Fusioni: quali vantaggi? – Risparmi teorici derivanti da un’ipotesi di accorpamento di comuni di minore dimensione demografica”. Si tratta di un lavoro puntuale che non solo svela le potenzialità che potrebbero derivare da un’operazione di aggregazione di più centri, ma sembra focalizzare le perplessità che sono concretamente emerse in queste ultime settimane nel dibattito nelle Serre. “Sarà utile – è infatti la conclusione dell’elaborato – cercare soluzioni che possano convincere le comunità locali a superare le logiche ‘di campanile’ ed a comprendere l’ineludibilità di tali misure, specialmente in considerazione dei vantaggi in termini di efficienza dei servizi e di minore pressione fiscale che ne deriverebbero a favore delle stesse”. Partiamo da un dato: le fusioni dal 1995 al 2013 sono state eventi rari (9 in tutto). Tutto cambia nel 2014 quando si sono contati 26 progetti realizzati in tal senso (10 in Lombardia con 25 comuni coinvolti, 7 in Toscana con 14 comuni coinvolti, 4 in Emilia Romagna con 12 comuni coinvolti, 2 nelle Marche con 5 comuni coinvolti, 2 nel Veneto con 4 comuni coinvolti e 1 in Campania con 2 comuni coinvolti - il contributo straordinario annuo complessivamente attribuito è stato pari a 9,53 milioni di euro). Il motivo è da rintracciare nelle disposizioni della legge di stabilità 2015 che hanno cercato di favorire i processi di fusione e unione di comuni con l’intento di promuovere la razionalizzazione e il contenimento della spesa degli enti locali attraverso processi di aggregazione e gestione associata. Sovente la fusione avviene fra 2 comuni, ma ci sono casi, come la fusione di Valsamoggia, in provincia di Bologna, in cui gli enti interessati sono 5. Ma veniamo alle opportunità: come riportato dallo studio, “per i comuni istituiti a seguito di fusione, che abbiano un rapporto tra spesa di personale e spesa corrente inferiore al 30%, fermi restando i limiti previsti dalla legislazione vigente e la salvaguardia degli equilibri di bilancio, non si applicano, nei primi 5 anni dalla fusione, i vincoli e le limitazioni relative alle facoltà assunzionali e ai rapporti di lavoro a tempo determinato”. Ciò significa che si avrebbe una sorta di sblocco e si potrebbe usufruire di personale aggiuntivo da utilizzare per innalzare la qualità dei servizi e, di conseguenza, quella della vita. Lavoratori per i quali non ci sarebbe il problema della copertura finanziaria perché con il decreto del ministero dell’Interno del 21 gennaio 2015 sono state definite, a partire dall’anno 2014, le modalità ed i termini di riparto e l’attribuzione dei contributi spettanti ai comuni nati nel 2014 proprio a seguito di progetti di fusione di comuni o fusione per incorporazione. Nello specifico, a questi nuovi enti per un decennio spetta “un contributo straordinario pari al 20% dei trasferimenti erariali attribuiti ai medesimi enti per l’anno 2010”. Dunque, risorse finanziarie maggiori che arrivano sul territorio e che possono essere usate per creare lavoro anche se il contributo viene erogato “entro il limite previsto degli stanziamenti finanziari previsti ed in misura non superiore, per ciascuna fusione, a 1,5 milioni di euro”. Appare, ad ogni modo, evidente che in un periodo storico condizionato da una grave crisi economica e sociale e da continui provvedimenti di riduzione della spesa pubblica, è indispensabile razionalizzare la spesa e compiere scelte lungimiranti in grado di far liberare risorse da destinare allo sviluppo.

Servizio civile, parte il progetto “Solidarietà è … partecipazione – 2”

SERRA SAN BRUNO -  E’ un progetto che si propone di fornire “assistenza ai disabili gravi”, che risponde al “bisogno d’inclusione dei soggetti disabili nelle scuole e nella vita sociale” e che mira a “favorire la partecipazione dei genitori e a garantire le condizioni strutturali, strumentali e personali più idonee a facilitare il processo di piena integrazione scolastica e sociale dei destinatari”. “Solidarietà è …partecipazione – 2” rappresenta la continuazione del piano precedente e contribuisce a superare gli ostacoli presenti nella società che impediscono il pieno inserimento dei disabili. Ma lo schema per l’impiego di volontari in servizio civile è anche un’occasione per vivere da protagonisti un’esperienza che sarà utile nel corso della vita. A poter proporre domanda, entro il 16 aprile, sono i giovani di età compresa fra i 18 e i 28 anni che per 12 mesi vogliono dare una risposta concreta alle esigenze del territorio. Sono 4 i posti disponibili e l’impegno prevede un servizio di 30 ore settimanali. Secondo la scheda elaborata dal Comune di Serra, l’obiettivo è quello di “limitare il rischio di emarginazione ed isolamento dei disabili e delle loro famiglie, favorendo l’integrazione sociale nel contesto dove vivono, evitando l’istituzionalizzazione dell’utente”. In sostanza, si punta a “migliorare la qualità della vita attraverso progetti personalizzati, che propongono di sostenere l’autonomia del disabile”. L’attenzione, pertanto, è concentrata su coloro i quali sono costretti a convivere con difficoltà quotidiane e che hanno la necessità di sentirsi coinvolti all’interno della comunità.

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