La storiografia marxista e l'errore rudizionista
- Written by Ulderico Nisticò
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La storiografia marxiana, del resto superatissima dalla cultura e dai fatti, è intrinsecamente errata, per il solo fatto di essere riduzionista, e di adoperare perciò una sola e unica categoria interpretativa: il materialismo dialettico; e, alla fine, il più banale marxismo: “la storia è storia della lotta di classe”, come si legge nel Manifesto.
Uno storico marxiano può dunque studiare valanghe di documenti, ma gli sarà del tutto inutile, giacché ogni studio non farà che avvalorare, ai suoi occhi, le tesi da cui è partito: il materialismo dialettico e la lotta di classe. Essendo riduzionista, lo storico marxiano non dubiterà mai che un qualsiasi atto umano possa essere stato mosso e regolato da altro che dalla lotta di classe.
Vero che lo stesso Marx, e soprattutto Lenin e Lukács già si sono resi conto della limitatezza di una tale visione, e, in particolare, il Lukács è giunto a negare il dogmatismo della visione di Marx, affermando che le “sovrastturrure” culturali e religiose non sono solo apparenze, ma esse stesse realtà; e che quindi può esistere qualcosa – poesia, arte, passioni – che non sia obbligatoriamente lotta di classe. Alleluia!
Vero altresì che la storia è anche interessi materiali e conflitto per questi; e ogni buon lettore del Vico lo sa; ma il principale errore è parlare di classi nelle epoche in cui tale concetto non ha ragion d’essere, e al più si può parlare di ceti.
Dov’è che la storiografia marxiana annaspa, è quando deve tentare di spiegare non tanto i macrofenomeni, quanto quelli personali; cioè per quale lotta di classe Dante abbia seguito Gioacchino, e per quale lotta di classe Gioacchino abbia scritto i suoi libri più o meno profetici, e, una volta seguito lui, Dante abbia composto i versi di Paolo e Francesca e quelli di Piccarda, eccetera; e per quale lotta di classe Colombo sia partito per l’America senza saperne niente; e per quale lotta di classe i Sassoni siano passati dalla parte tedesca nei giorni di Lipsia, invece di restare dalla parte di Napoleone. Qui i marxiani balbettano spiegazioni del tutto incoerenti.
Se poi il marxiano è anche meridionale, coniuga volenterosamente il suo vizio intellettuale, il materialismo, con il chiodo fisso dei Meridionali: “I soldi!”; e mai potrà accettare l’idea che uno qualsiasi faccia, che so, il missionario, l’esploratore, il donnaiolo, il politico, il poeta, il monaco, il profeta, il filosofo eccetera, se non allo scopo di guadagnare soldi! Meglio se con posto fisso. È un po’ difficile immaginare un posto fisso da avventuriero, ma è il sogno di ogni meridionale. Figuratevi se anche marxiano.
Per tutte queste ragioni, qui frettolosamente esposte, Rosario Villari appartiene, grazie a Dio, alla preistoria della storiografia e al mondo dei sogni/incubi del marxismo, un filosofia che se ancora la nominate in Russia, Putin chiama i Cosacchi e vi fa tagliare la lingua. Il comunismo, loro, lo hanno provato.
Perciò, parce sepulto; e che anche Villari sia sepolto e dimenticato.