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Sciabaca 2018, “Anime nere” spegne dieci candeline

Venerdì 21 settembre alle 21,30, a Soveria Mannelli, a conclusione del primo giorno di Sciabaca Festival - il festival di viaggi e culture mediterranee promosso da Rubbettino editore - si terrà presso l’Officina della cultura e della creatività l’incontro dal titolo “Dall’Aspromonte al mondo, andata e ritorno. Letteratura e cinema a dieci anni da Anime nere”.

Con questo evento la Casa editrice Rubbettino intende celebrare il decimo anniversario della pubblicazione di “Anime nere”, in occasione dell’annuncio della prossima uscita dell’edizione america del libro.

Al dibattito prenderanno parte Gioacchino Criaco, autore del libro e coautore della sceneggiatura dello splendido film omonimo per la regia di Francesco Munzi, il regista e sceneggiatore Mimmo Calopresti e la giornalista Maria Teresa D’Agostino.

«Per un africoto, riottoso, ribelle e irredimibile – ha dichiarato Gioacchino Criaco per l’occasione – il cammino di Anime nere è stato quello che solo i sogni possono permettere. Il destino non è frutto del caso, la sua strada la segnano le azioni responsabili. Il caso non ci ha regalato nulla. Ha mutato la mia vita, e cambiato il destino letterario di molti autori calabresi. C’era buona letteratura calabrese prima di Anime Nere, ma Anime Nere ha aperto per tutti spazi prima solo sognati. E Anime Nere il film ha fatto diventare la Calabria terra di cinema, e anche se pochi ce lo riconosceranno, abbiamo fatto tanto, più per gli altri che per noi stessi. Nel decennale, dopo la pubblicazione francese e tedesca è arrivata la traduzione americana. “Camminavamo veloci”, era l’incipit di Anime Nere, che era ed è un auspicio, per noi e per gli altri».

Il programma completo di Sciabaca 2018 è disponibile sul sito www.sciabaca.it

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La Calabria si ribella ad "Anime nere", ma non ai suoi antichi vizi

