Stranieri in Calabria, ieri ed oggi
- Written by Ulderico Nisticò
- Published in Diorama
- 0 comments
Per farla breve, Altomonte si chiamava Brahalla, e una fontana di Brahallà si trova a Filadelfia, dove il “ballo dei ciuccio” si chiama del cammello, come nel Reggino; diffusissimi sono i cognomi Marrapodi, Mauro, Morabito, Negri, Neri, Sgro. Ci sono poi tantissimi Baldari, Biondo, Gualtieri, Guiscardi (Viscardi), Ranieri, Ruggero, Russo, Tedesco… significanti in qualche modo un’origine germanica. E che dire dei molti immigrati che vennero per lavorare? Minatori del Bresciano, donde i cognomi Brescia, Bressi, Brizzi… ma anche Lungo, che denunzia persino una provenienza ungherese; e Fransè e simili. Do per conosciutissimi gli Albanesi, sia quelli che conservano lingua e identità, sia i molti in paesi non più conservativi. E quanti Greci bizantini, denunziati da palesi cognomi: per vanagloria, cito solo Nisticò; ma sono migliaia! Come arrivarono, o per meglio dire arrivammo, qua da noi? Come contadini soldati inviati dagli imperatori d’Oriente; come invasori arabi, e più spesso come “baziarioti”, mercanti; schiavi; prigionieri di guerra come quelli di Schiavonea e di Plaga Sclavonum, Praia… in qualsiasi modo tutti costoro venuti, compresi i miei avi, ora siamo tutti calabresi. Dove voglio portarvi, pazienti lettori? Mi sono forse improvvisamente convertito all’immigrazione? Certo che no, e con fondati motivi: il primo è proprio che tutti quegli stranieri, compresi i miei avi, arrivarono da ogni dove, ma vennero assimilati. Anche il più musulmano dei pirati barbareschi, anche il più burbanzoso spadaccino longobardo, dopo un poco diventarono cattolici, sposarono donne di altra stirpe ma sempre cattoliche, impararono la lingua e i dialetti, e dopo due generazioni non volevano più sapere della lontana Scania o di qualche deserto d’Egitto. Qualche anno dopo, ecco un calabrese di pelle scura o lattea o entrambe, ma sempre e solo un calabrese. Oggi la Calabria, come del resto l’Europa, si rivela del tutto incapace di assimilare e acculturare, soprattutto perché non ha più forte l’arma della religione, che è una specie di ridotta di Giarabub in eterna difesa. E così rischiamo il peggio che possa capitare: la società multietnica. Lo so che c’è chi pensa sia una cosa bella, ma proprio gli Stati Uniti multirazziali dimostrano il contrario: c’è una sola etnia, gli Stati Uniti; ce ne sono anche delle altre, ma considerate inevitabili emarginazioni cui sperare di porre rimedio e farle sparire prima possibile. Qui rischiamo un arlecchino di lingue e usi e mentalità e fedi che non può giovare a nessuno.
Related items
- Da Amaroni a Risch e ritorno, scambio di culture e prodotti
- Calabria in fiamme: un morto e 140 roghi in 24 ore
- Scuola, gli istituti agrari calabresi: “Il ministro Valditara mantiene le promesse”
- "Sterpaglie e rifiuti lungo le strade del turismo", Lo Schiavo: "Ecco la Calabria che nessuno dovrebbe vedere"
- Turismo, Sgrò accusa: “Calabria fanalino di coda italiano, siamo ordinariamente ultimi”