Le dimenticanze di Mario Oliverio

È vero, i numeri a volte dicono più delle stesse parole: i 23 voti ottenuti dal nuovo presidente del consiglio regionale Nicola Irto confermano che, al di là di polemiche non si sa quanto reali, esiste ancora l’asse fra Pd e Ncd e che al momento della chiamata alle armi anche i dubbiosi, che probabilmente temono per la loro poltrona, si adeguano e obbediscono. Rimane l’interrogativo sulla posizione di Giovanni Nucera, per il resto tanti leoni in aula diventano gattini. Quindi, se si restringe il campo al settore politico, non toccando le argomentazione tecniche dei ricorsi, si può stare certi che la legislatura andrà avanti. Ma il passo non è spedito, le risposte non sono adeguate, i tempi sono eccessivamente lunghi. Il governatore continua a sostenere di essere il fautore di ogni scelta, affermando di assumersi tutte le responsabilità. Rivendica azioni di cambiamento, fa intendere l’avvio di rivoluzioni e stravolgimenti, alza persino la voce per spiegare che la formulazione della giunta traduce la volontà di “valorizzare” il consiglio. La realtà, però, è un’altra. Mario Oliverio dimentica che dopo otto mesi ci ritroviamo con un esecutivo neonato, composto esclusivamente da esterni, che deve ancora prendere contezza non solo dei problemi ma anche delle modalità di funzionamento dell’apparato regionale, con un giovane presidente del consiglio appena eletto, con la commissione speciale contro la ‘ndrangheta e quella di vigilanza che non sono state ancora composte e che non hanno un presidente. Il “lupo” di San Giovanni in Fiore ha  rimosso che c’è già stata una minigiunta, di cui ha rivendicato la paternità, salvo poi dimissionare gli assessori e recarsi con la testa cosparsa di cenere da un premier, dall’accento sicuramente non calabrese, che gli ha dettato la linea. Il presidente non rammenta che, in una regione come la Calabria, non c’è un assessore al Turismo e alla Cultura, che i percettori di mobilità in deroga sono allo stremo, che gli Lsu/Lpu sono costretti a bloccare l’autostrada per vedersi riconosciuto ciò che gli era stato dato per certo. Il capo della giunta non ricorda le “eccellenze” rimaste per strada (Agenti per l’Emersione, ex Programma Stages) a dispetto delle promesse, una Sanità sempre più al collasso, una disoccupazione galoppante, i cantieri aperti che non si chiudono. E l’elenco potrebbe continuare fino ad essere così esteso da diventare noioso. Oggi “assumersi la responsabilità” significa anche questo: farsi carico di problemi vecchi e incancreniti, che in campagna elettorale venivano affrontati in scioltezza come se la soluzione fosse a portata di mano. Non era, non è, non sarà semplice. È presto per chiedere bilanci, ma è l’ora di utilizzare meno i tempi al futuro e portare risultati nel presente.

 

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