In fondo la storia è sempre la stessa: che si parli di mafia, di camorra o di 'ndrangheta, la levata di scudi da parte di coloro che sono istituzionalmente preposti alla rappresentanza di una comunità, più o meno vasta, si ribellano levando al cielo geremiadi permalose per il presunto sfregio all'immagine collettiva. E' singolare che nessuno, fra gli "avvocati" improvvisati di un popolo, senta il bisogno, salvo casi rarissimi, di indirizzare questi stessi strali, con questo medesimo tenore, verso i veri deturpatori del buon nome di una città, di un paesino, o di un'intera nazione. Può essere il Silvio Berlusconi, adombratosi in passato perché inondare il mondo con le storie e le immagini de "La Piovra" danneggiava il nostro Paese, possono essere i sindaci dell'hinterland napoletano o casertano, inalberatisi per il successo di "Gomorra" al punto di non concedere in alcune circostanze le autorizzazioni necessarie perché i rispettivi territori facessero da cornice alle gesta della famiglia Savastano, protagonista della serie. In queste ore è il turno dei Primi Cittadini delle località che insistono nell'area reggina della Locride ad alzare la bandiera dell'appartenenza immacolata da opporre ai presunti denigratori di una realtà che, come sempre si dice in queste occasioni, è ben altra rispetto alla rappresentazione stereotipata che emerge dalle riduzioni cinematografiche o televisive. Nel mirino questa volta è "Anime Nere", il pluripremiato film di Francesco Munzi, capolavoro ammirato ovunque. Particolare non trascurabile, la pellicola è stata ispirata dal romanzo di Gioacchino Criaco, raffinatissimo letterato che ha visto i natali ad Africo, lì in quegli stessi vicoli teatro delle cupe vicende che hanno fatto da filo conduttore dell'opera. Eppure, ciò non basta a garantire la buona fede o l'inesistenza di qualsivoglia tentativo di gettare indiscriminatamente fango sulla terra calabra. No, non va bene tuonano i sindaci del Reggino. Non è cosa buona e giusta informare una platea, la più ampia possibile, che sì, anche questa, purtroppo, è Calabria. Non vengono certo sfiorati dal sospetto gli ineffabili portatori della fascia tricolore che sarebbe ben più degno ammettere che senza la pervasività venefica della 'ndrangheta che tutto insozza, questo angolo di pianeta, forse, avrebbe potuto essere ricco e prospero, di intelligenze e denari fagocitati dal cancro criminale. Meglio, molto meglio, secondo i pensieri elementari da essi espressi, insistere nel voler nascondere la polvere sotto il tappeto: talmente impegnati nell'edificazione di muri concettuali da non rendersi conto che è proprio questo atteggiamento, passivo e sconfitto dagli eventi inoppugnabili, a rendere inespugnabile la fortezza dell'isolamento cui è condannata la Calabria. Preda ed ostaggio al tempo stesso di ancestrale vittimismo, si scagliano contro l'arte, rea di svelare che "Il re è nudo". Bersaglio all'apparenza facile, esibiscono una compattezza che, se adoperata per una concreta promozione turistica scevra da meschine gelosie e da ottusi egoismi, avrebbe certamente prodotto risultati fecondi. "Questo film - secondo Giovanni Calabrese, sindaco di Locri, dà un’immagine terribile delle nostre terre e corrobora i peggiori pregiudizi sulla Calabria, come terra mafiosa e legata a regole arcaiche. Già l’abbiamo sopportato nei cinema, ma ora vederlo entrare in tutte le case con la potenza della tv ci preoccupa e ci amareggia. Il film descrive una situazione irreale che forse esiste in un qualche sparuto centro dell’aspromontano e delegittima l’intera popolazione. Attenzione, non sto dicendo che non esista la ’ndrangheta, ma noi la combattiamo ogni giorno coi fatti e con l’impegno degli amministratori. I calabresi devono ribellarsi a questa descrizione. Non escludiamo nulla, neanche azioni legali contro chi infanga la Calabria". E' sempre lì che si torna, alla minaccia di andare in Tribunale per proteggere il buon nome, ad onor del vero sconosciuto ai più, del giardino di casa. Salvo ammettere, per grazia concessa, che la "'ndrangheta esiste": una ammissione mimimalista, quasi fosse una iattura del destino dover convivere con le forze diaboliche dei clan. Un certo qual disagio si avverte anche quando il Primo Cittadino parla di descrizione irreale. Non ce ne voglia, ma siamo assaliti dal dubbio che non abbia visto il film, perché in quei 103 minuti di turbamenti e subbugli dell'anima, le dinamiche, la cattiveria bestiale, gli episodi, le rappresentazioni di subcultura mafiosa sono di un realismo crudo e storicizzato. Addirittura Antonio Domenico Principato, che guida l'Amministrazione Comunale di Staiti, arriva a tirare in ballo la "crisi economica che ci sta annientando in tutti i modi". E per  fronteggiarla al meglio serve, a suo parere, che l'unione dei sindaci si prodighi per uscire da quella immagine che può dare questo film. I mafiosi sono una sparuta minoranza, i calabresi sono laboriosi e impegnati". Il leit motiv, al netto di qualche variabile nei toni, è sempre uguale da decenni e decenni: calabresi brava gente, è il mondo che non li capisce pensando che siano tutti brutti, sporchi e cattivi. Qualcuno, come il sindaco di Sant'Agata del Bianco, Giuseppe Strangio, si spinge più in là e, oltre a rifiutare il messaggio dominante nel lavoro di Munzi, pare esterrefatto di fronte ad una storia che sembra quasi sia stata concepita su Marte: ""Anime Nere" non rende merito alla Calabria. Un film che lascia sgomenti per la durezza delle immagini e l’idea della ferocia della criminalità di questi protagonisti. Andare in giro e sentirsi etichettati come calabresi trafficanti di droga mafiosi non è bello. Noi cerchiamo di portare avanti un discorso di legalità e di trasparenza sarebbe opportuno che Sky mandasse anche altri messaggi, magari coinvolgendo le scuole. Il rischio è che si cada nel banale, riducendo la Calabria a solo quello". Ecco un'altra testimonianza forte di come fuggire dalla realtà: scaricando su Sky la responsabilità di non diffondere valori differenti. Il canovaccio consolidatosi nel corso del tempo, in fondo, non ammette variazioni: se cercate colpe, andate a scovarle da qualche altra parte, venendo qui avete sbagliato indirizzo, lasciateci morire d'inedia.

