Associare alla Calabria la negatività delle forze soverchianti è sin troppo facile, soprattutto per chi, vivendo a latitudini diverse, ascolta o legge notizie che spesso raccontano l’intreccio fra politica e ‘ndrangheta. Un quadro desolante per chi ha le sue origini in una terra profondamente amata/odiata che offre bellezze uniche ma non occasioni di crescita umana e sociale, ancor prima che professionale ed economica. Gli atteggiamenti quotidiani, oltre che gli episodi eclatanti, sembrano confermare una mesta impressione: qui vince chi spinge e sgomita più forte, chi utilizza qualsiasi mezzo per imporsi, chi trova il modo (con la pistola o con la giacca e la cravatta) per non far crescere i vagiti di libertà. Non possiamo affermare – questo è chiaro – di essere un modello di civiltà. Ma va detto che ad affossarci è anche la cultura del sospetto che vede l’intrigo laddove non c’è, che punta l’indice e crea macchie indelebili. Bisogna distinguere da caso a caso: operazione difficilissima, tanto per gli inquirenti quanto per la gente comune, in quei piccoli-medi borghi dove il mafioso, quello vero, lo conoscono tutti. E lo incontrano, magari mentre stanno prendendo un caffè al bar. Che fare in un caso come questo? Ha davvero senso allontanarsi dal locale ogni qualvolta vi entra chi è “in odor di mafia”? A proposito, che significa questa espressione tanto usata negli ambienti investigativi e giornalistici? Una persona o è mafiosa o non lo è. Chi viene considerato essere “in odor di mafia”, se non ha subito una condanna di una certa rilevanza, non viene privato del diritto di voto e ciò è motivo di ulteriori equivoci. Entrando nei casi specifici, Tropea è (cronologicamente) l’ultimo Comune della lista a veder arrivare la commissione d’accesso. Nel Vibonese, fra gli altri, lo avevano preceduto Nardodipace, Mongiana, San Calogero, Ricadi e Briatico. O, ancora, Serra San Bruno, il cui consiglio comunale alla fine restò in sella. Allargando il campo, l’esempio più eclatante è quello di Reggio Calabria. Il commissariamento della Città metropolitana – ovviamente i responsabili del disastro sarebbero coloro che avrebbero intrattenuto rapporti con la malavita e non chi ha voluto vederci chiaro (ma se si fosse trattato di un errore, le cose cambierebbero e di molto) – è stato un messaggio devastante. Recuperare è possibile? Forse nel lungo periodo e partendo da un generalizzato cambio di mentalità. Adottando comportamenti adeguati nella vita di tutti i giorni, isolando chi corrompe e chi è corrotto, votando secondo scienza e coscienza, aprendo con sapienza occhi, orecchie e bocca. Consentendo ai magistrati di avere a disposizione mezzi e uomini idonei, numericamente e qualitativamente. Respingendo il malaffare, diffondendo principi sani e mettendoli in pratica. Iniziando da subito e non da quando conviene.