La tragedia di Rosarno e le ipocrisie del politicamente corretto
- Written by Ulderico Nisticó
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Superfluo precisare, iniziando, che sto con tutto il cuore a fianco del carabiniere, il quale ha usato per un giusto fine l’arma che lo Stato gli assegna. Attenzione, non sto pietosamente piangendo che il militare “si è difeso”, ripeto che doveva usare la pistola. L’episodio, che la tv ha per forza ripreso, ci mostra ancora l’assurda realtà di Rosarno, dove migliaia di stranieri sono accampati in condizioni ignobili anche per degli animali; e in cambio di due soldi lavorano senza alcuna tutela e garanzia. Non regge il paragone con gli schiavi romani e con quelli dell’Alabama, che, detto in generale, erano trattati molto più umanamente. Sorgono alcune domande:
Quanti sono?
Chi sono? Hanno un nome, dei dati personali?
A che titolo lavorano?
Il loro compenso è adeguato?
Ricevono assistenza sanitaria?
La popolazione di Rosarno e dei Comuni vicini è a sua volta garantita da malattie infettive?
Chi gestisce l’ordine in quell’accampamento?
E quant’altro. La domanda finale è retorica, cioè con ovvia risposta: questa sarebbe l’accoglienza dei “disperati che fuggono dalla guerra e dalla fame… ”?
O servono braccia sottopagate; e gente che, finite le arance di Rosarno, viene abbandonata fino ai prossimi agrumi?
Insomma, Rosarno è una gigantesca illegalità a cielo aperto e sotto gli occhi della Calabria e dell’Italia; e in una Calabria in cui almeno un terzo vende libri o gira film o attua progetti o comunque campa con la “cultura della legalità”, mi pare una gran bella e buffa contraddizione. Buffa, fin quando non diventa tragica.
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