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La "Buona scuola" e la fine della cultura

L’ intervento di Gaetano Luciano e Michele Roccisano sulle pagine del Quotidiano del Sud, in merito alla politica della cultura in Calabria e nel Vibonese, a seguito della polemica al taglio degli stanziamenti alla Biblioteca Calabrese di Soriano e alla chiusura della Biblioteca comunale di Vibo, apparso il primo maggio, ha monitorato lo stato di salute della “intellighenzia locale”, ma merita un ulteriore approfondimento per comprendere il quadro culturale e politico in cui sembra macerare l’attuale modello sociale. La sistematica distruzione dei luoghi dove si possa aprire uno spazio democratico e dove sia possibile veicolare idee e pensieri, emozioni e sentimenti, avanza inesorabile. E’ di pari passo con la volontà di “rottamare” la scuola pubblica con la “cattiva” riforma messa in atto dai “magister” del Jobs act – i quali dovrebbero essere processati per Alto tradimento della lingua italiana e quindi della Cultura. Siamo di fronte ad una nuova avanguardia futurista, che propaganda le parole in libertà contro la vetusta Tradizione, compresa quindi la Lingua e la Parola, per far rinascere “le magnifiche sorti e progressive” (Leopardi, La ginestra) dopo il terremoto sociale e morale. Chi porta avanti questo luminoso progetto con machiavellica spregiudicatezza sa bene che questo Paese è in svendita ed è stato messo all’asta, perché ormai svuotato di ogni dignitate  hominis; e lo sta facendo con una anestesia generale delle Idee, degli Ideali e della Coscienza, dopo aver inaridito l’humus etico-politico-culturale. Tutto questo è il prodotto del dogma del Pil, la nuova verità rivelata della “illuminata” classe neoliberista borghese. Alle biblioteche segnalate nell’articolo a firma di Luciano e Luccisano, bisogna aggiungere anche la biblioteca “Salvatore Corso Onlus” di Limbadi, con una dotazione di quasi 40 mila volumi, costretta a chiudere perché senza un luogo dove mettere i libri, nel paese simbolo della “potente” cosca dei Mancuso. I libri sono diventati spazzatura perché il mondo viene visto con gli occhi della “immonda notizia” e non certo della Buona novella. Così come Mitridate assumeva a piccole dosi il veleno per rendersi immune alla dose letale, la società attuale si avvelena quotidianamente di spazzatura mediatica e materiale inquinante (compreso il cibo), e non si accorge più che nel suo corpo scorrono veleni e tossine che lo hanno profondamente cambiato dentro, uccidendo l’anima, lo spirito, l’élan vital (Bergson). In altre parole vanno in scena le “anime morte” di Gogol. La vera Cultura non è un oggetto che mettiamo in mostra, ma è lavoro, sacrificio, impegno, responsabilità, dialogo, incontro, amore per gli altri. Non è una etichetta che si esibisce per mostrare le proprie virtù intellettuali, non è un pezzo da museo; non è il processo di mummificazione. L’autentica Cultura, come hanno sottolineato nell’accorato appello Luciano e Roccisano, è engagement, impegno e responsabilità, è uscire dalla turris eburnea (torre d’avorio), è fare una nuova Resistenza ai regimi oppressivi e totalitari, è avere il coraggio di denunciare coloro che attentano alla libertà personale e collettiva. La Cultura deve essere Salute: salute dell’anima e del corpo e significa che è nelle mani di chi “coltiva” i campi estirpando le erbacce e le piante infestanti con una lotta ecologica, emotiva,economica, estetica. La salvezza della Cultura è nelle mani dei contadini che hanno un sacro rispetto di Madre Terra che produce il cibo per il Cantico delle Creature. Cultura è rovesciare il solco dei pregiudizi culturali delle cosiddette “intellighenzie”che hanno ritenuto i contadini persone incolte. Invece sono loro i veri detentori della Cultura, perché  “cultori diretti” dell’alma tellus (quanta illuminazione aveva avuto Parini nell’Ode alla vita rustica e nel Giorno). Di che cosa vogliamo nutrirci: di scorie, di veleni, di ogm, di tossine, di eternit, di inchiostri, di carta, di internet, di facebook, di finanza speculativa?…  Bisogna ritornare ad Esiodo e ridiscutere il modello aristocratico presente nelle opere di Omero, che ha fondato la cultura occidentale, introducendo l’inganno, l’offesa alle divinità, le virtù  guerriere ed eroiche. Sarebbe importante riaprire un dibattito alla luce dei circa 28 secoli che ci separano da Omero e da Esiodo, sui messaggi e sui valori che hanno costruito l’immaginario collettivo. Esiodo scrivendo le Opere e i Giorni, ha denunciato la corruzione dei tribunali e l’offesa alla Giustizia, invitando il fratello Perse a lavorare la terra perché attraverso il lavoro onesto dei campi discende il vero bene e la vera ricchezza. Anche Platone, nel Protagora, ha posto i fondamenti della civiltà democratica nell’Aidos e in Dike, cioè nel Rispetto e nella Giustizia. Questi sono i principi che devono animare la lotta Politica per la Cultura: chi non ha rispetto per la Giustizia e chi non coltiva il bene della Terra non può pretendere di essere colto. La Cultura si deve misurare con l’impegno per  dissodare il terreno e il territorio dalle cattive erbacce, mettendo al centro chi lavora onestamente la terra, da cui traiamo il cibo che dà energie positive ai nostri pensieri e ai nostri sentimenti (un cortocircuito con lo slogan propagandistico dell’Expo “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”…). Il resto è esercizio accademico per dilettare il proprio ego. Senza questa tensione etica e responsabilità ecologica ed estetica, anche i libri andranno al macero con la felicità degli assertori delle magnifiche sorti e progressive. Basti guardare  il Lorenzi il Magnificus, che ha compiuto un nuovo salto evolutivo con il genere homo florenzis florenzis riportando la storia al Rinascimento e al canto carnascialesco del suo illustre principe: “Quant’è bella giovinezza/ che si fugge tuttavia!/ (…) di doman non c’è certezza”; e ancora oltre, alla profezia di Dante “Ahi serva Italia, di dolore ostello,/ nave sanza nocchiere in gran tempesta,/non donna di province, ma bordello!” (Inferno, VI canto).  A parte questa digressione “colta” dei corsi e ricorsi storici, Cultura significa infine il gesto di Jean Paul Sartre che ha rifiutato il premio nobel per la letteratura nel ’64, coerente con la sua idea di responsabilità e impegno, perché questo potere mediatico malefico che ha determinato la mutazione e la manipolazione antropologica (Pier Paolo Pasolini), si nutre di lusinghe, di cortigianerie, di compiacimenti, di narcisismi, di protagonismi, di personalismi, di interessi particolari, di immondizie sociali e nasconde lo sguardo della medusa che pietrifica, nefasta e mostruosa, come ha spiegato Gunther Anders in “Noi figli di Eichmann” (1964). E lo vediamo quotidianamente sotto i nostri occhi la spazzatura umana che viene buttata nel Mediterraneo, la culla della nostra ex civiltà.

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