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La Calabria, il cinema e la zappa sui piedi

 Un bel servizio tv c’informa che a Recanati sono cresciuti tantissimo i turisti, dopo il film “Il giovane favoloso” su Giacomo Leopardi. Lo stesso è accaduto a Castellabate dopo “Benvenuti a Sud”. Ora sarei curioso di conoscere se almeno uno (01), un turista contato, sia andato a vedere Africo dopo “Anime nere”, o le scale mobili di Reggio dopo “Il giudice meschino”, e roba del genere. Non sto giudicando i prodotti artistici, che magari sono fatti bene e pigliano un mare di premi; e nemmeno nego che sulla Calabria si possano girare film negativi: Hollywood insegna, con film di denunzia eccetera che colpiscono duramente gli stessi Stati Uniti. Ma quando tutti i film e tutti i libri di successo (successo, non allargatevi!), sono il chiodo fisso della stessa lagna della mafia, e per di più con un’ingenua e poco poetica ideologia dei buoni e dei cattivi, con il corollario iellatorio che i buoni vengono sempre ammazzati; quando la Calabria è solo mafia, e nemmeno una mafia avventurosa, conflittuale, bensì solo noiosa e attaccata ai soldi come le cozze agli scogli. Chi volete che venga a vedere roba del genere, pesante come una tonnellata di granito sullo stomaco? Infatti, effetto zero: altro che Recanati. Dite voi, ma noi non abbiamo un Leopardi. Beh, a voler scavare, s se ne troverebbero di temi curiosi, con storie avvincenti, con sfondi affascinanti… anche per far piacere questa terra, che in fondo può anche piacere. Volete degli esempi? Ma no, se qualcuno ha capito e vuol fare sul serio, mi chieda dei soggetti, e me li paghi. Solo quando si passa dai soldi le cose vengono apprezzate, in Calabria. Intanto, complimenti alle Marche. Mica sono come la Calabria, che ci piglia un gusto matto a darsi la zappa sui piedi!

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Piovono ancora premi su "Anime Nere": assegnati tre Nastri d'Argento

"Anime nere", capolavoro firmato Francesco Munzi, continua a fare incetta di premi. A far piovere consensi sull'opera interamente girata ad Africo, in provincia di Reggio Calabria, sono stati questa volta i membri che compongono il Direttivo del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici. Tre i "Nastri d'Argento" assegnati durante l'attesissimo Taormina Film Fest: per il montaggio, di cui è stato autore Cristiano Travaglioli; per la produzione migliore, grazie a Cinemaundici di Luigi ed Olivia Musini; per la sceneggiatura, concepita dallo stesso Munzi, insieme a Fabrizio Ruggirello e Maurizio Braucci).

David di Donatello ad "Anime nere", Romeo: "Vince la Calabria"

