Tempesta finita, ma la devastata Calabria si sente più povera e sola
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Il fine settimana appena terminato ha inferto colpi mortali alla Calabria non soltanto dal punto di vista fisico, ma anche psicologico. Il già precario apparato infrastrutturale è stato letteralmente cancellato: una regione che vive evidenti difficoltà di comunicazione con il resto della nazione si è ritrovata ancor più isolata. Raggiungere i centri calabresi, pur partendo dallo stesso territorio provinciale, adesso è impresa improba. In questi due giorni abbiamo capito - ancora meglio - che siamo terribilmente fragili, che l’Italia, a cui pure dovremmo appartenere, è lontana. Abbiamo toccato con mano quanto siamo importanti per i grandi centri decisionali e per gli organi d’informazione. Mentre piangevamo morti, intere famiglie erano isolate, la linea ferroviaria subiva interruzioni, la SS 106 veniva spazzata via, i media ci dedicavano gli spiccioli del loro tempo. Un parziale interessamento stamattina, forse perché oggi notizie ce ne sono poche. Certo, questo contesto lo abbiamo costruito anche noi con la nostra incuria, il nostro abusivismo, la nostra disaffezione per le regole e per il rispetto della natura. L’Ordine dei Geologi è perentorio: “il problema del rischio idrogeologico è serio: sappiamo bene ormai che esso non soltanto espone a rischio l’incolumità pubblica, ma mette in ginocchio anche le economie locali, che in Calabria sono già notoriamente povere”. Tutto innegabile, però, forse chi guida questo nostro Paese ed è capace di precipitarsi per seguire la finale di tennis tutta italiana dell’Us Open avrebbe potuto dimostrare un’attenzione maggiore per una popolazione in pericolo. Ogni dichiarazione d’intenti, ogni passerella, ogni promessa, tutto ormai è tardivo. La verità è che siamo soli e poveri e della Calabria ci si ricorda solo quando si vota. Il pensiero che si ha su di noi è che portiamo problemi e, quando è il momento, voti. Per rialzarsi va preso atto di questa situazione: dobbiamo ricostruirci nella mentalità ancor prima che nelle edificazioni. In questo stato di disagio va trovata la forza per risorgere: le energie dei nostri giovani ci sono, ma vanno indirizzate verso sinergie positive e non fatte scappare a causa di una deprecabile ignavia.
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