Garibaldi, la Calabria le colpe dei calabresi
- Written by Ulderico Nisticò
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In un certo teatro della nostra zona, un certo attore ha informato il pubblico che “Garibaldi tolse al Sud le ferrovie e le portò al Piemonte che non le aveva”; e giù applausi di tutti, tranne chi scrive, il quale è sì Commendatore dell’Ordine borbonico Costantiniano eccetera, però, nei ritagli di tempo, è storico, e come tale edotto che, nel 1860, il Piemonte contava 950 chilometri di linee ferrate – resesi assai utili anche nella guerra del 1859 contro l’Austria – e il Regno delle Due Sicilie solo 99 (novantanove).
Rispondo a qualche domanda. Mancavano forse i progetti? Ma no, ce n’era un visibilio, e anche disegnati molto bene. Mancavano i soldi? Ma no, le casse dello Stato scoppiavano (dello Stato, non del re; e un ducato che fosse uno non circolava). E allora? Lo stesso della Regione Calabria quando non spende i fondi europei: ignoranza, incapacità, o, peggio, eccesso d’intelligenza e starsela a pensare. Già, il meridionale medio è come i cani doberman che ogni tanto il cervello cresce più del cranio, e diventano scemi!
Lo Stato unitario attuò i progetti con i soldi borbonici; e nel 1875 la linea di Bari s’incontrò con quella di Reggio. Indovinate dove? A Soverato! Ma non è di treni che voglio parlarvi; è della mania dilagante, tra un 20% di furbetti e un 80 di sprovveduti e ingenui, di spiegare i mali del Sud con la colpa di qualcun altro. Non è una novità, e, prima di questa moda pseudoborbonica, di solito l’intellettuale meridionale vagamente colto e vagamente massonico se la prendeva con:
- I Romani, che, a suo dire, avrebbero distrutto la Magna Grecia: affermazione falsissima, se è vero che già da due secoli i Greci avevano raso al suolo le città greche di Siri, Sibari, Caulonia, Ipponio, Reggio e spiccioli; che Roma intervenne la prima volta per aiutare Thuri; e che la rinata Reggio era un municipio romano in cui si parlava greco ma erano tutti cittadini con tre nomi latini; eccetera.
- Saltando un po’, contro gli Spagnoli, cui si attribuivano tutte le nefandezze antiche e attuali, ignorando che non ci sono più dal 1708.
- I più raffinati, se la pigliavano con i cattolici per non essere diventati protestanti.
- Con i Borbone, la cui colpa sarebbe stata di non essersi messi a pecorone quando nel 1798 arrivarono i giacobini saccheggiatori; eccetera; e che anche loro non ci sono dal 1861.
Questo accadeva prima. Oggi che a scuola si studia solo la Guerra dei cento anni, segno che i testi sono scopiazzati da libri francesi e inglesi e che certi professori senza libri annaspano nel buio pesto, niente Romani e Iberici e papi; e i Meridionali hanno trovato un nuovo lupo con cui prendersela: i più, Garibaldi, che bene o male l’hanno sentito nominare tutti; qualche raro meno ignorante, con Cavour.
Il procedimento è psicanalitico, tipo per la moglie è colpa del marito, e per il marito, della moglie. Tutti vedono che il Sud è messo malissimo; in particolare, la Calabria è pressappoco l’ultima d’Europa. Per evitare di accusare i Meridionali, e in particolare i Calabresi, bisogna scaricare le colpe addosso a qualcuno: è Garibaldi, ma potrebbero essere i Marziani, è uguale. Colpe di che? Di aver sottratto al Sud la sua ricchezza.
Per fare ciò, bisogna inventarsi la ricchezza. Ed ecco che l’onesta ferriera statale di Mongiana diventa “il polo siderurgico più grande l’Italia”, e se l’applauso è scrosciante, “d’Europa”; e la casuale presenza di un bidet a Caserta, “avevamo l’acqua nelle case”, e via con altri deliri. Avevamo, poi arrivò il lupo cattivo.
Attribuire colpa all’Oliverio, allo Scopelliti di turno? Non sta bene, sono amici; e forse un favore…
Corollario: ora qualche lettore mi accuserà di essermi venduto ai “Piemontesi”; e invece no, ragazzi, vi sto spiegando la verità gratis; e che la colpa è tutta e solo nostra. Sì, anche l’arrivo di Garibaldi fu colpa nostra, di un esercito e marina che se la stettero a pensare invece di spararli addosso come deve fare, per automatico dovere, un militare normale in presenza di qualsiasi sbarco armato: prima sparare, poi, ma non è indispensabile, domandarsi chi è il nemico.
E giù applausi all’attore disinformato.
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