“Il David di Donatello ‘miglior film’ ad Anime Nere, con tutti gli altri premi avuti che ne decretano l’indiscutibile valenza cinematografica, è un successo per la regia e per tutti coloro che l’hanno realizzato, ma è un magnifico riconoscimento per lo scrittore di Africo Gioacchino Criaco dal cui libro il film trae ispirazione”. Lo sostiene il capogruppo del Pd in Consiglio regionale Sebi Romeo, che, congratulandosi con Criaco, intende invitarlo, appena possibile, per un incontro in Consiglio regionale. “Vince - aggiunge Romeo - Anime nere, ma vince anche la Calabria grazie al formidabile romanzo di Criaco che ridà spessore e proiezione alla Calabria letteraria sulla scia degli insegnamenti che vanno da Corrado Alvaro a Saverio Strati”. Conclude Romeo: “Ho trovato bellissime, e le ho particolarmente apprezzate, le parole con cui Francesco Munzi ha ringraziato i paesi della Locride che hanno contribuito alla riuscita di un prodotto culturale che ha ottenuto un prestigioso riconoscimento che è, per il cinema italiano, l’equivalente del premio Oscar. Credo che sulla cultura la Calabria debba puntare fortemente avvalendosi di personalità originali e talentuose come Criaco, Gangemi, Abate e tantissimi altri che possono aiutarci a rompere una narrazione dell’Aspromonte a senso unico ed a vincere pregiudizi antimeridionali che non hanno ragion d’essere”.

David di Donatello, il trionfo di "Anime nere"

"Vince Francesco Munzi, soprattutto: ha fatto il film che voleva fare, e dentro c’è tutta la sua bravura e la sua sensibilità artistica. Ma accanto a lui vince la Rubbettino, e Florindo Rubbettino, che ha sostenuto il progetto di un libro, prima, e di un film dopo. E poi, libro e film vanno oltre, superano la loro natura artistica per diventare fatto sociale, facendo vincere quella Calabria considerata senza speranza: la Calabria delle rughe della Locride, dei balzi d’Aspromonte. Vincono gli Africoti, i locridei che hanno dato il meglio di loro stessi perché Munzi realizzasse la sua opera. Vincono gli ultimi che hanno dato l’anima, davanti e intorno la camera da presa, per dimostrare che il male non è un fatto genetico, ma un prodotto sociale e basta avere opportunità e il destino muta. E perde la Calabria dei vinti, di quelli che tanto non si può far nulla. Quella del rancore, della mediocrità. Quella dei migliori siamo noi e gli altri sono feccia. Perde un’autoproclamata intellighenzia da sagra paesana. Una politica che non ha visione e non ha entusiasmo. Perde la Calabria che si sente migliore ed è la peggiore e non ha visto che il film aveva vinto a Venezia, nei festival internazionali, fra i calabresi normali; e vincerà ancora. Perché non è solo un film, ma un piccolo grande sogno, dei calabresi ultimi che vogliono diventare i primi". Ha la voce rotta dall’emozione Gioacchino Criaco. E, certo, non capita tutti i giorni di raggiungere un traguardo simile. “Anime nere” il film tratto dal suo omonimo romanzo pubblicato da Rubbettino, dopo i successi di critica e di botteghino, si è aggiudicato XXX David di Donatello al termine di un testa a testa al cardiopalmo con il film “Il giovane favoloso” di Martone.
È una doppia soddisfazione per lo scrittore di Africo: un riconoscimento per un romanzo tanto amato dai lettori quanto avversato da certa intellighenzia meridionale e un momento di riscatto per quei tanti giovani calabresi e locridei per i quali la storia stessa di Criaco è un segno di speranza in un futuro migliore.
La storia di Criaco si lega infatti a doppio filo con la storia del successo del suo romanzo prima e del film poi.
Un film partito quasi in sordina, realizzato con pochi mezzi per poi arrivare a conquistare il pubblico del festival del cinema di Venezia (tredici minuti di applausi) e via via delle kermesse cinematografiche di tutto il mondo, da Londra a New York, da Oslo a Taipei fino al traguardo di questa sera.
Una storia così bella da essere raccontata anch’essa in un libro curato da Goffredo Fofi e Luigi Franco che Rubbettino annuncia in libreria per il prossimo autunno. Si intitolerà “Anime Nere: dal libro al film”. Il libro oltre a ripercorrere le tappe che hanno portato alla trasposizione filmica del romanzo attraverso le parole dello scrittore e del regista, offre la lucida analisi di Goffredo Fofi; le testimonianze fotografiche di Francesca Casciarri; le voci dei tanti protagonisti registrate da Maria Teresa D’Agostino; la sceneggiatura originale del film; due racconti sull’Aspromonte e Africo di Umberto Zanotti Bianco.

Ancora successi per “Anime nere”

Gioacchino Criaco, autore del romanzo “Anime Nere” (Rubbettino Editore), e Francesco Munzi, regista dell’omonimo film liberamente tratto dal libro, non si accontentano e vanno avanti.

Il loro prossimo appuntamento è previsto per lunedì a Palazzo di Città di Torino, dove incontreranno il pubblico.

“Tutto è partito dal «colpo di fulmine» per il libro di Gioacchino Criaco – racconta Munzi - un romanzo che mi ha catturato, per la carica emozionale e la qualità viscerale della scrittura, in cui si parla di ragazzi che si danno al crimine, senza esaltarne la violenza. Appena l’ho letto ho voluto saperne di più, in seguito, durante la lavorazione, è stato come una Bibbia, anche se, per restituirne il senso, bisognava tradirlo e quindi lo abbiamo re-inventato”.

“Anime Nere”, il film più applaudito della Mostra del Cinema di Venezia, vanta grandi sostenitori come Roberto Saviano: “Ho visto Anime Nere, film necessario, che consiglio. Per guardare in volto, finalmente, ciò che sino ad ora è stato ignorato. La Calabria come metafora di potere.”

Il libro, romanzo d’esordio di Gioacchino Criaco, pubblicato da Rubbettino nel 2008 (tradotto in Francia e a breve in Germania), è stato un caso editoriale sin dal suo primo apparire, capace di suscitare curiosità e dibattiti per l’originalità della scrittura e la prospettiva adottata, interna – come mai prima era accaduto - al mondo della criminalità calabrese, capace di penetrare fin nelle verità più profonde e scomode. Capace di mostrare, in un quadro di insieme, l’ancestralità e l’arcaicità dell’Aspromonte e il mondo modernissimo di Milano, dei traffici, della corruzione. Ovvero il volto oscuro della Nazione.

Il film, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, vincitore del Premio Pasinetti, del Premio Schermi di Qualità e del Premio Akai, ospite di molti festival internazionali e venduto in una dozzina di paesi, ha il dono di aver unito in un coro unanime la stampa di tutto il mondo: acclamato dalla stampa nazionale e paragonato da quella internazionale ai film di Visconti e Coppola, è stato accolto con lacrime e standing ovation dal pubblico alle anteprime in Calabria, dove il film è stato girato, in Aspromonte e nella Locride: 'Anime Nere' è la storia di tre fratelli, figli di pastori, vicini alla 'ndrangheta, e della loro anima scissa. Una vicenda che inizia in Olanda, passando per Milano, fino in Calabria, sulle vette dell'Aspromonte, dove tutto ha origine, e fine.

"Ho girato nel paese che la letteratura giudiziaria e giornalistica stigmatizza come uno dei luoghi più mafiosi d'Italia, uno dei centri nevralgici della 'ndrangheta calabrese: Africo. Quando raccontavo che avrei voluto girare lì, tutti mi dissuadevano dal farlo: troppo difficile la materia, troppo inaccessibile, troppo pericoloso", racconta Munzi. "Ho chiesto allo scrittore di 'Anime Nere', da cui il film è liberamente tratto, Gioacchino Criaco, di aiutarmi. Sono arrivato in Calabria carico di pregiudizi e paure - prosegue Munzi - Ho scoperto una realtà molto complessa e variegata. Ho visto la diffidenza trasformarsi in curiosità e le case aprirsi a noi".

"Ho mescolato i miei attori con gli africesi, che hanno recitato, lavorato con la troupe. Senza di loro questo film sarebbe stato più povero. Africo ha avuto una storia di criminalità molto dura che però può aiutare a comprendere tante cose del nostro paese. Da Africo – conclude Munzi - si può vedere meglio l'Italia”.

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